Marzo,_francesco_del_cossa_res Il mese di Marzo, palazzo Schifanoia, Ferrara (particolare)

Quando si parla di vino, certo non vengono in mente le piatte ed umide pianure attorno a Ferrara. Situata al centro della pianura Padana, il territorio che la circonda è composto dal parco regionale del Delta del Po e dalle Valli di Comacchio.

Gli inverni sono freddi e poco piovosi, spesso nevica e d’estate l’afa è intensa. 

Però di vite nella pianura ferrarese se ne trattava già nel XV secolo, come testimonia uno degli affreschi presenti nel Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia, dove in quello che raffigura il mese di marzo, uno dei riquadri mostra la classica potatura della vite che si effettua in inverno, generalmente alla fine delle gelate di febbraio.

Autore di questo riquadro, del mese di aprile e del mese di maggio, è Francesco del Cossa, (Ferrara 1436, Bologna 1478), che aveva già al suo attivo una Deposizione nell’altare maggiore del Duomo di Ferrara ed il bozzetto di due vetrate nella chiesa di San Giovanni in Monte a Bologna (Wikipedia).

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Francesco del Cossa, Il Mese di Marzo, Palazzo Schifanoia (Ferrara), 1470

Sicuramente la sua opera più importante è proprio la collaborazione con Cosmé Tura ai tre pannelli dei tre mesi primaverili, commissionati da Borso d’Este. 

I dodici riquadri, di cui rimasti integri solamente sette, presentano una composizione a bande orizzontali. Quella superiore raffigura la divinità protettrice del mese, Minerva nel caso di Marzo, quella centrale il segno dell’Ariete, e quella più in basso rappresenta scene quotidiane del governo del duca di Ferrara, Borso d’Este, mentre amministra la giustizia o parte per una battuta di caccia; è qui che viene raffigurata la scena della potatura della pergola ad opera di cinque contadini.

La vite in queste zone era nota fin dall’epoca etrusca, ma si deve agli Estensi lo sviluppo della viticoltura e di tutta l’ìagricoltura in genere.

L’uva di questi territori sabbiosi è la cosiddetta Uva d’oro, da cui si ottiene un Vino delle sabbie. Molti sono i posti in Italia dove sono prodotti questi vini, come nella zona di San Bonifacio a Verona, dove un tempo scorreva l’Adige; anche i vini dell’attuale DOC Arcole sono vini delle sabbie, così come nella francese  Camargue. Crescere su terreni sabbiosi ha protetto queste viti dall’invasione della filossera dei primi dell’Ottocento, consentendo così ai vitigni autoctoni di essersi preservati dalla distruzione, senza necessità di innesto su piede americano. 

La striscia di terra che va dall’Abbazia di Pomposa, in provincia di Ferrara, all’Abbazia di Classe in provincia di Ravenna, fu coltivata a vite grazie ai monaci benedettini che curarono anche i lavori di bonifica di questa zona sabbiosa.

E’ però con la duchessa Renata di Francia, moglie di Ercole II d’Este, che la viticoltura iniziò ad avere una certa importanza nell’agricotura ferrarese; fu lei infatti che portò in dote alcune barbatelle della Cote d’Or della Borgogna; pare poco probabile però che sia quella l’uva nota come Uva d’oro o Fortana, che dal 1989 entra nella DOC Bosco Eliceo.

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Il salone dei Mesi a Palazzo Schifanoia (Ferrara)

Fino al XVII secolo, il metodo di allevamento più comune per la vite era la maritatura, ossia l’uso degli alberi per far salire i tralci della vite, in particolare lecci, di cui la pianura estense era cosparsa.

Non raro era però, come testimonia il dipinto in questione, l’allevamento a pergola, soprattutto per quei vigneti collocati nei grandi orti interni alle mura della città o nelle sue immediate vicinanze. Questi appezzamenti di terreno, dove convivevano in modo promiscuo coltivazioni di cereali, legumi, canapa ed uva da vino, erano dette terre abbragliate, ed avevano un valore commerciale piuttosto elevato, rispetto a quelle terre campagnole dove erano presente quasi esclusivamente grano e legumi.

rif: Ottocento Ferrarese, Vino delle sabbie degli Estensi, Vite e Vino, Il Vino delle sabbie (download pdf)

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