gino-veronelliLe guerre di religione non mi piacciono, forse perché non sono religioso.

Quando si partecipa ad una discussione bisogna evitare due cose: la prima di denigrare il proprio contendente per quel che è anziché per quel che dice; la seconda è usare argomentazioni valide per ribattere punto per punto quelle del nostro avversario dialettico.

Mi riferisco alle discussioni che, su molti siti web o sui profili di Facebook, stanno avvenendo in merito alla distinzione tra vini naturali e vini industriali.

E’ però necessario, ad un certo punto, prendere posizione.

Questo è il punto centrale, per me, in molte cose della vita, di cui il vino è solo un aspetto.

Si può farlo con la dialettica, ma questa ha necessità di spazi di discussione che sono oggi, come sempre, occupati da chi ha più possibilità economiche.

Alcuni quotidiani hanno iniziato a parlare dell’esistenza dei Vini Naturali e ad esempio Davide Paolini, con la sua rubrica Il Gastonauta su Il Sole 24 Ore, lo fa da tempo in modo attivo, così come i quattro volumi di Giovanni Bietti sui Vini Naturali d’Italia.

Anche negli Stati Uniti il dibattito è sempre acceso, per non parlare della Francia dove il movimento dei Vins Naturels è nato.

Sono però discussioni di nicchia, benché si stia parlando di quel che si beve, ossia di un liquido che entra nel nostro corpo e, al di là della poesia, non dovrebbe introdurre elementi nocivi o tossici. Ma è anche vero che preferiamo comprare Le Spinacine piuttosto che verdura fresca.

Nei blog ci si ritrova a parlare sempre tra gli stessi interlocutori, ed in genere la voce fuori dal coro, il difensore a spada tratta dei Vini Industriali (credo che possiamo mettere le maiuscole anche qui) entra sempre a gamba tesa, con argomentazioni speciose e senza alcuna forza che non sia il tono della voce.

Però, mentre i produttori industriali tengono in pugno il mercato nelle GDO, nei ristoranti, nella maggior parte delle enoteche, i produttori naturali si limitano a partecipare ad eventi appositamente dedicati, eventi di grande livello senza dubbio, dove però, l’ho già detto e lo ripeto, i visi che si vedono sono sempre gli stessi.

Al mercato vicino casa mia, una zona popolare di Roma Est, c’è un piccolo stand che vende vini sfusi. Arriva Verdicchio di Jesi prodotto a Latina, al prezzo di 0.80€ al litro, mentre il Merlot prodotto in Puglia sta a 1.20€ al litro.

Vini francamente nemmeno paragonabili alla Coca-Cola, a tutto vantaggio di quest’ultima.

Eppure alla fine della settimana, come mi ha detto il negoziante, i tini di acciaio sono vuoti.

Ottime enoteche che vendono vino sfuso, mi riferisco ad esempio a Vitis Vinifera a Centocelle o al grande Antonio Marino di Les Vignerons, non riescono a fare gli stessi volumi di vino sfuso, pur proponendo vini di ben più alto livello.

Le persone, il mitico Consumatore Medio che forse non esiste o forse si, vanno a fare la spesa il sabato al supermercato, o durante la settimana al mercato rionale vicino casa.

Iniziano da qualche anno a frequentare anche i mercati agroalimentari diretti, come quello della Cacciarella al Tiburtino, quello dell’ex Lagrange, sempre zona Tiburtina. Quando vado lì, il sabato, trovo sempre fila, il banco che vende pane alle 11 di mattina ha già finito le pagnotte.

Certo, la produzione di un vignaiolo naturale, proprio per sua natura, non può essere paragonata in volumi a quella di un produttore industriale. Ma anche un vignaiolo attento alla produzione differenzia la propria produzione in diverse linee: una riserva, magari un cru, un vino base. 

Viste le piccole quantità, il vino base raramente esce dai confini della provincia di produzione, ancor più difficilmente da quelli regionali: proprio per questo è il prodotto tipico che si dovrebbe trovare in un mercato rionale, magari in un banco con un rappresentante dell’azienda o addirittura con il produttore. 

Invece, nei posti dove dovrebbero essere trovati, questi vini sono assenti, almeno a Roma.

E così la mia idea, maturata pian piano, è di creare una Fiera Itinerante dei Vini Naturali, banchi di vendita e di assaggio presenti durante la settimana nei mercati rionali o in quelli della Coldiretti. 

Dietro al banco dovrà esserci chi questi vini li conosce e li sa vendere, occupandosi anche del rifornimento ed eventualmente della consegna a domicilio. 

Poi se vogliamo, possiamo anche combattere per il nome Vini Naturali o per l’elenco degli ingredienti in etichetta; ma finché queste discussioni rimarranno confinate alla nostra nicchia, la competizione verso i vini industriali o verso i ‘vini liberi’, sarà perduta.

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