Bulk WineA Stellenbosch nel 2010 ha chiuso l’unico impianto di imbottigliamento della regione, e la Consol Glass, il maggior fabbricante di oggetti in vetro del Sud Africa, sta preparandosi a tagliare le spese (dunque, lavoratori a spasso), visto che la fabbricazione di bottiglie per il vino, che contribuiva per un quarto dei ricavi, è diminuita di più del 20% negli ultimi 3 anni.

La stessa diminuzione di profitti la pagano le aziende che stampano le etichette, chi produce le capsule, i produttori di imballaggi.

Gli acquisti di vino sudafricano da parte della Gran Bretagna non hanno compensato la diminuzione di valore, mentre la vendita di vino in bottiglia diminuisce costantemente.

“I nostri vini non sono più convenienti, nei mercati di oltremare”, afferma Bevan Newton Johnson, direttore generale di First Cape, il maggior brand sudafricano nel Regno Unito.

E Leo Burger, direttore generale di Rostberg, l’azienda vinicola della regione Rostberg bottlingdel Rust en Vrede che ha prodotto il vino servito alla cena per il conferimento del Premio Nobel per la pace a Nelson Mandela, conferma che “…l’unico modo che abbiamo per creare lavoro è poter imbottigliare localmente il nostro vino”.

In tutto questo, chi guadagna sono sicuramente i grandi imbottigliatori di Gran Bretagna ed Unione Europea, dove arriva il vino sfuso sudafricano; l’industria del vino sta provando a vendere il proprio imbottigliato nei mercati emergenti (per il vino), esportando ad esempio 55mila ettolitri in Cina nei primi mesi del 2013, il 24% in più rispetto al 2012, o in Russia, con 316mila ettolitri, nuovo mercato per il Sud Africa.

Gli altri grandi vincitori di questa corsa al ribasso sono naturalmente i grandi supermercati, oltre le già citate Tesco e Sainsbury, anche la IPL Wine di Asda, ossia la consociata britannica di Wallmart USA, dove è aumentata la presenza di vino sudafricano negli scaffali.

La preoccupazione dei produttori sudafricani non è solo sulla perdita di valore, ma anche sulla diminuzione della qualità del proprio vino, visto che la certificazione di qualità si ferma, per forza di cose, all’ingresso del porto di arrivo. Non è cioè dato di sapere, nonostante le assicurazioni dei grandi trader, se il vino che finisce in bottiglia con etichetta sudafricana sia totalmente proveniente da laggiù o se invece non venga ‘tagliato’ con altri.

Quasi un terzo del vino importato da Asda viene imbottigliato nel Regno Unito, tanto che nel dicembre del 2011 ha aperto un proprio impianto di imbottigliamento.

Tutti questi dati e queste informazioni, purtroppo, non rispondono ad una domanda: dove vanno a finire i 6 milioni di € di vino sudafricano acquistati dall’Italia, ossia quasi 100mila ettolitri tra Chenin Blanc e Shiraz?

La risposta purtroppo non mi pare semplice da trovare: la tracciatura del vino è piuttosto caotica, difficile sapere quanto ne venga rivenduto, quanto imbottigliato, quanto usato in blend con altri vini.

Sicuramente quando sullo scaffale di un supermercato vedrete una bottiglia di Chenin Blanc del Sudafrica, qualche domanda sulla sua provenienza dovrete porvela.

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