Esistono posti poco conosciuti e sottovalutati della cui bellezza ci si rende conto appena ci si arriva.

E’ il caso del Sud-Ovest francese, una regione definita in questo modo molto generico da quasi tutti i testi sul vino sebbene non vi sia alcuna corrispondenza amministrativa o culturale.

Eppure è la regione che al proprio interno contiene la grande Bordeaux enologica, parte integrante di questa regione che è racchiusa dal Massiccio Centrale ad est, dai Pirenei a sud e dall’Atlantico ad ovest. Questa è la zona di Francia a cui appartengono i vigneti di Entre-Deux-Mers e Sauternes, un contenitore del quale fanno parte ben 27 AOC, ognuna con una storia e profilo profondamente differenti, ed ognuna che tenta di costruire la propria identità e notorietà.

Dunque le aree limitrofe alla zona bordolese tenderanno a ripeterne gli stili ed i vigneti, mentre quelle più lontane se ne differenziano totalmente, con una storia anche più antica dello sviluppo della vite sulla Gironda. Certo la storia, ed anche la geografia, hanno reso nota la città portuale di Bordeaux i cui commercianti prima di tutto vendevano il proprio vino e solo poi quelli provenienti dalle chiatte che navigavano sulla Dordogna, la Garonna ed il Lot.

A ridosso dei Pirenei non abbiamo grandi linee fluviali navigabili, e quindi nemmeno porti importanti, così da lasciare la zona piuttosto isolata e, alla fine, libera di trovare un proprio stile senza dover dipendere dalla somiglianza con Bordeaux.

Le AOC di Cahors, Madiran e Jurançon sono quelle di cui vi parlerò seppur brevemente in questo post.

Ci muoviamo da una piccola cittadina, Pau, duecentomila abitanti, capitale dei Pirenei Atlantici e sede della maggior industria petrolifera francese grazie agli enormi giacimenti di gas ritrovati nel suo sottosuolo. Eppure Pau non assomiglia affatto ad una città industriale; la centrale è stata costruita seguendo un impatto ambientale minimo, ma gli effetti positivi sull’economia si vedono particolarmente nelle abitazioni del centro e delle periferie.

Il castello austero di Enrico IV, quello che, convertendosi al cristianesimo pronunciò la famosa frase :’Parigi val bene una messa’, un centro storico molto ben tenuto, la migliore facoltà di ingegneria di Francia e la vista stupenda dei Pirenei.

Jurancon è uno dei sobborghi di Pau e dà il nome ad una delle denominazioni francesi più originali. Due sono i vitigni più interessanti della AOC, il Petit Manseng ed il Gros Manseng, geneticamente imparentati ma diversi ad una analisi organolettica meno scientifica e più degustativa.

Il Petit Manseng ha un grappolo molto spargolo con acini piccoli, mentre il secondo ha una produttività molto più elevata, ed entrambi possiedono una buccia piuttosto spessa ed una capacità di maturare lentamente, seguendo perfettamente il clima della zona.

Il Gros Manseng è più adatto a vini secchi, di buona acidità e profumi di acacia e frutta candita; dopo un affinamento in bottiglia, non più di tre anni, si sprigionano note tostate e di frutta secca.

Il Petit, per la conformazione spargola che non permette alle muffe di posarsi sui suoi acini, è adatto ad una vendemmia tardiva grazie anche ai microclimi della regione che ne consentono una evaporazione dei liquidi naturale e lenta.

Non è questa zona di botrytis, nonostante la piovosità elevata, perché arrivano in autunno i potenti venti da sud che si riscaldano notevolmente percorrendo i pendii montuosi verso la valle ed hanno l’effetto di asciugare rapidamente qualunque pioggia per quanto potente.

E poiché questa zona, come dicevamo, è e rimane relativamente isolata, altri vitigni autoctoni ampliano il panorama ampelografico, come il Camaralet, il Lauzet ed il Courbu, ma sono i due Manseng che caratterizzano il territorio, soprattutto il Petit che viene spesso utilizzato in purezza per fare vini molto fini ed importanti.

Il terreno del Jurancon è chiamato ‘poudingue’, un agglomerato di argilla e sassi tondi che richiamano l’origine glaciale, argille più rosse o più sabbiose. L’altezza delle vigne non è elevata, in genere non più di trecento metri di altitudine, ma il panorama, ed il clima, sono veramente eccezionali, con il Pic du Midi che sovrasta l’orizzonte a pochi chilometri e l’oceano e le spiagge di Biarritz sono a poco meno di cinquanta chilometri.

Qui ritroviamo inoltre una antica abitudine, che ricorderete abbiamo incontrato anche nel Carso, ossia quella di avere vigne circondate da boschi che proteggono dai venti più forti e sono un naturale baluardo contro alcune delle più comuni malattie della vite.

Le vigne sono condotte a doppio guyot capovolto, con uno sviluppo che raggiunge oltre due metri in altezza e parte da almeno ottanta centimetri da terra per diminuire l’effetto del freddo raccolto dagli strati più bassi dell’aria.

La AOC Jurançon prevede solo vini tipologia dolce, meglio, moelleux, ossia con un tasso di zucchero residuo ben lontano dai picchi del Sauternes, ben al di sotto dei 100 grammi/litro.

La parte orientale della AOC è la zona di Monein, un territorio caratterizzato da colline ampie e più dolci, dove i vini sono più ricchi e morbidi, mentre la zona ad ovest è lo Jurancon vero e proprio, con colline molto vicine tra loro e più appuntite, dove le escursioni termiche più pronunciate e repentine regalano vini molto più taglienti. Nel 1975 è stata inoltre introdotta la denominazione Jurancon Sec, voluta soprattutto per esigenze di mercato, con una produzione di vini più facilmente abbinabili con i prodotti della tavola e più minerali e simili al terreno da cui provengono.

Dai complessivi mille e poco più ettari di vigneto nascono così un terzo di vini secchi e due terzi di dolci, quelli  più rappresentativi della appelation e certo i più originali, da abbinare senza indugio ad uno dei formaggi del luogo come lo Ossau-Iraty proveniente dai pascoli delle pecore sui Pirenei.

E’ un vino conviviale, un po’ ruffiano se vogliamo, con uno zucchero sempre ben dosato, una acidità che fa il pari con la dolcezza naturale del vino, ed una complessità di aromi che rimanda alla freschezza ed alla mineralità nonostante le vendemmie protratte fino a novembre o addirittura ai primi di dicembre.

Insomma, niente da invidiare a molti Sauternes classé; come l’Uroulat Moelleux di Charles Hours del Domain Uroulat, Petit Manseng in purezza, vendemmiato a mano nel mese di novembre, una resa di appena 25 q/ha, agricoltura biologica in vigna ed una attenzione estrema in cantina a non disperdere i naturali profumi del vino, affinamento in botte piccola per dieci mesi.

Il dolce del residuo zuccherino è percettibile ma per nulla impetuoso, ben moderato dall’acidità e dalla mineralità che si abbinano in modo naturale ai profumi di albicocca e mango, una persistenza in bocca davvero notevole.

E’ uno dei due vini della linea Tradi, ossia tradizionale, insieme al Cuvèe Marie Sec, prodotto quasi esclusivamente con Gros Manseng e solo una piccola percentuale di Courbu ed una resa di 45-50 q/Ha.

Non sono vini che si trovano facilmente in giro nelle enoteche italiane, ma se visitate il sito del produttore potrete avere qualche indirizzo.

 Ho accompagnato il Moelleux con un piatto di confit de canard e due fette di prosciutto di maiale nero allevato allo stato brado, ho voluto evitare il foie gras forse un po’ scontato ma certamente ideale come abbinamento.

Chi ha la passione di ricercare vini meno conosciuti, di allontanarsi almeno per un po’ dai classici bordolesi, dai robusti piemontesi o anche dai toscani schioppettanti, troverà in questa zona vini diversi da tutti gli altri, che non vogliono assomigliare a nient’altro tranne che a se stessi.

Prima di lasciarvi al prossimo post, dove parlerò della AOC Madiran, voglio ringraziare Maria e Sergio e la loro amica Daniela che mi hanno fatto conoscere questa zona.

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