Il primo articolo dalla Vinosfera è dal Jamie Goode’s Wine Blog, e riguarda i vini naturali. Il post inizia con una panoramica della vinicoltura nell’antichità e del problema principale che il vino aveva un tempo, ossia l’ossidazione. Continua spiegando, bene, alcune tecniche con cui oggi si evita che il vino vada in aceto e passa poi parlando dei vini naturali. Concordo con lui dicendo che la dicitura ‘vini naturali’ potrebbe essere fuorviante e che questo termine debba per lo più indicare un (non più tanto) ristretto numero di viticoltori che desiderano manipolare il proprio vino il meno possibile con l’aggiunta di sostanze per la chiarificazione o la regolazione dell’acidità.

Avevo già parlato, in WWW #20, di Jeannie Cho Lee MW, prima Master of Wine della Cina ed editrice della rivista Le Pan; leggendo il suo wine blog trovo un interessante articolo sul futuro dei vini di Bordeaux. Fino al 2009 l’importazione di questi vini era circa l’8%, ed è impressionante venire a sapere che in un paio di anni l’import è salito fino a 30 milioni di bottiglie annue, con gli Chateau maggiori che esportano quasi la metà della loro produzione. Nel 2014 però qualcosa è cambiato, soprattutto a causa della lotta alla corruzione voluta dal Presidente Xi Jinping che ha causato un repentino calo nei regali verso i funzionari, regali che a quel che si comprende, era per la maggior parte pagata in pregiate bottiglie di vino. Non solo, continua Cho Lee, ma sta iniziando a crollare anche la fiducia nei futures del vino, e così le degustazioni ‘en premiere’. Insomma, sembra che Bordeaux dovrà iniziare a cambiare rotta.

Breve flash sulla Grecia del vino grazie ad Eric Asimov, che sul New York Times ci parla dei vini di Santorini, in particolare del Assyrtiko, il vino nato da terreni vulcanici e sottoposto ai caldi e forti venti del mar Egeo, tanto da dover proteggere le viti con piccoli contenitori circolari piantati nel terreno. Vino che si accompagna bene ad ogni tipo di pesce e ad ogni cottura, ci dice Asimov, e qui concordiamo in pieno con lui.   Su Wine Spectator mi è capitato di trovare un articolo che spiega a cosa serva un areatore in cantina. Al di là dell’articolo in se, è interessante andarsi a spulciare le domande a cui Dr. Vinny ha risposto nel corso degli anni. Vere o inventate che siano, alcune sono piuttosto interessanti, come ad esempio: ‘Perché il vino non ha una data di scadenza‘,  ‘Qual è la differenza tra Cabernet e Cabernet Sauvignon‘, oppure ‘Perché un vino australiano è imbottigliato a Londra‘ o, piuttosto inquietante, se ‘Tutti i vini contengano arsenico‘. Fatevi un giro nelle FAQ, si può sempre imparare qualcosa.  

Sempre sulla falsariga delle domande e delle risposte, troviamo anche Wine Folly, uno dei nostri blog preferiti per la capacità di costruire infografiche molto esplicative. Il post in esame vuole sfatare alcuni miti sul vino, spesso dovuti quasi solo a scopo commerciale. Quindi potreste venire a sapere che il vino non aiuta ad abbassare la pressione, o se veramente un bicchiere di vino può essere smaltito con un’ora di palestra, o al contrario se il vino può aiutare a bruciare i grassi. In questo periodo in cui tutti noi stiamo disperatamente cercando di infilarci il bikini dello scorso anno, possono essere cose utili da sapere.

Se comprate qualcosa su Amazon dovreste sapere che esiste il servizio Prime Now, ossia la consegna entro un’ora; se abitate negli States, o anche in Zona 1 a Londra, ora questo servizio è esteso anche a vino, birra ed alcolici, con 80 prodotti in elenco, consegna assicurata in un’ora tra le 8 e mezzanotte e 6,99£ di costo di spedizione. Negli USA il servizio Prime Now esiste già da un anno ed è valido per oltre 25.000 articoli. Quindi, se vi serve una buona bottiglia di rosso per un galante ed inaspettato appuntamento, sempre che viviate in centro a Londra, ora sapete come fare.

Un simpatico aneddoto raccontato da Dan Berger su PressDemocrat ci fa sapere che negli USA le etichette del vino spesso non dicono assolutamente nulla sul contenuto della bottiglia. Racconta Berger che una agente commerciale di una cantina californiana, arrivato in albergo a Chicago per affari, abbia chiesto ad un cameriere di portarle un bicchiere di chardonnay. La signora, prima di assaggiarlo, ha chiesto al cameriere: “Di chi è questo vino?”, ed il cameriere perplesso abbia risposto “E’ il suo, signora”. Il post continua quindi dicendo che la maggior parte delle etichette dei vini, soprattutto dei blend rossi, non fornisce alcuna indicazione sul tipo di vino, sul blend, sulla regione di provenienza:. Un esempio? “Our Special Reserve Red Blend is aptly named because it has been made to our exacting specifications and is a reflection of the best life has to offer”. Eh si, questo dice tutto, no?

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