timepersonoftheyearLa più importante rivoluzione degli ultimi 15 anni, in ambito informazione e comunicazione, sono i blog, prima, i social, poi, YouTube adesso.

La novità non è che chiunque possa scrivere la propria opinione, ma che si possa  accedere direttamente alle fonti delle notizie.

Il blog di un operaio o di un impiegato di banca che riporta le notizie di quel che avviene dietro cancelli e sportelli, il profilo social di una organizzazione umanitaria, il video inserito da un passante o preso da una telecamera di sorveglianza. 

Abbiamo la possibilità di arrivare senza filtro alla notizia, al fatto, a quel che sta accadendo o è accaduto.

Strumenti come Messenger ai tempi della guerra nella ex-Yugoslavia, oggi sono del tutto superati, ma all’epoca fu una enorme novità ed esistevano trasmissioni radio che leggevano i messaggi su MSN; oggi lo smartphone ci regala la possibilità di scrivere e documentare la notizia nel momento stesso in cui la stiamo vivendo noi, può essere uno tsunami in Giappone o una manifestazione di operai delle Acciaierie di Terni.

I media tradizionali, quotidiani, telegiornali, stanno perdendo la propria ragion d’essere, visto che spesso le notizie più importanti le abbiamo già ricevute via Twitter o Facebook; le riviste, così come i programmi di approfondimento, ancora resistono perché si occupano di nicchie, vanno a scovare la ‘coda lunga’ della notizia.

User Generated Content

Questi infatti non ci presentano La Notizia, ma ne scelgono alcune e le commentano, anche se con dibattiti spesso urlati o in ogni caso a voci sovrapposte. 

La disintermediazione, ossia l’eliminazione dell’intermediario, naturalmente non piace … all’intermediario. Inizia a pensare che il suo ruolo è ormai fuori tempo, e che la colpa sia tutta di Internet e cerca, direttamente o tramite il politico di riferimento, di imbrigliare, controllare, limitare, quanto viene detto in Rete, assumendosi il ruolo di unico rappresentante della Notizia e, come tale, unico emittente della trasmissione. Le norme sulla diffamazione o le restrizioni per il controllo dei sovversivi terroristi sono sempre la spada di Damocle che rischia di colpire Internet.

Se poi oltre alla notizia scritta, un utente di Internet, dieci, cento utenti, possono  riprendere una qualunque scena di traffico cittadino, ad esempio, o di disguidi bancari, o di illeciti edilizi, allora il giornalista si convince ancora di più che il proprio lavoro sia messo in serio pericolo dalla maggior conquista tecnologica degli ultimi 20 anni. 

Non è finita

Quando, per qualche motivo, dovesse aprirsi un blog o un canale social anche il giornalista, si renderebbe conto che sta parlando direttamente a persone che, guarda un po’, possono fornire dimostrazioni reali che la notizia che sta esponendo sia una bufala o, miglior ipotesi, non completamente vera.

E’ però compito del giornalista, o meglio del suo editore, del proprietario del canale televisivo, riuscire a modificare i propri canoni per venire incontro ai nuovi sistemi di comunicazione, e non il contrario.

Anche nel mondo dell’informazione del vino accade la stessa cosa, e le reazioni sono simili. 

Chi se la prende con i comunicatori del wine web, i wine blogger, colpevoli di lesa maestà verso chi, Unico e Solo, ha la capacità di Scrivere e Comunicare il Vino, sta semplicemente difendendo una posizione di rendita che, con il velocizzarsi delle tecnologie, ormai si sbriciola e scricchiola ogni momento. E’ plausibile, per carità, ma oltremodo anacronistico.

Contemporaneamente i wine blog, o in generale i canali dove si parla di cibo e di vino, si sono moltiplicati, ed è il numero di lettori, e di commenti che questi fanno, a dare una stima della loro, se non autorevolezza, almeno della loro affidabilità. 

Se stappo ed assaggio una bottiglia di vino, ho la possibilità di scrivere sul mio blog che il vino mi è piaciuto oppure no, e dare delle motivazioni. Posso essere smentito da chi commenta, o ignorato. Dipenderà dal sano masochismo del wine blogger continuare a scrivere le proprie opinioni anche se le statistiche di Google Analytics sono più piatte della Pianura Padana. Se chiude il blog, al massimo ci avrà rimesso i 50€ annui per il nome del dominio e lo spazio web comprato dal provider.

Una rivista però dovrebbe avere più accortezze e più rispetto non solo verso i propri lettori ma soprattutto verso le persone, giornalisti e redattori, che vi lavorano. 

Proprio per questo la difesa ad oltranza della propria funzione di intermediario diventerà sempre più insostenibile fino a scomparire del tutto. 

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