La buona compagnia che arriva alla spicciolata, i saluti ed i ‘da quanto tempo non ci si vede’, la conoscenza di Gianluca Piernera, il produttore di Cantina Ninni, da Spoleto, l’accoglienza di Tiziana Gallo nella sua enoteca Vignaioli Naturali a Roma, sono tutti particolari che predispongono ad una buona serata a fare il duro lavoro di recensore e degustatore a titolo gratuito.
Quindi è un hobby? Si, esatto anzi di più, è un piacere poter parlare di vino ed incontrare altri che condividono questa passione.

I vini in degustazione
Gianluca è già lì, con un calice del suo Trebbiano Spoletino 2016 in purezza, una lama di acidità e sapidità in sapiente disequilibrio, idrocarburi e fiori secchi danno la linea degli aromi, solo dopo fa capolino la parte citrica e poi quella più lieve di fieno fresco.
Sorso di freschezza acida e calore alcolico, dichiara una struttura ancora ‘in fieri’, ma ha dalla sua quel tanto di morbidezza che favorisce la bevuta. Il finale di fieno fresco e nocciola lascia ben disposta la bocca, pronta ad assaggiare delle pappardelle al tartufo. ‘E’ il terreno, lì son tutte marne ed argille’, e se ne sente tutta la potenza.
Cantina giovane, il primo vino è del 2012, ben radicata nei Colli Martani a Spoleto, lui è affabile e tosto, si vede che ha fatto un gran lavoro per capire come tirar fuori il meglio da questo vitigno; anzi due, due cloni diversi delle stesse uve, vendemmiati separatamente e vinificati insieme in assemblaggio.
Finito il primo generoso assaggio si passa al Misluli 2016, Procanico e Malvasia Lunga in parti uguali vinificato con macerazione totale sulle bucce, lasciato ad affinare in botte grande per 4 mesi, poi in acciaio per altri 4 ed infine 6 mesi in bottiglia.
All’inizio quasi chiuso, si dimostra poi lievemente fumé, una roccia bagnata, mela verde, erbaceo, sapidità olfattiva. Anche al gusto la parte fresca la fa da padrona, in buon equilibrio con la morbidezza per dare a questo vino una struttura molto interessante. Il calore dell’alcool irrobustisce il sorso.
Un vino estremamente interessante, soprattutto per la sua capacità di modificarsi nel bicchiere e far uscire sentori di ampiezze differenti.

Terzo vino è il Sangiovese 2015 purosangue, con profumi terziari di selvatico e di fungo, già pronto grazie alla barrique, anche se in botte grande avrebbe avuto bisogno di un’altro anno. Al sorso si sente una buona struttura di tannini, forse ancora non proprio rotondi, ed altrettanto buona spalla acida che a volte sopravanzano la dolcezza morbida del sangiovese. Tra un anno dovrebbe essere al punto giusto.
Altre due etichette, fuori degustazione, portate da Gianluca per chiudere ottimamente la serata.
Il primo è il Diavolacciu 2015, un mix di Aleatico 10%, Sangiovese 10%, Montepulciano d’Abruzzo 40%, Barbera 20%, Ciliegiolo 15%, e per non farci mancare nulla anche quanto basta di Merlot. Questo vino composto fa 6 mesi in botte grande, 2 in acciaio e poi 18 mesi in bottiglia, ed è sul serio un bel bere. Potente è il primo aggettivo che mi è venuto in mente, molto gradevole alla bevuta morbida, all’acidità ed al tannino discreto e ben assemblato.
Da bere anche da solo ma non da soli, rende ancor più gradevole lo stare in compagnia, ma non disdegnerebbe un abbinamento con carni dai sapori forti.
Solo cronologicamente ultimo il Poggiolaccio 2015, tutto Merlot con 6 mesi di barrique, 2 di acciaio e 10 di bottiglia, da marasca iniziale e ciliegia sotto spirito a foglia di tabacco e sottobosco, lo rendono un vino che tra di noi a chiacchierare si diceva da meditazione, ma poi alla fine meditare su cosa?
Non certo sul secondo sorso, che porta con se tannino morbido e acidità rinfrescante il giusto, ottima per fare da contraltare alla morbidezza di questo vino. Un finale mediamente lungo.