L’uscita del regolamento (o disciplinare che sia) di VinNatur ha di certo ottenuto un primo risultato, ossia rinvigorire il dibattito sul vino naturale.

Chi lo plaude, chi lo snobba, chi ‘vade retro Satana’, chi ‘il mio è meglio’.

Insomma, ragazzi, basta su!

Rendiamoci conto di una cosa: il vino naturale lo beviamo in dieci persone, rispetto ai numeri totali di tutto il vino prodotto in Italia.

E’ un mercato di nicchia, che come tutti i mercati di nicchia ha costi che stanno al di sopra dei prezzi medi, e che come tutti i mercati di nicchia crea quell’essere metà uomo e metà bottiglia che è l’enotalebano, l’enotupamaros, il seguace del sentiero luminoso.

Non sentirete mai due tizi litigare davanti ad una bottiglia da 4€ sullo scaffale della GDO.

Quindi alla fine, dire che quel regolamento (o disciplinare che sia) è troppo morbido, o che serve una definizione univoca (che la darà ovviamente chi ha fatto il disciplinare più figo di tutti, a insindacabile giudizio di se stesso), o affermare che il vero vignaiolo naturale deve avere la barba anche se è una donna, beh, tutte queste parole sono stronzate.

Perché poi, quelli che beviamo il vino naturale ci ritroviamo quasi tutti alle fiere dei vini naturali, in giro per l’Italia, e con i produttori ci parliamo e facciamo pure domande sulla composizione microbiologica del terreno.

Roba che tra quelli che beviamo il vino naturale, l’80% vive in città e una vite al massimo la vede al ferramenta.

Ok, magari non è proprio così, il vero bevitore di vino naturale è uno che si informa, è uno che sa, è uno intransigente, è uno che assaggia.

Secondo me di quelli che conosco ce ne saranno tre o quattro che riescono a capire da un paio di sorsi se in quel vino ci sono lieviti naturali o comprati al supermercato dei lieviti.

Io so dire soltanto se quel vino mi piace oppure no, e se mi piaceva più quello dello scorso anno o quello dell’anno prima ancora. E mi basta, eh.

Che poi magari quel vignaiolo ha comprato quelli migliori, di lieviti, senza andarsi a cercare il sentore di ananas o di frutto della passione, però il vero bevitore di vini naturali ti sgama subito, ti guarda e ti fa: eh no, qui mica ci sono tutti lieviti naturali, eh no.

Insomma, i produttori li conosciamo, ci parliamo durante le fiere, li andiamo a trovare in cantina, spesso ci si telefona e gli si chiede di mandarti una cassa mista della 2000equalchecosa. Coi vini naturali noi ci parliamo.

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Un attimo prima tutti a dire che i disciplinari di legge, quelli delle DOC e DOCG, non valgono niente, sono snaturati, sviliti, disegnati su misura delle grandi aziende; subito dopo prendiamo le parti di uno dei due o tre o quattro disciplinari, solo perché c’è la parola Vino Naturale dentro. Oh, non funziona mica così. O sei anarchico sempre o non lo sei, mica solo nei giorni con la r.[/wc_box]

Il grosso del pubblico invece in enoteca ci entra forse una volta l’anno, ed il grossissimo del pubblico manco quella. Il vino lo prendono dallo scaffale del supermercato, guardano più o meno se conoscono il nome, guardano il prezzo, e ne prendono un paio di bottiglie di tutte e due i tipi: bianco e rosso.

Sbam, fatto! Giù nel carrello e tanti saluti ai disciplinari, che siano quelli veri DOC o quelli che servono a noi veri bevitori di vino naturale per riconoscere un vero vino naturale.

Ma insomma, i produttori ormai li conosciamo, sappiamo chi è completamente onesto, chi fa il furbo, chi si è migliorato negli anni e chi si è adeguato. 

E’ come avere una spiritualità, ognuno ha la propria e non ne avremo due uguali manco a cercarle col cero pasquale in mano.

E ci sta anche chi non vuole avere nessuna spiritualità, non vuole ammanettarsi a regole stabilite da qualcun altro che, ovviamente, fa il vino in una vigna diversa. Perfettamente legittimo, ci sono regole di legge, si rispettano, qualcuno è uscito dal Disciplinare (quello di legge, quello con la D maiuscola) pur di rispettare le proprie, di regole.

Ecco, quelli lì si, li capisco, li rispetto, li ammiro.

Hanno deciso di non volere altre regole al di fuori di quelle che si sono dati da soli.

E rispetto anche quelli che hanno deciso di rispettare regole decise in gruppo, discusse e votate.

O quelli che hanno deciso di rispettare regole che ha deciso qualcun altro dall’alto. 

La vigna è tua, il rischio d’impresa è tuo, la faccia alle fiere è la tua.

Puoi fare proprio quello che vuoi, fratello, e puoi pure chiamarti vignaiolo naturale, perché ti sei dato una definizione tutta tua.

Amen.

Hai fatto bene.

Io poi lo assaggio il tuo vino, lo annuso, lo smonto e lo rimonto, e lo bevo e lo assaporo e lo amo oppure lo odio, però è una mia decisione, in base alle mie di regole di bevitore, ossia il mio gusto personale.

Non è una gara a chi fa il disciplinare più figo.

Qualcuno si dà delle regole ma non fa tutto ‘sto casino, fanno bene.

VinNatur si è dato delle regole interne, ha fatto bene.

Anche VAN si è dato delle regole interne, ha fatto bene.

Insomma, bevete pure quel che diavolo vi pare, e basta menarla con i disciplinari.

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