D’Annunzio e Montalcino

Un altro è di Montalcino, alto, svelto e duro come una torre della sua rocca. E stando egli in piedi con una berretta da podestà, scopro dietro di lui la cruda terra senese, vedo lo sfondo della Val d’Orcia mutula e severa, con le sue crete, con le sue rupi, con i suoi cerri.

(Gabriele D’Annunzio, La Beffa di Buccari, 1918, ed. Fratelli Treves)

BRUNELLO DI MONTALCINO SELEZIONE 2010

La Mannella Selezione I Poggiarelli

Austero. Sensazioni boscose e terrose, miele amaro, frutti neri (aronia, mora) e svariature balsamiche. Si concede poco ma l’impressione globale è di compostezza e profondità. Sorso piacevole per freschezza traente, ordine nello sviluppo e precisione del frutto scuro. Succulento, profondo, radente nel finale per l’acidità e la forza dei tannini.

BRUNELLO DI MONTALCINO RISERVA 2009

Biondi Santi 2008 (degustazione presso l’azienda)

Stratificazione e compressione degli aromi sono molto pronunciate ma l’impressione generale è di essenzialità e snellezza. Più intensi i profumi legati a terra, legni e spezie; più sotteso il frutto in essenza, nero e rosso, freschissimo. Al fondo mineralità scura (ardesia, ghisa) e un intrico di nobili note erbacee amare. Grande toucher de bouche, acidità fendente e sensazione tattile imponente. Presenza, più che concentrazione o intensità. Note di radice, humus e china seguite da ribes, visciola, aronia, rooibos e ancora erbe. Alcol presente, non bruciante. La statura dei tannini caratterizza il finale, precedendo la prolungata sensazione di energia in persistenza.

Le Chiuse

Come detto altrove, si tratta di un vino adatto a confutare la versione facile delle Riserve 2009 uniformemente larghe e sedute. Qui c’è, innanzitutto, la signature della zona e della casa; certo, con densità e calore relativamente più salienti rispetto alle annate più equilibrate, ma adattare questo vino a una visione stereotipata sarebbe una crassa forzatura. L’eleganza è intatta, l’intensità delicata del 2010 allarga la banda a note più mature e di buone preparazioni (diciamo la vecchia Amarena Fabbri?), gli aromi erbacei alludono a estate ed essiccazione. Al palato apre con maggior corpo e potenza ma il centro-bocca è succoso e vibrante, proprio comme il faut a Le Chiuse, il frutto è intatto e la speziatura più scura una chiosa elegante. Finale energico, definito e lungo. Ora si siedano, i detrattori tout court delle 2009, sorbiscano e resipiscano.

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