Lo scorso anno il Regolamento Europeo per le DOP e IGP, fu l’occasione per esaminare la vertenza che contrapponeva l’italiano Prosecco verso Prosek croato. Ne ho parlato in questo post.
Breve storia del Prosecco e del Prosek
Brevemente, a fine Cinquecento la Repubblica di Venezia produceva un vino dolce, un passito liquoroso che chiama Prosecco. Vengono usate uve locali, naturalmente, ed è usato per accompagnare pietanze dolci e anche salate. Il nome è la traduzione di una parola slovena, Prosek, che vuol dire “zona disboscata”, e Prosecco in effetti è una zona vicino Trieste. Visto che Venezia era una repubblica di commercianti, il vino viene esportato in molte zone dell’Europa orientale. Il nome Prosecco compare per la prima volta a fine ‘700 in un resoconto di viaggi di un abate padovano. Solo a metà ‘800 si accomuna il nome Prosek al vino Prosecco.
Dunque, stiamo parlando di un vino liquoroso, non certo di un vino spumante o frizzante. Allora l’abitudine di bere vini liquorosi e dolci era molto più in voga, rispetto ad oggi, soprattutto nelle corti nobiliari.
Nel 1821 si cominciano alcuni esperimenti per far diventare il Prosecco un vino spumante, grazie alla comunità francese che in quegli anni abitava a Trieste. Il loro scopo era cercare di trovare delle alternative allo Champagne: il marketing esisteva anche allora, e le mode cambiavano in fretta. Fu quello dunque il momento in cui Prosecco e Prosek si divisero: il Prosecco divenne il vino che conosciamo tutti, il Prosek rimase invece il vino liquoroso di due secoli prima.
Vini diversi, radici uguali
Dunque due vini del tutto diversi, anche in relazione alle vendite: di Prosek se ne producono poche migliaia di bottiglie l’anno, di Prosecco nel 2023 ne sono state vendute più di 600 milioni. Niente da confrontare, insomma. Il Prosecco è esportato in tutto il mondo, il Prosek è un vino decisamente locale.
Ora, il problema è che entrambi sono espressione della cultura di un territorio, hanno radici comuni ed è quindi difficile separarli. Nel 2021 la Commissione Europea aveva concesso alla Croazia di chiamare Prosek il loro vino, e questa decisione ha comportato una presa di posizione da parte italiana. Ci sono stati ricorsi e, come scrivevo, l’anno scorso è stato varato un nuovo regolamento che tutela i nomi delle IGP e DOP.
Naturalmente è un problema di assonanza del nome, una cosa che il Consorzio del Prosecco difende con le unghie e con i denti. La questione è solo questa, in effetti, visto che i due prodotti sono del tutto differenti.
Il Regolamento sulle IGP e DOP
In base al Regolamento, il nuovo ricorso della Croazia è stato respinto e quindi dovranno cambiare il nome del loro Prosek. Grande enfasi ovviamente da parte del ministro Lollobrigida e del presidente della regione Veneto, Luca Zaia: il prodotto vinicolo di punta della produzione italiana è spesso falsificato, ed il suo nome altrettanto spesso viene usato per essere associato a prodotti differenti. Da poco si è conclusa la disputa con il Prosecco australiano, ne ho scritto anche qui. In questo caso la strada scelta è stata diversa, ossia convincere i clienti australiani a smettere di acquistare Prosecco fatto nella Kings Valley.
In realtà, sebbene sia del tutto giusto difendere il brand del Prosecco verso Prosek, forse questa volta si poteva trovare una transazione amichevole. I due vini hanno, come ho scritto, le stesse radici, solo che ad un certo punto si sono divisi. Il Prosecco è ovviamente un vino noto in tutto il mondo, del Prosek nessuno ne sapeva niente fino a qualche anno fa, tranne i Croati della Dalmazia, ovviamente.
Comunque sia, il Consorzio del Prosecco ha ottenuto una nuova vittoria legale, e così anche la lotta contro l’Italian Sound ha fatto un passo in avanti. Da oggi quindi non ci confonderemo più quando berremo Prosecco contro il Prosek. Salute!
Foto di Pavel Danilyuk