Fischiettava, Louis, dirigendosi a piedi verso Haymarket, nonostante la pioggia di Chicago gli stesse infradiciando il vestito.
Era cosciente che quei giorni di lotte del giovane movimento operaio americano non sarebbero diventati solo un’episodio della storia, ma avrebbero dato origine ad un evento internazionale e duraturo. Tre giorni addietro, il primo maggio del 1886, era stato organizzato uno sciopero in tutti i posti di lavoro della città, per rivendicare la giornata lavorativa limitata ad 8 ore.

Otto ore per lavorare, otto ore per riposare, otto ore per la propria vita, questo era lo slogan. Louis, come tanti altri suoi compagni, lavorava in uno stabilimento dove producevano chiodi di ferro, chiodi che poi andavano per tutti gli Stati Uniti e, probabilmente, anche in Europa.
La protesta era continuata anche nei giorni successivi, e Louis era lì anche il 3 maggio, davanti alla fabbrica McCormick durante un’assemblea, quando improvvisamente la polizia aveva caricato i manifestanti, uccidendo due persone.
Un tale, che diceva essere stato inviato direttamente dai capi della Seconda Internazionale, aveva spiegato qualcosa su socialismo e teorie economiche, ma Louis non aveva capito un granché. Sapeva però che quel tale aveva ragione, gli Stati Uniti avevano da poco abolito la schiavitù basata sul colore della pelle solo per costruirne una nuova basata sulla condizione sociale.
E così, la mattina del 4 maggio Louis aveva salutato la moglie Hanna ed il figlioletto Roger jr con un sorriso ed un bacio, mentre lei gli porgeva la gavetta con qualcosa di caldo da mangiare ed una bottiglia da un litro piena di vino.
Quando Louis aveva visto la bottiglia, aveva guardato perplesso la giovane donna:
-E’ quello che fa mio padre, in Oregon. E’ quello che beve lui e che vende al prete per la messa – gli spiegò lei.
– E quando te lo ha dato? Non sapevo che ne avessimo, in casa-
– Me lo diede il giorno in cui ci siamo sposati, cinque litri, e questo è il primo litro che metto in bottiglia-
– Buon vecchio Roger senior -, disse Louis con una smorfia di approvazione prendendo in una mano la bottiglia.
Nella sporta di tela Louis mise così la gavetta con la zuppa calda, un pezzo di pagnotta e, avvolta bene attorno ad uno straccio, la preziosa bottiglia di vino rosso.
– Ci vediamo questa sera, il presidio ad Haymarket durerà tutta la notte, faremo dei turni. Io sono già d’accordo che ritornerò lì dopo cena –
Si sistemò a tracolla la borsa e stava per uscire, ci ripensò, tornò indietro e prese tra le mani il viso della moglie e la baciò e allo stesso modo baciò anche il piccolo che la donna aveva in braccio.
-Ciao, rispose lei, e stai attento, ti prego-
Così Louis camminava fischiettando verso Haymarket, con la sua sporta a tracolla e la piacevole coscienza del vino che avrebbe bevuto a pranzo, condividendolo con qualche altro compagno.
Era bravo, il padre di Hanna, a fare il vino. Chissà come era venuto in possesso di quella vigna, lo conosceva da quasi cinque anni ormai, lo ricordava sempre affaccendato nei campi.
Anche Louis era stato un contadino, i suoi genitori facevano i braccianti nei campi di granturco dell’Iowa, ma a vent’anni se ne era andato in città a lavorare alla fabbrica di chiodi e lì aveva conosciuto Hanna che lavorava presso una sartoria poco più avanti sulla strada.
All’inizio il lavoro in fabbrica era stato un gran bel cambiamento ma poi i turni di lavoro erano diventati massacranti, nemmeno ricordava come diavolo avesse trovato il tempo per mettere incinta la moglie fra turni di notte, straordinari e festività passate a lavorare.
Nella piazza erano già presenti qualche centinaio di persone, operai di altre fabbriche, le facce come la sua, con la stanchezza di pesanti ore trascorse alle presse, o ai torni, o nei magazzini a caricare e scaricare camion di materiale, o a sudare davanti ai forni. Cercò con gli occhi i compagni della fabbrica di chiodi, trovandoli nell’angolo ovest della piazza, poco lontando dal carro sul quale sarebbe salito l’anarchico August Spies per spiegare a tutti il significato di quel che avevano iniziato a fare.
-Ehy, è arrivato anche Louis!- si sentì da in mezzo al gruppo
-Olà, Louis, si stava aspettando te per mangiare- disse un altro
-Ciao ragazzi. Come siamo sistemati?- chiese
-Il nostro gruppo è già tutto qui, mancano ancora Lonnie e Homer- rispose un tipo secco, alto si e no un metro e sessanta, con le occhiaie sotto gli occhi ed una blusa con su scritto Railway State.
-Bene, Seymour. E poi cosa dobbiamo fare?- domandò Louis.
-Fare? La rivoluzione, dobbiamo fare, che altro? – rispose Mario esplodendo in una risata, un immigrato italiano alto due metri e di almeno 120 kg.
Un ‘Hurrà’ strillato dagli operai della fabbrica di chiodi salutò la frase dell’italiano, proprio mentre arrivavano gli altri due che ancora mancavano.
-Ecco Homer, e Lonnie. Ci siamo tutti, così prima di iniziare a mangiare lasciate che vi dica una cosa- disse Seymour. Tutte le conversazioni del gruppo cessarono, mentre gli operai si avvicinavano.
-Ora ascoltate bene. Vedete laggiù in fondo alla piazza? Lì ci sono i poliziotti, a cavallo e a piedi. Da quel che si sa, non ci dovrebbero dare fastidio, ma con quelli non è mai detta l’ultima parola. Noi da parte nostra non dobbiamo fare niente per irritarli. Non vogliamo che vada a finire come ieri davanti alla McCormick, così ascoltate quello che avrà da dirci Spiers, applauditelo, ‘Evviva’ o cose del genere, ma nessuna offesa a nessuno, nessuna parola grossa. Sono stato chiaro?-
Mentre un brusio di ‘Certo Seymour’, ‘Ok Seymour’, ‘Voglio tornare a casa mia, stasera, Seymour’ si levava dal gruppo, Louis si guardò attorno e vide che i gruppi formati dagli operai delle altre fabbriche erano anch’essi riuniti attorno a qualcuno dei loro che, probabilmente, stava dicendo le stesse parole di Seymour. Pareva tutto molto ben organizzato, un comizio e non una manifestazione, ancora non era il momento aveva detto qualche giorno prima quel tale della Seconda Internazionale.
Trovarono un posto per sedersi, chi appoggiato ad un lampione, chi seduto sul marciapiede, chi direttamente per terra, ed iniziarono a mangiare. Louis, Seymour e Vernon, un operaio delle presse, si erano trovati un posticino appoggiati ad una staccionata e tirarono fuori gavette ed cucchiaio per mangiare le proprie zuppe. Molte verdure, qualche tozzo di pane messo ad inumidire dentro, un piccolo pezzo di bollito, il pasto di ogni giorno. Mangiarono in silenzio, sapendo che stavano iniziando eventi straordinari e che loro erano proprio lì, a dare inizio a tutto.

Riposte le gavette, Louis tirò fuori il proprio piccolo tesoro, la bottiglia di vino rosso.
-E quella dove l’hai rubata, Louis?- chiese Vernon.
-Questo è vero vino rosso dell’Oregon, lo fa mio suocero e mia moglie è stata tanto previdente da metterne un litro in questa bottiglia per questa giornata- rispose Louis con orgoglio per la moglie ed il suocero.
Aprì la bottiglia e ne versò nei bicchieri che i suoi amici gli stavano porgendo, poi ne mise un po’ anche nel suo. Ritappò la bottiglia e la riavvolse attorno allo strofinaccio.
-Ed il resto?- chiese Seymour.
-Il resto alla fine del comizio- rispose.
Accesero una sigaretta e poco dopo videro che sul carro c’era una persona che parlava con altri operai, stringendosi le mani o dandosi sonore pacche sulle spalle.
-E’ arrivato Spies- disse Seymour. Avviciniamoci, il comizio inizia-
L’anarchico August Spies stava parlando già da un’ora, interrotto da numerosi applausi ed urla di incoraggiamento, quando la polizia iniziò a muoversi verso gli operai.
Il capo della polizia aveva un megafono in mano col quale ordinava di disperdersi, intanto che la prima linea delle guardie si dirigeva lentamente al centro della massa dei manifestanti, per dividerli e tenerli meglio sotto controllo.
Si innalzarono numerose urla verso la polizia, ma tutto sommato gli operai li stavano facendo passare, continuando ad ascoltare il comizio.
Il capo della polizia mise via il megafono, facendo cenno ai suoi di fermarsi. Gli operai erano in silenzio guardando Spiers bere dell’acqua prima di continuare il suo discorso.
E’ in quegli attimi in cui tutto improvvisamente tace, che succedono le cose.
Un oggetto compie una parabola, parte dalla massa degli operai e cade tra le prime due file di poliziotti, esplode, uno cade immediatamente a terra.
Louis è abbastanza lontano da quel punto, ma vede tutto distintamente e i primi colpi di rivoltella gli giungono quasi ovattati dalla massa di persone. Vede la polizia iniziare a correre verso il centro della piazza con le pistole in mano, i suoi amici sono ormai dispersi e ritrovarsi non è pensabile, così decide di muoversi camminando all’indietro per un po’, almeno fino al palazzo lì a cento metri da lui.
Qualcuno gli dà una spinta sul petto e barcolla, così decide di andare verso la salvezza, si volta ed inizia a correre, con la mano sente che la bottiglia di vino si è rotta nonostante lo strofinaccio, ed il liquido gli bagna la camicia attraverso la borsa di tela.
Anche Seymour e Mario, l’italiano, stavano correndo verso lo stesso punto di Louis; ormai spari non se ne sentivano più, ma i poliziotti davano di manganello a chiunque si fosse trovato a distanza di braccio da loro, Mario proteggeva il minuscolo Seymour ed aveva già steso un paio di guardie mentre scappavano.
-Mario, corri qui!- Seymour lo stava chiamando, era accovacciato davanti ad un mucchio di qualcosa.
-Cosa c’è, Seymour?-
-E’ Louis-
-Oh merda!-
-Hanno sparato ad altezza uomo, bastardi. E Louis se ne è beccato uno proprio in pieno petto- disse Seymour alzandosi in piedi.
Rimasero per un po’ a guardare il corpo del giovane steso a terra, una gamba ripiegata sotto l’altra, lo zaino che conteneva la gavetta e la bottiglia di vino ancora a tracolla.
Una chiazza purpurea si spargeva da sotto al corpo dell’operaio, in parte sangue, in parte vino, e loro due percepirono distintamente un aroma di frutti rossi e lievemente erbaceo che si sprigionava dalla pozza di liquido.
La nota ematica era ostinatamente presente, mescolandosi con l’odore della polvere da sparo.