La scorsa settimana il tribunale di Bordeaux ha condannato la GVG, Grands Vins de Gironde, ed uno dei suoi dirigenti, al pagamento di 200.000€ per aver venduto vino marchiato come Bordeaux ma contenente invece un blend di vini non documentati e non tracciabili. Il volume dei vini contestati è di 6000 ettolitri.

La AOC non consente blend di vini non tracciati

La GVG è una delle più importanti società di commercio per il vino della regione di Bordeaux, ed è controllata dal gruppo della famiglia Castéjà (completamente estraneo alla vicenda).

Davanti al giudice l’azienda si è giustificata addossando la colpa al proprio direttore degli acquisti, che avendo problemi a reperire il vino da alcune cantine avrebbe deciso di miscelare il prodotto finale con altri vini in modo da arrivare al quantitativo previsto.

Una giustificazione che evidentemente non è stata recepita dalla Corte Penale, che ha evidenziato come la GVG non fosse nuova a queste pratiche: nel 2005 erano stati accusati di aver modificato annata e denominazione di circa 700.000 bottiglie.

Conseguenze e condanne pecuniarie

Quanto è accaduto, ossia il miscelamento di vini diversi, avrebbe comportato la vendita come Vin de France, di certo molto più a buon mercato rispetto alle più blasonate St-Estèphe e St-Emilion.

L’INAO, che aveva presentato istanza civile e richiesto 150.000 euro, ha ricevuto 10.000 euro. Il CIVB, la Federazione dei grandi vini di Bordeaux e la Federazione dei commercianti avevano, da parte loro, fatto richieste più simboliche: 3.000 euro ciascuna, che hanno ottenuto.

Il problema della tracciabilità del vino per diminuire la probabilità di truffe, è sempre attuale, ed i mercati nord-europei e soprattutto quelli asiatici sono il terreno più fertile per vendere bottiglie contraffatte.

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