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Volantini e comunicazione del vino

Il volantino che promuove vini Naturali, Biologici e Vegani (sic…) sta girando sui profili Facebook di parecchi wine lover. Ci sono alcune indicazioni che si possono trarre, secondo me.

Il volantino

Facendosi trainare dalla voglia di mangiare e bere in modo sano, nel depliant si fa riferimento a tre tipologie di vini, ossia Vegan, Biologico e Senza aggiunta di solfiti, insomma, a legger loro, 100% naturale, usando uno slogan che viene da 10 anni usato da Vini Veri.

Chissà se hanno mai pensato di metterci su un copyright.

Visto che manca, tranne che per il biologico, una certificazione riconosciuta, in realtà possiamo parlare di qualunque cosa.

Un vino vegan non è necessariamente più sano di uno di origine animale (qualunque cosa voglia dire questa sciocchezza, beninteso), perché esistono parecchie sostanze vegetali che sono o dannose per il vino o sintomo di una sua bassa qualità. Ad esempio i tannini liquidi, prodotti per estratto dalla corteccia di quercia, o l’aggiunta di gomma arabica (questo paragrafo è valido soprattutto per chi non conosce quasi nulla del vino, ossia chi lo compra generalmente alla GDO).

Tutte pratiche legalmente consentite, perfettamente lecite, e che non inficiano la natura vegan di un vino. Le stesse argomentazioni valgono per il vino senza aggiunta di solfiti, naturalmente, e pure per quello bio.

Qui la comunicazione fa ovviamente presa sui vari aggettivi, che tendono a convincere il consumatore che quelle bottiglie contengano un prodotto più sano di altri.

Vale ugualmente per tutti gli altri prodotti, dalla lametta per la barba allo stracchino del nonno.

Il supermercato in questione fa il proprio lavoro, ossia marketing, ed ha l’obiettivo di svuotare i propri scaffali.

Se ci riescono, son bravi.

E’ la pubblicità, bellezza, e tu non puoi farci niente. Niente.

Niente?

La comunicazione del vino

Per vendere un prodotto ci sono molte strade: farlo buono, distributore in gamba, clienti affezionati, prezzo basso. Ognuno fa come crede, legittimamente.

Ci si dimentica spesso che ci sono varie tipologie di consumatori, e questo vale per il vino, per le lamette da barba, per lo stracchino.

Se parliamo di vini naturali (e ci siamo capiti cosa voglio dire, spero), i produttori sanno che si stanno rivolgendo ad una nicchia e non alla massa, a persone cioè che generalmente non vanno a comprare il proprio vino al supermercato, ma in enoteca, in fiera o direttamente dal produttore.

Questo va bene a tutti, vignaioli e clienti, visto che spesso la produzione di questi viticoltori non supera le 50.000 bottiglie ad etichetta, a volte in totale. I clienti si sentono parte di un gruppo ristretto, agli eventi si trova sempre qualcuno che conosce qualcun altro, e con molto meno di 6 gradi di separazione potremmo raggiungere tutti i visitatori.

I vignaioli naturali si basano più di altri sulla comunicazione diretta con i propri clienti, vendendo con canali diretti o poco intermediati, fidandosi della rete di autorevolezza che hanno creato nel tempo.

In pratica sfruttano il loro brand, e lo sfruttano bene, anche quando alcuni si arroccano su posizioni enologicamente indipendentiste, autonomiste, addirittura separatiste. Anche questo fa parte della loro strategia di marketing.

Prima o poi, però, la GDO raddrizzerà il tiro, quando cioè vedrà che il brand ‘Vino naturale’ inizierà a produrre fatturati interessanti, ed anche aziende vinicole famose e con parecchi soldi da spendere si getteranno su questo filone.

Scenderanno in campo i pezzi da 90 della produzione e della distribuzione vinicola, magari prendendo vini naturali in bulk dal Sud Africa o dalla Nuova Zelanda.

I produttori naturali di vino, in Italia, hanno fatto e stanno facendo grandi passi avanti nel proporre i propri prodotti, e gli eventi a loro dedicati si moltiplicano rimanendo con una alta qualità di assaggi.

Ora però è il momento di lavorare sulla comunicazione, sulla pubblicità, sulla facilità di acquisto (soprattutto) e magari allearsi tra loro e con le altre realtà del proprio territorio, dagli alberghi ai ristoranti, dai musei ai negozi di artigianato locale.

Perché se non ti occupi di pubblicità, prima o poi sarà la pubblicità ad occuparsi di te, e lo farà a modo suo.

 

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