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Si è concluso il tour de force veneto dedicato al vino, con le tre contemporanee fiere di Villa Favorita, Cerea e, naturalmente, il Vinitaly. Produttori che tentano di dividere le proprie forze da una parte e dall’altra, distributori ed enotecari a prendere contatti ed assaggi, blogger costretti a continui spostamenti. Una fatica!

Certo, il vino ha aumentato il proprio export nel 2014, è l’unico prodotto del Made in Italy (che poi ormai: che significa?) che tira una favolosa ripresa (nel senso della favola), e quindi tutti coloro che con il vino ci mangiano, ossia ci pagano le bollette a fine mese, si danno da fare per tentare di prendere qualcosa di nuovo da inserire nei propri listini da presentare ai propri clienti.

Le folle fiere

Però, da novembre ad oggi, tra fiere grandi e piccole praticamente ogni quindici giorni il vignaiolo dovrebbe lasciare la vigna e la cantina, caricar su un paio di casse e spostarsi in giro per l’Europa. Le fiere in Inghilterra, in Francia, in Svizzera non vogliamo andarci?, insomma, un inferno. Con costi non sempre sostenibili, naturalmente. Il lato positivo della quantità di eventi sul vino è che si può scegliere, ognuno in base ai propri parametri, dove andare e dove invece no; tanto alla fine, gira che ti rigira, le facce sono sempre quelle, e questo vale sia per chi sta dietro che per chi sta davanti al banco di degustazione.

Enoturismo affollato

Un articolo di Jo Piazza (@JoPiazza), Managing editor a Yahoo! Travel, mi ha dato da wine rout kermit lyncpensare un po’, senza arrivare a molte conclusioni, lo ammetto, e così espongo qui i miei pensieri. Nel post si sottolinea che ormai le regioni mondiali del vino stanno diventando sovrappopolate da turisti, Toscana, Piemonte, Napa Valley, Provenza sono affollate da comitive di enoentusiasti che, approfittando della propria passione, riempiono sempre i soliti luoghi. Bellissimi, per carità, ci mancherebbe, ma ormai pieni come una metropolitana. Insomma, dice Piazza e appoggiata da Kermith Lynch, il turismo del vino va sempre nei stessi luoghi, lasciando isolate alcune regioni che meriterebbero molto di più.

Cosa c’entra tutto questo con le fiere? Il problema delle fiere, almeno quelle che espongono vini che guardano più la tradizione che la modernità, è che portano un pezzo solo del proprio territorio, ossia il vino, perché certo non possono portare il museo, il castello seicentesco, la pieve medievale. Non solo. Nelle fiere enologiche è molto raro trovare uno stand che pubblicizzi le bellezze di un territorio, sia quello che ospita la fiera che altri. Al massimo troviamo qualcuno che ci dà un volantino o una brochure, e finisce lì.

Invece girando per i banchi d’assaggio, troviamo territori e zone che non sapevamo nemmeno esistere, se non fosse stato per il vino. Piccoli borghi, campagne isolate, vigneti in riva al mare, ce n’è per tutti i gusti.

Come dicevo, sono solo i pensieri di un ozioso venerdì.

Però a me piacerebbe se, al prossimo evento vinoso, ci fosse anche la promozione di piccoli musei, di antichi castelli e di panorami sperduti, borghi disabitati.

Provate ad immaginare che traino sarebbe in questo caso, il vino.


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