[Nota:Resoconto di un viaggio di qualche anno fa]
Poche decine di chilometri a nord del Jurançon troviamo la piccola denominazione di Madiran, con un clima sensibilmente differente da quello lasciato poco prima, caratterizzato da una piovosità quasi dimezzata ed un clima estivo molto più caldo, sebbene sempre ben mitigato dai venti pirenaici.
Il fiume che scorre parallelo alla strada ben tenuta è l’Adout che alla fine arriverà nell’oceano, e così i terreni sono una naturale conseguenza dell’effetto alluvionale e di quello glaciale, quindi terreni di riporto composti da argille ricche di sassi e sorprendenti macchie di origine calcarea.
La zona è composta da appena cinque colline boschive, altezza non superiore ai trecento metri sul livello del mare ed un panorama di orizzonti ampi e bellissimi,
I paesi di Maumusson-Laguian, Viella e Madiran sono composti da poche case deliziose, un numero di abitanti veramente esiguo.
Nell’XI secolo i monaci benedettini costruirono qui un’abazia, posta sul cammino dei pellegrini per il santuario di Santiago de Compostela, e già da allora impararono a conoscere i vini della zona.
Qui il vitigno che la fa da padrone, come mi spiegano il mio amico Sergio e l’enologa Daniela Sinatri, è il Tannat che vive praticamente solamente in queste zone e, misteri della migrazione dei popoli, in Uruguay.
Il suo nome è anche la sua caratteristica, visto che l’uva è veramente ricca di tannini; non ci sono solo questi, naturalmente, che caratterizzano il vino: il tasso alcolico è piuttosto alto e così l’acidità, necessarie ambedue per poter sorreggere una tale mole tannica.
E’ quindi importante saper trattare quest’uva, saper gestire questa sua irruenza naturale, pena un vino rozzo e duro.
La maggior parte dei produttori conosce bene questo vitigno, e sa così come trattarlo e come lavorarlo, passati gli anni ’60 in cui invece questo vino era veramente duro e imbevibile, almeno a quel che ci ha raccontato monsieur Diderot (non il celebre enciclopedista dell’Illuminismo, naturalmente, uno suo omonimo ma apparentemente altrettanto anziano…), un commerciante di Maumusson dove ci siamo fermati per rifornirci di cibo locale.Complici anche le stagioni che si sono sensibilmente riscaldate, ed una sensibilità enologica migliorata, si sono via via favorite maturazioni ottimali, lavorazioni in vigna orientate alla qualità e tecniche di cantina più attente e ragionate.
Man mano, le esposizioni delle vigne si sono spostate sul versante orientale delle colline, e prevedono impianti più bassi che nel Jurançon, un guyot singolo e densità medie attorno ai cinquemila ceppi per ettaro, per favorire le maturazioni lunghe e progressive così da consentire la miglior maturazione polifenolica e vinaccioli totalmente maturi.
E’ proprio nel Madiran che nel 1990 fu inventata la microssigenazione da Patrick Ducournau, una pratica che ha molto cambiato la natura molto selvaggia di questo vitigno insieme alla macerazione a freddo.
Il vino è così diventato più elegante e più evoluto, sicuramente più bevibile, come è capitato ad alcuni dei nostri vini del sud Italia che hanno approfittato, saggiamente o meno si può vedere dai loro risultati, degli studi francesi.
Va da dire dunque che a volte l’utilizzo della tecnologia, anche in cantina, può produrre risultati che non potrebbero arrivare con i metodi naturali.
Tra gli altri punti di forza della AOC Madiran vi è sicuramente la compattezza dei produttori; nei poco più di 1600 ettari, il 60% è coltivato a Tannat ed il resto a Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e altri vitigni minori, e del Syndicat d’Initiative, cioè il Consorzio, fanno parte non solo tutti i produttori ma anche la Cantina Sociale che da sola fa quasi la metà della produzione.
Questo metodo di scambio di informazioni ha consentito tra i produttori una sana concorrenza ma non una guerra spietata tra di loro, come invece a volte si vede in alcune DOC italiane; la degustazione dei vini di Madiran dà certamente ragione a questo metodo di lavoro, tanto che nessun produttore si sente minore dei colleghi bordolesi, ben sapendo di avere un vino che nulla ha da invidiare ai più famosi vigneron poco distanti. Da ricordare anche il festival del vino che si tiene a Ferragosto a Madiran, con degustazioni anche di prosciutti da maiale nero.
Sicuramente lo Chateau Montus di Alain Brumont è il mito a cui tutti i produttori della zona vorrebbero arrivare, ma noi abbiamo assaggiato una bottiglia di Chateau Peyros in un piccolo ristorante di Madiran, il ‘Vielles Vignes’ Madiran 2002, 80% di Tannant e 20% di Cabernet Franc, un vino nonostante tutto fresco e profumato, con tannini ben lavorati e per nulla aggressivi, grazie naturalmente alla lavorazione con microssigenazione di cui si parlava più sopra.
Non sono a conoscenza se, nella zona, vi siano produttori che abbiano avuto il coraggio di usare metodi biologici o comunque naturali per il loro vino, ma credo che la potenza tannica del vitigno abbia scoraggiato tutti dall’effettuare simili esperimenti.