
L’Italia dei Comuni non riuscirà mai ad avere una politica comune, nemmeno per quel che riguarda i disciplinari delle Denominazioni d’Origine.
Anzi, l’unica classificazione che potrebbe avere un senso territoriale, quella proposta a suo tempo da Luigi Veronelli, le Denominazioni Comunali, non è mai stata presa seriamente in considerazione.
Nel 2009 sono state introdotte le Menzioni Geografiche Aggiuntive, ossia la possibilità, per ora utilizzata solo nel disciplinare del Barolo, di aggiungere in etichetta il nome della vigna di provenienza delle uve.
Si badi bene, ‘la’ vigna: produttori che fanno il proprio vino utilizzando più vigne non potranno scriverlo, o non potranno scriverlo più, in etichetta.
Un esempio per tutti, il Barolo Brunate-Le Coste di Giuseppe Rinaldi, che per legge non potrà più riportare l’indicazione.
La modifica al disciplinare è del 2010, dopo che il Consorzio dei produttori del Brunello aveva dato questa indicazione al MIPAF, il ministero delle politiche agricole.
In teoria le MGA dovrebbero servire, tentando di copiare malamente la classificazione dei cru francesi, per dare un’idea di qualità maggiore: provenendo da un’unica vigna si presume che il vino sia migliore.
Questo è già un errore, visto che la qualità finale dipende da molti altri fattori, oltre alle condizioni climatiche, come i metodi di vinificazione o le tecniche di impianto, senza parlare della mano del produttore (o del suo enologo).
Non tutti i Barolo sono uguali, così come non tutti i Chianti, gli Amarone o i Fiano di Avellino lo sono; aggiungere l’indicazione MGA dà invece l’idea che anche un Barolo di seconda scelta, purché fatto con uve tutte provenienti dalla stessa vigna, sia allo stesso livello di altri, o addirittura superiore a quelli che non presentano l’indicazione della vigna di provenienza.
Se consideriamo invece la MGA come semplice indicazione territoriale, allora non si capisce perché limitarsi ad una sola vigna: molti produttori hanno più piccole vigne, e fanno vino proveniente da due o tre di esse. L’indicazione di più vigne non diminuirebbe l’importanza dell’indicazione territoriale.
In Italia abbiamo ben 75 DOCG: sono ormai diventate così tante che l’impressione è che le MGA siano state introdotte per fornire un ulteriore livello di classificazione all’interno di queste denominazioni.
E’ l’errore basilare a cui facevo riferimento poco sopra: una indicazione territoriale non ha necessariamente lo scopo di indicare la qualità; basta leggersi qualche disciplinare per rendersi conto che, in molte di esse, il vino può essere fatto praticamente con ogni tipo di uva possibile, da quelle autoctone a, naturalmente, quelle internazionali.
Consideriamo il Morellino di Scansano, tradizionalmente prodotto con Morellino (una tipologia locale di Sangiovese, come il Brunello a Montalcino), da Ciliegiolo e da Alicante, quasi sempre usato come uva tintoria.
Il disciplinare della DOCG prevede che il Morellino di Scansano venga prodotto con almeno l’85% di Sangiovese (non è previsto che sia Morellino), mentre il restante 15% può provenire da ‘uve autorizzate per la Toscana’, ossia, tra le altre, Gamay, Merlot, Syrah.
Due vini potrebbero quindi essere prodotti l’uno con Morellino, Ciliegiolo ed Alicante, l’altro da Sangiovese e Syrah, ed avrebbero entrambi il titolo per fregiarsi della DOCG, ed il consumatore non lo saprebbe, a meno che non sia scritto in retroetichetta, peraltro non obbligatoria.
Se poi le uve, pur provenienti dall’unica vigna, vengono lavorate ed imbottigliate da un’altra parte, la qualità del vino prodotto è del tutto differente rispetto a chi imbottiglia in azienda. Ma anche questa informazione è relegata in caratteri piccoli, senza alcuna indicazione di ‘dove’ sia ubicato esattamente l’imbottigliatore. Potrei prendere uve di Vigna di Su in quel della DOCG Valpianino, portarle in una cantina a 20 km di distanza, purché all’interno del territorio del disciplinare, ed imbottigliare lì: sull’etichetta potrei tranquillamente scrivere DOCG Valpianino, Vigna di Su, con buona pace della qualità.
Le MGA, a cui spero si trovi un nome più decente, anche dal punto di vista del marketing, non servono a granché se non si rimette mano, pesantemente, a tutto l’impianto dei disciplinari.
Nota: l’immagine in questo post non è per nulla pertinente con il vino, ma solo con la sigla MGA.