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Benvenuto Brunello 2016 – Analisi

Fine delle abluzioni, passiamo allo sport.

Al di fuori della filiera, per chi campa e discetta del vino pur senza produrne o venderne, il giudizio sull’annata risponde sovente a un intento diverso da quello promozionale e assai più appagante sotto il profilo dell’intrattenimento: quello prestazionale.

Pensate alle cacce al megatrend, alle parole-omogeneizzato che squadrino da ogni lato intere produzioni per interi territori in una data annata; alle corse a marcia indietro per decretare chi era partito prima e aveva previsto meglio; o ai certamina per la miglior rettifica e il dietrofront più acrobatico. Ebbene: queste sono tipiche attività a scopo prestazionale.

L’annata 2011 a Montalcino ne ha offerte come sempre prove epiche, con evoluzioni ed esibizioni spettacolari. Bollata anticipatamente per serie minore nei discorsi di fine campionato 2015, l’annata minore si è preparata a quello 2016 con il doppio handicap di un simile precedente e del tempo supplementare da sostenere contro le Riserve 2010.

L’annata 2011 a Montalcino

Il clima caldo, a tratti torrido, e molto secco ha determinato i giudizi ex-post dei critici, come ex-ante aveva già determinato le scelte dei viticoltori per la corretta gestione dello choc termico e della siccità. Il primo riscontro delle degustazioni al Benvenuto Brunello è che nei primi, o almeno per quelli più generici e affrettati, non si sono tenute le seconde nella dovuta considerazione: a far la differenza, infatti, sono state le giaciture ed esposizioni più favorevoli e soprattutto la perizia dei vignaioli nel difendere il raccolto dalle surmaturazioni e dalla mancanza d’acqua, insieme alla selezione rigorosa delle uve per integrità, anche a costo di una produzione minore.

In questo senso la gestione si è discostata da quella di un’annata climaticamente comparabile, la 2009, in cui la selezione non fu altrettanto stringente e la calura sfibrò molti vini.

Sebbene la 2011 si contraddistingua per la frequenza di titoli alcolici rilevanti –  15% e oltre – molti vini denotano infatti acidità saliente, freschezza e succulenza del frutto, maturazione fenolica compiuta. In una parola: equilibrio.

Uno a uno, palla al centro. La provinciale non partiva in favore di pronostico. E i valori in campo sono certo diversi – sulla superiorità teorica della 2010 non si discute – ma la piccola se la gioca eccome. Alcune delle Riserve schierate dallo squadrone fanno più fatica della squadra dell’anno scorso, giocando il match con sufficienza da campioni, lena stracca, poca fluidità in manovra e leziosità. Leggasi: legni ed estratti imponenti, trama leggera ma onusta di decori, ricercate vigorie. Il pubblico mugugna interdetto.

Poi, certo, si rifà e applaude a un pugno di prove di vera classe. In generale, è troppo presto per un giudizio: sarà il tempo a dire se l’odierno massive attack, la potenza e l’estratto, la mole e l’impatto, evolveranno virtuosamente. Non è in fin dei conti ciò che ci si aspetta da una Riserva comme il faut? Austerità, riserbo ed equilibrio in potenza, non ancora in atto? Bilanciamento da divinare, interpolare o leggere prospettivamente muovendo dalla qualità di grandezze ancora sommariamente relate? E allora, di che cosa lamentarsi? Brindiamo alla pazienza e alla lentezza.

Nota di chiusura sul riscontro commerciale: la 2011 ha goduto dell’onda lunga di entusiasmo generata dalla ragguardevole 2010. Anche in virtù dell’effetto-Riserva – più vino destinato alla categoria superiore, quindi “tolto” alla 2010 ordinaria – rumour has it that le fascette richieste per l’annata 2011 siano state più di quelle rilasciate per la precedente, e che gli ordinativi siano stati parimenti ragguardevoli. Secondo brindisi.

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