Si è tenuta il 25 e 26 novembre ad Amsterdam l’esposizione mondiale dei vini sfusi (World Bulk Wine Exhibition, WBWE), a cui hanno partecipato 173 aziende. L’Italia era rappresentata da 22 espositori che in totale, dai dati riportati sul sito della WBWE, pesavano per circa 11 milioni di ettolitri, un quarto della produzione nazionale di vino.

Al WBWE l’Emilia Romagna fa il pieno

La regione con il maggior numero di ettolitri era l’Emilia Romagna, grazie alla presenza di CEVICO e CAVIRO  con 5.730.000 h in totalel; fanalini di coda Toscana (50.000 hl) e Piemonte (30.000 hl).
Non tutto il vino prodotto dalle cantine presenti è destinato ovviamente alla vendita come vino sfuso; nel sito della WBWE potete trovare le tipologie di vino prodotto con le quantità.
Francia e Spagna portavano rispettivamente 42 e 43 espositori, seguiti da Chile, Sudafrica ed Australia. Bulgaria, Liechtenstein (!), Canada e Montenegro (!!) un espositore ciascuno, la Moldavia (!!!) ne aveva 3.
Le aziende presenti non sono necessariamente produttori di vino, spesso si occupano solamente della commercializzazione o, al massimo, della raccolta del vino.
Fatto è che il vino sfuso, come ho già avuto modo di scrivere, ha il suo bel peso nel panorama dell’economia mondiale.

Import Export del vino sfuso

Una settimana prima della WBWE è stata presa presso l’Organizzazione Mondiale delle Dogane la decisione di non considerare vino sfuso quello trasportato o venduto in contenitori fino a 10 litri. Ad oggi il limite è 2 litri.
Quando la decisione dell’OMD, su proposta dell’OIV, verrà ratificata, anche il vino in bag-in-box dovrà quindi seguire le disposizioni fiscali e di tracciatura a cui già sottostanno le bottiglie di vino. Non viene infatti fatta distinzione di contenitore, ma solo di volume.
Il Direttore Generale dell’OIV, Federico Castelluci, già lo scorso anno a Nuova Delhi  durante un evento mondano legato al vino,  aveva introdotto il tema dei contenitori, dando così un peso importante all’argomento.
Secondo Castelluci, la definizione di vino sfuso (bulk wine) è ad oggi piuttosto nebulosa, e ‘qualunque contenitore superiore ai 2 litri oggi è considerato bulk, e non abbiamo alcuna fiducia nei dati statistici relativi al mercato dei grandi contenitori’.
Ha inoltre aggiunto che ‘certamente, il commercio del vino sfuso reca maggiori vantaggi ai trasportatori che ai produttori, ma può aiutare questi ultimi quando ci siano situazioni di surplus di prodotto‘, con chiaro riferimento al mercato australiano.

India e Cina del vino sfuso

Alla WBWE partecipano come visitatori importanti aziende di importazione di vino, cinesi e indiane; A.S Wadhwa, CEO di Natures Bounty Wines, compagnia di import con sede a Delhi, ha affermato che la sua società stava contattando un paio di partecipanti per iniziare una partnership commerciale.

Era presente Marie Lange, Direttore delle vendite per una compagnia svizzera; ricordo che in Svizzera è permesso imbottigliare vino sfuso alla destinazione e scrivere in etichetta ‘Imbottigliato all’origine’.

La Svizzera non fa parte della UE, e questo le consente di avere regole differenti dagli altri paesi. Tra gli altri visitatori anche John Salvi, Master of Wine 1970 e creatore di ‘Bordeaux Weather Report’, una rivista che osserva e studia gli effetti dei cambiamenti climatici sul vino di Bordeaux.
Oltre ai produttori, o esportatori, di vino, erano naturalmente presenti aziende stampatrici di etichette e produttori dei contenitori.
Nella passata edizione, 2012, si sono avuti 4000 visitatori nei due giorni di fiera, e sono stati scambiati dai 12 ai 14 milioni di ettolitri.

Regole del trasporto del vino da modificare

Nel 2017 si prevede un riassetto delle normative sul trasporto del vino, sfuso ed imbottigliato, e la decisione della OMD va in questa direzione.
Bisogna però ricordare che ormai il trasporto del vino, proveniente soprattutto da Cile, Sudafrica ed Australia, avviene nei cosiddetti Flex Tank, e dunque al di fuori del cambio di normativa internazionale.
Saranno probabilmente soggette alla nuova normativa tutte quelle piccole aziende e cantine sociali che, non potendo o non volendo imbottigliare il proprio vino, lo vendono e lo esportano nei bag-in-box o in contenitori simili; per queste cantine aumenteranno gli adempimenti, fiscali e burocratici nel caso di vendite all’estero, già resa complicata dalle differenti normative riguardo le accise.

2 pensiero su “Vino sfuso, un affare mondiale – 4”
  1. ogni volta che qualcosa va bene,, tira come si dice in giergo,interviene il legislatore per rendere la vita impossibile al contadino già provato da situazioni già precarie

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