La prima domanda che mi sono posto quando ho comprato questa bottiglia è stata: cosa sono le amphibolite?
Geologia del vino
La risposta è nella geologia, e senza tenervi sulle spine vi dico subito che le amphibolite sono rocce contenenti alte quantità di cristalli, soprattutto silicati di ferro, magnesio e rame. Se avete sete, di conoscenza intendo, c’è sempre la solita, buona, vecchia Wikipedia, da dove recupero queste informazioni.
Queste rocce sono state usate dall’Uomo fin dal Neolitico per la costruzione di asce, e nei tempi più recenti vengono impiegate per la realizzazione di pavimenti e coperture di muri esterni, in particolare in Europa Centrale.
La Loira, il Sévre ed il Maine si sono poi occupati, nel corso dei millenni, di spargere questo minerale nei terreni circostanti la vallata, fino all’Oceano.
Geografia del vino
Il vino proviene dal Domaine de la Louvetrie, nella AOC Muscadet, e per scelta dal viticoltore Jo Landron è espressa dimensione di mineralità, se più o meno riuscita lo vedremo più avanti.
Nel 2012 proprio l’Amphibolite, unico dei vini di Landron a portare il nome del minerale e non della parcella di vigneto, ha subito un cambiamento nella vinificazione, eliminando il breve affinamento sui lieviti, tecnica che è stata ripresa dal 2013.
Non ho assaggiato bottiglie di 2012, quindi non so dire che differenze ci siano, perciò veniamo subito alle note di degustazione.
Note di degustazione
Il vigneto utilizzato è il Melon de Bourgogne in purezza, ed è prodotto nella sottozona Muscadet-sèvre-et-maine, tra le più minerali dell’appellation. Come dicevo, rimane circa 4 mesi sui propri lieviti, cosa che lascia una traccia di carbonica all’assaggio, vendemmia manuale e lieviti naturali, non aggiunti.
Colore giallo fieno, pallido, non del tutto trasparente.
Naso da cesto di lime ed erba tagliata, frutti tropicali, netti e sufficientemente intensi. In sottofondo una lieve crosta di pane che aiuta nel tentativo della ricerca di equilibrio olfattivo, troppo spostato verso aromi citrini.
In bocca è l’acidità a farla da padrona, tagliente e fin troppo

rinfrescante; viene amplificata dal leggero residuo di carbonica.
Non lascia spazio a sensazioni morbide, questo Muscadet, ed anche gli 11.5° alcolici amplificano più che ammorbidire.
La mineralità resta un po’ nascosta dall’acidità; rimane in ogni caso un palato fresco e, tutto sommato, riposato, con una vaga idea di solforosa nel finale e labbra al sapore di sale, unico elemento caratterizzante.
Diverso però si presenta se accompagnato da un buon piatto, come nel mio caso ad esempio una buona zuppa di gamberi con una spruzzata di salsa lyonnaise.
In questo modo l’acidità tipica dell’Amphibolite viene in aiuto alla morbidezza del crostaceo ed alla dolcezza della cipolla (nella salsa).