Written in the stars (written from the start?)Brunello Montalcino

L’altalena del clima, la rosa dei venti, il patchwork pedologico e i saliscendi di poggi e valloni suggerirebbero ormai da anni di guardare alle annate attraverso un caleidoscopio, piuttosto che porle sotto l’unico fascio alogeno di un occhio di bue.

Tanto più vero per il Brunello, direi.

Le notti delle stelle, tuttavia, impongono luce uniforme e lustrale, sintesi brutale, molto funzionale al dumbing-down dei buoni uffici e delle mediazioni degli uffici stampa. Dico pertanto che le stelle sono tante – quattro – anche per quest’annata 2009 e illuminano uniformemente il territorio conchiuso tra i tre carissimi letti, quelli d’Orcia, Asso e Ombrone.

Rammento che, dopo un inverno molto umido, maggio fuochista ha lavorato d’ottima lena, superando spesso la linea dei 30 gradi, salvo sfinire gli ombrelli in conclusione, aprendo 30 giorni buoni per gli impluvi. I ricordi umidi e timidi di giugno e di una parte di luglio sono stati strinati da un agosto leonino, occhieggiante al 2003 e minaccioso di applicar la pratica della maturazione per calcinazione. Settembre è stato cordiale, peraltro, e tutto il resto comodo fino alla vendemmia. Il pannicello caldo della chiusura tranquilla non è però servito a chi ha sofferto o sottovalutato il caldo. Chi ha vigna più in alto, migliore ventilazione e magari non si scotta come quelli che guardano verso Grosseto, di queste vampe ha sentito pochi effetti. Ma tutti questi spunti di varietà non servono: it’s written in the stars e le stelle sono quattro. A far da compattatori si sono messi anche alcuni commentatori esteri: un’annata da vini già pronti, hanno detto, lasciando salomonicamente spazio a qualche eccezione, senza tuttavia citarne alcuna. Così si vince facile.

La brutalizzazione della varietà si ripete anche nel caso delle Riserve Brunello 2008, trattate indistintamente alla stregua di usurpatrici del premium price. Se in vari casi è effettiva la sensazione di un ricorso al legno più ispirato alla concia che alla maturazione, e ferma restando la mia adesione ideologica alla Selezione per la sua corrispondenza al principio di zonazione, cionondimeno annovero tra le Riserve alcuni vini tra i più significativi di questa rassegna.

A me, ascoltatore modesto ancorché attento, la 2009 ha parlato più la lingua della qualità, della buona fattura, che quella delle vere emozioni.  Mi è piaciuta la bevibilità compulsiva di certo Rosso. Mi è sembrato che abbia fatto meglio chi sia stato tanto lungimirante da non forzare, compensando con garbo e sottrazioni il gioco un po’ rozzo di quelle stagioni.  

In sintesi, ancora una volta non mi sono annoiato; né ho soppesato con sufficienza da critico anglosassone gli sforzi e i volti d’una gioiosa macchina da guerra. Il Benvenuto Brunello è spazio campionario, insieme dei possibili risultati di un evento casuale; o è processo stocastico, collezione di variabili casuali su quello spazio definite. Qui mi ritiro perché ho dimenticato le formule. Nella memoria resta invece il fascino di scostamenti e deviazioni standard, quelli che in questo hotchpotch tutto rosso, per mio sommo diletto, accendono e spengono le stelle a intermittenza.

128 vini assaggiati. Scriverò solo di quelli che non hanno inficiato la mia capacità di produzione di suoni linguistici. Risparmierò a chi legge quelli inarticolati.

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