Big DataNon potendo andare a Milano al convegno Vino Futuri Possibili, organizzato da Il Sole 24 Ore, ho seguito il dibattito su Twitter.

La prima cosa che ho visto è stata un video postato da Netnografia in cui si analizza la figura del winelover e del wineblogger, naturalmente dal punto di vista della comunicazione in Rete.

Gli atti del convegno sono racchiusi in un pdf sul sito di BarGiornale di circa 100 paginette, scaricabile da qui.

L’iniziativa è interessante, le differenze tra mondo offline e mondo online sono evaporate e su Twitter hanno commentato in molti nomi noti della comunicazione 2.0.

L’argomento, in Rete, si è sviluppato soprattutto sui temi della comunicazione e della promozione del vino; la maggior parte dei tweet provenivano proprio da chi fa della comunicazione il proprio mestiere. Tra l’altro alcuni tweet arrivavano proprio da produttori di vino, categoria invece assente nel convegno. 

Mancava anche il wine blogger amatoriale, tipo me per intenderci, ossia chi non fa di mestiere il comunicatore ma conosce bene i meccanismi di Internet, l’uso dei vari social network, e magari è qualche anno che blogga. Nel mio caso, più o meno dieci, anche se di vino mi occupo solo da quattro.

Bene, se volete seguire lo sviluppo della discussione, basta che cerchiate l’hashtag ufficiale dell’evento #vinofuturipossibili, che per un certo tempo oggi è stato anche nei TT: ottimo risultato direi.

Un altro spunto me lo da’ questo vecchio post di Fabio Tognella (@il_togno) su Wine & Web, che vi consiglio di leggere.

Il post, tra le altre cose, sottolinea un aspetto importante, e che a mio avviso è tutta responsabilità del perverso connubio Cantina+Guida: spesso il produttore è interessato a comparire con un certo numero di bicchieri o grappoli che siano sulle guide di riferimento, il che non è di per se un male, ma rimane completamente fuori dal posto reale dove stanno le persone, che oggi è la Rete.

Il mondo del vino però non è fatto solamente dalle grandi Maison, dalle grandi Cantine: ce ne sono di spettacolari che producono molto meno vino, lo producono bene e si danno da fare, spesso da soli, sui mercati internazionali.

Questi produttori, a loro volta, sono poco presenti sul web perché non hanno la possibilità, viste le loro dimensioni, di pagarsi un ufficio stampa che ne curi la pagina facebook o il profilo twitter, il sito web o altre iniziative 2.0. Non basta mettere il pulsante con ‘Like’ o ‘Follow’, o magari il ‘G+’.

Naturalmente, il vero wine lover, ed ancor più il wine blogger, partecipa a varie fiere in giro per l’Italia: quest’anno il vostro Wine Blogger Preferito (cioè io), si è fatto quasi tutte quelle più importanti (tranne il Vinitaly, ma costava veramente troppo).

Se a Vino Futuri Possibili è mancato l’intervento del produttore, alle fiere manca la figura dell’addetto al turismo; al massimo è presente in un piccolo banchetto con qualche depliant generico sulla Regione o la Provincia, il logo sul cartello all’ingresso della fiera e morta lì.

Il tizio che va di sabato a comprare il vino alla GDO è anche quello che, almeno un paio di volte a settimana, gira in rete per organizzarsi le vacanze, un fine settimana o una gita domenicale fuori porta. 

Raramente ho trovato, guardando i siti dei comuni, dei borghi più belli, riferimenti espliciti al vino, a percorsi studiati apposta, ad iniziative enologiche.

Esistono le Strade del Vino, certo, ma ti deve venire in mente di andarle a cercare. 

In Italia invece, nonostante siamo il primo paese produttore al mondo, il popolo generalmente conosce pochissimo il proprio vino, sicuramente meno dei francesi.

Io sono dell’opinione che il vino non vada promosso come prodotto a se, ma debba far parte di quell’insieme di bellezze che si trovano in Italia, dai percorsi paesaggistici alle trattorie, dai resti archeologici alle chiese e castelli di cui quasi ogni collina italiana è dotata.

Immagino un percorso, ad esempio, che segua la Via Francigena e nel frattempo ci accompagni per cantine, castelli, ristoranti, chiese, musei. 

O un altro che, partendo dalle ville Venete, porti a conoscere le vigne e le cantine sparse nei Colli Berici; e perché non approfittare della recente iscrizione nei siti dell’UNESCO dell’Etna per far visitare i paesi, i castelli, le vigne presenti sulle pendici del vulcano? Una lezione di storia o di geologia in cantina, per esempio.

Invece ognuno promuove il proprio, cercando di nascondere il resto; si pensa che se un cliente entra in un museo o visita un sito archeologico, poi difficilmente entrerà in cantina alla fine del viaggio.

Parliamo tutti di Rete, di Social, di Interazione, dimenticandoci poi la Real Life, dove l’omino che il sabato prima ha comprato una bottigliaccia in GDO, la domenica prende la macchina e si fa cinquanta chilometri per visitare un castello e mangiare pappardelle alla finta lepre o un pesce del Vietnam spacciato per spigola appena pescata, magari accompagnata dal solito vino della casa.

A quell’omino qui, rimarrà sempre la convinzione che la bottigliaccia comprata il giorno prima sia un ottimo vino. 

2 pensiero su “ComunicheRete”
  1. Grazie per la citazione e concordo con quanto hai scritto. Aggiungo anche che per “partito preso” molte cantine pensano ad un comunicatore come una “spesa” piuttosto che a un investimento quale è; senza contare che siccome il vino bisogna venderlo…allora meglio svenderlo nella GDO che cercare di riportare (o portare) l’acqua al proprio mulino riportando la gente nelle cantine e nelle enoteche (dove fra l’altro, a guardar bene trovi degli ottimi vini a prezzi di poco differenti dalla gdo…ma questo il consumatore non lo sà fin quando non ci mette piede in enoteca…..spinto da chi??). Ottimo post comunque

  2. Grazie del passaggio tra le Storie, Fabio. Bisogna anche dire che spesso il ‘comunicatore’ ha solo messo qualche vetrofania in giro, o usato il web come fosse un volantino.

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