Una associazione di consumatori USA, l’American Council on Science and Health (ACSH) ha affermato che la coltivazione biologica danneggia la vigna . La colpa di tutto, secondo i consumatori sarebbe del solfato di rame, il cui uso rischia di esaurire il suolo. In pratica il solfato di rame, penetrando nel terreno dopo essere stato spruzzato sulle viti, renderebbe inospitale il suolo per i suoi micro organismi.

La questione sulla naturalità del metodo biologico è fondata e già trattata da tempo, almeno in Italia. Il vino biologico non è privo di sostanze chimiche, così come altri prodotti che si danno questa qualifica, Anche Nate Lewis, direttore della Organic Trade Association, ha affermato recentemente al Washington Post:

Non mi piace la narrazione che il biologico sia privo di pesticidi. Non è così. Usano sostanze che sono tossiche per l’ambiente

È vero che il rame, in polvere o in soluzione liquida, è stato sempre usato nella coltivazione e nella salvaguardia di piante e alberi. Verso la metà del XIX secolo in Europa era usata la cosiddetta poltiglia bordolese, un miscuglio di rame, calce ed acqua. Il rame è sempre stato il rimedio ideale per la prevenzione della muffa.

Dall’altra parte, i viticoltori biologici hanno paura che limitando l’uso del rame possano rischiare di avere perdite di raccolto, e questo li spingerebbe a smettere questo tipo di coltivazione. L’ipotesi che il rame possa essere, alla lunga, dannoso per il terreno, si scontra con la questione di quanto incida il suolo nella qualità e nel sapore di un vino.

Biologico o non biologico, ma non dipende dal terreno

I viticoltori, biologici o no, negli USA in genere non hanno il concetto di terroir, e quindi sono convinti che anche una modifica della microfauna non modifichi il loro vino. Anche questa, come l’uso del rame, è una questione piuttosto controversa, almeno negli USA.

Insomma, l’uso del rame in vigna sta forse diventando il nuovo paradigma per il vino naturale, così come tempo fa era per la solforosa?

Di certo prodotti come il Roundup della Monsanto, che contiene glifosato ed usato contro le erbe all’interno dei vigneti, non possono essere la soluzione. Anche perché le piante spontanee che vivono tra i filari spesso sono usati dai viticoltori più accorti, biodinamici in primo luogo, per arricchire il terreno.

Secondo Bill Swindell, giornalista esperto di beverage, “più di 34 tonnellate di erbicida nelle sue varie forme sono state applicate alle uve da vino nel solo 2016 nella contea di Sonoma, secondo il dipartimento statale del regolamento sui pesticidi”. Quindi forse è vero che la coltivazione biologica danneggia la vigna, ma il glifosato fa peggio.

La sostanza è accusata di essere potenzialmente cancerogena, ma anche qui ci sono pareri contrastanti e, se vogliamo essere cattivi, la potenza finanziaria di Monsanto forse potrebbe aver influenzato la ricerca scientifica.  Secondo la US Environmental Protection Agency, il glifosato non è cancerogeno; l’OMS non ha diffuso dati certi e la UE ha dato una soluzione salomonica, che non mette al bando il glifosato ma ne limita semplicemente l’uso.

Tra natura e Monsanto

Di fatto però nel 2017 è stato rinnovato il permesso all’uso di glifosato in Europa, quindi se ne riparla nel 2022. Fino ad ora solo Austria e Germania hanno messo al bando completo questo pesticida; la cosa migliore sarebbe spingere anche gli altri membri europei a fare altrettanto. Fino ad ora, in ogni caso, eventuali stop all’uso della sostanza si basano solo sul principio di precauzione, ossia non sapendo se è buono o cattivo, intanto evitiamo di usarlo. Ma non tutti sono concordi.

Insomma, la produzione di vino è sempre posta sotto le lampade della polemica, a volte strumentale a volte sensata, sulle coltivazioni industriali e quelle rispettose della natura. Se proprio vogliamo fare una lista, dovremmo distinguere almeno quattro metodi di coltivazione dell’uva, ossia biologico, biodinamico, sostenibile ed infine il più controverso, naturale.

Coltivazione biologica della vigna o naturale?

Quando si parla di metodo biologico e metodo sostenibile, stiamo dicendo che sono consentiti alcuni tipi di spray sintetici e concimi particolari.  Il biodinamico evita qualunque sostanza chimica, tranne rame e zolfo, ed usa preparati naturali. Il termine ‘naturale’ è sempre stato quello più controverso, visto che non ci sono standard. Le associazioni che si rifanno a questo metodo, hanno dei disciplinari propri, ma spesso diversi da gruppo a gruppo. Come tratto comune, si evita di usare lieviti commerciali e si fa un uso moderato dell’anidride solforosa.

Per tornare al titolo di questo post, il problema dell’uso del solfato di rame è piuttosto vecchio. Già dieci anni fa anche Angiolino Maule, presidente di VinNatur, si poneva il problema se questa sostanza danneggiasse l’ecosistema nel suolo del vigneto.

È palese che lavorare di più in vigna consenta di utilizzare un quantitativo minore, anche di molto, di sostanze chimiche, industriali o naturali che siano. E che fare studi sui metodi di coltivazione e produzione ha un costo, e non tutti se lo possono permettere. Dire che la coltivazione biologica danneggia la vigna è però a mio avviso esagerato, viste le alternative percorribili.

Di sicuro evitare l’uso di sostanze industriali in vigna e in cantina, comporta una produzione con rese più basse, e dunque guadagni minori.

Photo by Jeswin Thomas from Pexels

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