In effetti, la denominazione Vini Naturali non è una vera e propria denominazione, è solo un modo per identificare vini fatti in modo … naturale!
La filosofia che sta dietro a questi vini, e dunque ai loro produttori, è che il vino è un prodotto della terra, e come tale non dovrebbe essere aiutato da concimi chimici, lieviti selezionati, controlli di temperatura e filtrazioni che, a volte, fanno sembrare le cantine un laboratorio di chimica.
Certo, non tutti i vini naturali sono vini gradevoli da bere, così come vale lo stesso concetto per i vini commerciali, anche di grandi marche.
Cosa dire, infatti, di certe DOC che comprendono territori enormi, e la cui tracciabilità delle uve è a dir poco complicata?
Parlare con i produttori di vino naturale è sempre una bella esperienza. Non si sentono i nomi soliti degli enologi o dei wine maker conosciuti e famosi, non esiste la voglia a tutti i costi di far maturare il proprio vino in barrique anche se non ce n’è bisogno, e si sente in definitiva un’aria più da contadino che non da imprenditore, un sano ritorno alla artigianalità, alla manualità, l’orgoglio di sporcarsi le scarpe e le mani di terra.
Non ho potuto degustare tutti i vini presenti, naturalmente, e dopo essermi fermato a chiacchierare con i più noti, ho cercato di fermarmi ai banchi dove vedevo meno ressa.
Attività difficile, in effetti, visto che come dicevo sopra, le sale dell’hotel Columbus a volte erano veramente esigue per contenere tutti gli appassionati.
Quindi, se posso rivolgere un consiglio all’organizzatrice dell’evento, per il prossimo anno non abbia paura a trovare sale più ampie: vedrà che verranno comunque riempite.
Tra i vini che ho assaggiato, mi ha lasciato un’ottima impressione lo Chardonnay di Valter Mlecnik.
La famiglia Mlecnik produce vino da molte generazioni, e l’attuale fattoria è stata acquistata nel 1922; è in località volcja Draga, nella regione di Goriska in Slovenia.
Nei vigneti, coltivati a Guyot, è presente Chardonnay, Ribolla gialla, Merlot, Sauvignon e Tokaj Friulano.
Rispettando il metodo di coltivazione di chi lo ha preceduto, Valter Mlecnik non utilizza alcun fertilizzante chimico, ma esclusivamente letame, e lascia che l’erba cresca tranquillamente in mezzo ai filari.
La resa è piuttosto bassa, o meglio, è la naturale resa dei vigneti; senza stressare le viti, queste crescono e fruttano in modo naturale, lasciando che siano le condizioni climatiche a fare il grosso del lavoro.
In cantina poi anche il vino bianco viene fermentato sulle bucce per un paio di giorni, e quindi utilizzando solamente i lieviti e gli enzimi presenti naturalmente su di esse; viene trasferito poi in barrique vecchie anche di 15 anni per iniziare la prima fermentazione.
Rimane poi fino ad un anno a maturare sulle fecce dei lieviti e poi travasato in tini di acciaio o in botti grandi, e solo in questo momento viene aggiunta una piccola quantità di solforosa. I travasi consentono di avere una filtrazione naturale, dopodiché il vino viene imbottigliato e lasciato ad affinare ancora almeno un anno.
Mentre assaggiavo lo Chardonnay di Valter, gli ho chiesto dei controlli di temperatura. Dall’alto della sua statura (credo che superi i due metri) mi ha sorriso, e mi ha chiesto se mio figlio, appena nato, sia stato messo sul petto della madre con una coperta o depositato in una culla refrigerata.
E’ il caldo, mi spiega, e non il freddo, ad essere amico della vita; con il freddo la vita si ferma, rallenta, e riprende quando la temperatura risale.
I lieviti naturali hanno bisogno di temperature più alte per attivarsi, così come più alta è la temperatura raggiunta dal vino durante la fermentazione.
Producendo vini con i lieviti selezionati, invece, la temperatura deve essere attentamente controllata per far avvenire la fermentazione esclusivamente grazie ad essi e non, invece, a causa di lieviti naturali rimasti inavvertitamente nel mosto.
All’analisi visiva lo Chardonnay che stavo degustando è trasparente, ma non limpido e cristallino come da manuale. Girando per la manifestazione però ti accorgi che è quello ad essere veramente la limpidezza del vino.
La temperatura di servizio, come in ogni degustazione, è probabilmente più alta di quanto vorrebbero le guide, ma questo si traduce in un pregio e non in un difetto, consentendo di far arrivare un maggior numero di aromi alle narici. Anzi, la temperatura consigliata per questo vino è sicuramente attorno ai 13, 15*C.
Si sente un profumo di albicocca, un sentore di mineralità ed erbaceo, fresco.
Ha un gusto morbido, fresco, si sente una buona sapidità sorretta anche dal grado alcolico di 14°, un finale piuttosto lungo che lascia la bocca pronta al sorso successivo.
Come abbinamento, si può pensare ad un piatto particolarmente succoso e dolce, ad esempio del fegato, magari con cipolle.