Libano, Note di degustazione

Gaston Hochar Chateau Musar Blanc 1998

Oggi non solo usciamo dall’Italia, ma persino dall’Europa.
Andremo in un posto antico, verde un tempo ed ora eroso dalla guerra e dalla stupidità umana, contro la quale ‘anche gli dei lottano invano’ (Schiller).
Andremo in una terra martoriata, divisa, lacerata.
La storia del Libano e quella del vino sono strettamente legate.
I fenici, che abitavano queste terre quattromila anni fa, avevano introdotto la coltivazione della vite ed il commercio del vino trasportandolo nelle anfore con le loro navi, partendo dai porti di Tiro e Sidone fin sulle tavole del Faraone.
E forse i fenici importarono la vite da Babilonia, nell’attuale Iraq, dove il vino era conosciuto da molti secoli come riportano anche alcuni passi dell’epopea di Gilgamesh.

Il Libano del vino

Veniamo subito ai giorni nostri, precisamente al 1930 quando Gaston Hochar tornò in Libano dalla Francia e creò Chateau Musar all’interno di un castello Mzar (fortezza) del XVII secolo, a circa 25 km da Beirut; la gestione dal 1956 è passata ai suoi due figli Ronald ed in particolare  Serge; nel 1984 ricevette la copertina di Decanter Magazine che lo nominò Uomo del Vino dell’anno non solo per la sua bravura nel fare vino, ma particolarmente per la costanza ed il coraggio avuti a rimanere vicino alle sue vigne nonostante la sanguinosa e decennale guerra civile che devastava questa terra.
Oggi si parla molto di vinicoltura naturale, ma Serge Hochar produce vino in questo modo fin da quando ha iniziato, cinquanta anni fa. Poco legno, la maggior parte del vino rimane a fermentare in vasche di cemento, ed ogni bottiglia è incapsulata a mano, seguendo il principio che ogni bottiglia non può essere uguale ad un’altra. Uso attento della solforosa nei bianchi e poco o niente nei rossi, lieviti naturali e completamente banditi i concimi chimici.
I vini prodotti da Chateau Musar esprimono la filosofia di Serge Hochar, quando afferma che il vino deve riflettere il gusto del territorio dell’annata con tutte le sue caratteristiche dominanti.
E dunque, vediamo le caratteristiche.
Chateau Musar è situato nella valle della Bekaa ( o Beqà), sede dell’antica città di Baalbek, il più importante sito storico e archeologico del Libano, dove furono eretti dai Romani dei magnifici templi a Giove, Venere e, il più grande di tutti, proprio a Bacco.
Il clima nella vallata è tipicamente mediterraneo, con inverni umidi e non freddi ed estati piuttosto secche e calde. Le precipitazioni piovose sono limitate grazie alle montagne del Libano che creano una barriera naturale per le nubi provenienti dal mare e due fiumi solcano la vallata, l’Oronte che scorre verso la Siria, ed il Litani, che invece scorre in direzione sud per poi gettarsi, ad ovest, nel Mediterraneo.

Le vigne di Chateau Musar

I vigneti di Chateau Musar sono disposti ad una altitudine di circa 1000 metri, questo permette di avere temperature più miti durante il giorno, mentre la notte sono i due fiumi a fare da regolatori termici.
I vini rossi vengono prodotti con Cabernet Sauvignon, Cinsault e Carignan, che trovano nel terreno argillo calcareo e ghiaioso un perfetto habitat.
I vini bianchi provengono da due vitigni differenti, l’Obeideh ed il Merwah, il primo progenitore di chardonnay e chasselas, di semillion il secondo; molto probabilmente queste piante furono portate in Francia durante il ritorno dei soldati dalle crociate.
Possiamo dire, se proprio abbiamo necessità di fare confronti, che i rossi sono tipicamente bordolesi, ma sarebbe una descrizione limitativa, sia per Chateau Musar che per Bordeaux. I terreni ed i climi sono comunque diversi, e molto fa lo stile di vinificazione: cosa è meglio, un vino che possiede le caratteristiche del luogo dove nasce o un vino che rispetta gli standard che il mercato ha stabilito?
La differenza sta tutta qui, nella cura della vigna, nella scelta di usare lieviti indigeni che possono svilupparsi solo in quel particolare territorio, nell’attenzione durante la vinificazione e tutte le fasi successive.
La vendemmia dei bianchi avviene in genere entro la prima quindicina di ottobre, le uve vengono fatte  fermentare separatamente in barrique di quercia e poi tenute a maturare  per altri nove mesi. Il vino viene poi miscelato, imbottigliato, e mantenuto altri 4 anni in bottiglia prima di essere immesso in commercio, secondo la tradizione bordolese.

La degustazione: un bianco del 1998

Ho approfittato di una cena con il mio gruppo di amici per aprire lo Chateau Musar Blanc 1998.
Colore quasi ramato, profondo e luminoso, il tappo pulito e ben bagnato viene via senza problemi.
Riempio metà calice e lascio che riprenda confidenza con l’ossigeno sia il liquido nel bicchiere che quello in bottiglia, sebbene l’impazienza degli amici mi costringa a versarlo forse un po’ prima di quanto servirebbe, ma nessuno vuole aspettare mezz’ora per assaggiarlo.
Il primo sentore è di carruba e corteccia d’albero, poi cipolla caramellata, mandorla, caramella di orzo per sfumare in un leggero profumo di fieno bagnato. Un bouquet complesso ed estremamente fine.
Al palato la morbidezza fa da contenitore ad una ancora discreta acidità ed una salivante mineralità, finale morbido e lungo, molto lungo.

Il vino ha accompagnato, coprendole un po’,  sia le cozze freschissime che la frittura eccezionalmente delicata cucinata da Francesca al Nautilus di Santa Severa, Roma..

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