fondoLa discussione, se così vogliamo chiamarla, sul nome dei vini Naturali francamente mi fa ridere.

Vediamo di capirci: il vino che piace a me deve essere fatto manipolando il meno possibile prima l’uva in vigna, ed il mosto in cantina poi.

Quindi, i vini costruiti per avere aromi di ananas piuttosto che di ciliegia, resi più morbidi e meno tannici, lievemente dealcolizzati e magari imbottiti di solforosa, i vini così fatti non mi piacciono.

A mio avviso non sono vini, sono bevande in cui l’uva fornisce solo parte delle componenti.

Ci sono molti produttori però che usano la solforosa, lieviti selezionati per far partire la fermentazione e ciononostante producono buoni vini, digeribili, rispettosi del terreno, del vitigno, dell’annata. 

La divisione è lieve, visto che le tipologie di vino non sono un oggetto On/Off, con una soglia per cui al di qua sono Vini Naturali e al di là sono Vini Industriali Convenzionali.

Anche mettere gli ingredienti in retroetichetta non risolverebbe il problema.

I grandi produttori (CeViCo, ad esempio, con 1,3 milioni di ettolitri di vino prodotti all’anno), non si faranno certo impressionare dall’aggiunta degli ingredienti. Avranno tutta la possibilità di mandare qualche chimico o qualche enologo a spiegare in tv, alla radio o presso qualche trasmissione del cuoco, che durante la fermentazione vengono prodotti migliaia di composti molecolari, e che tenere traccia di tutti non è possibile.

E quando anche gli si dicesse, ai grandi produttori, di indicare gli ingredienti ‘aggiunti’, quelli potranno rispondere che basta andarsi a leggere il disciplinare o l’elenco degli ingredienti consentiti, già stanno scritti tutti lì.

Ma a mio avviso è tutta la discussione che sta diventando ridicola, anche per i modi con cui viene portata avanti.

Sia da parte dei produttori di Vino Convenzionale, che diventano paonazzi quando gli si parla di naturalità del vino, sia da parte dei produttori di Vino Naturale, che fanno a gara a dire ‘io sono più naturale di te’, ‘tu metti la solforosa, gné gné’, e menate simili. E soprattutto che creano, così un po’ a buffo, nuove associazioni dei Veri Vignaioli Naturali, o di quelli Verissimi, o di quelli Originali. Insomma, un bordello che la metà basterebbe. O i consorzi che si sbattono per convincere tutti che l’aggiunta di merlot al sangiovese lo migliora, tanto per dirne uno.

Dal mio punto di vista credo invece che lo sforzo dei vignaioli, Tutti, dovrebbe essere quello di difendere l’agricoltura, di cui fanno parte anche loro, evitare che i campi vengano espropriati per la costruzione di case che nessuno potrà comprare o, peggio ancora, farci passare delle ferrovie che nessuno vuole, tranne le multinazionali, ovviamente.

Oh, si dirà, non usando chimica aggiunta in vigna ed in cantina noi aiutiamo l’agricoltura, mentre Quegli Altri danno una mano alle multinazionali della chimica.

Vero. 

Ma perché non concentrarsi anche nel rendere la vita più semplice ai piccoli e medi produttori per quel che riguarda registrazioni, dichiarazioni, certificazioni, e scartoffie simili? Certo un’azienda che vende centinaia di migliaia di bottiglie non si preoccupa di questo, ci sono agenzie apposta che pensano a fare tutte le pratiche, stuoli di commercialisti e stagisti apposta.

Ma se qualche vignaiolo qui, di quelli più piccoli diciamo,  sta leggendo, mi dica: è proprio così contento quando deve fare la richiesta delle fascette della DOC o della DOCG? O quando deve comprare diritti d’impianto all’ultimo momento? O tutta la serie di registri da tenere ben in vista ad ogni ispezione?

Chi possiede una cantina rurale, diciamo, quindi senza linoleum, senza refrigeratori, senza intonaco alle pareti, sa quanta fatica debba fare ogni anno per convincere l’ispettore della ASL che il vino si può fare anche senza una cantina nuova di zecca, ma che risulti solo ‘semplicemente’ pulita e sana.

E se non filtra il proprio vino, ogni volta che lo porta al consorzio per passare l’esame della Denominazione d’Origine si domanda se riuscirà a convincere anche stavolta la commissione senza dover tornare indietro ed adeguare il colore del proprio vino a quello descritto nel disciplinare. Una cosa pazzesca, questa, tra l’altro.

Viste queste piccole cose, e ogni vignaiolo ne potrebbe fare un elenco ben più lungo, non è forse limitativo discutere solo su un fantomatico disciplinare per i Vini Naturali?

Il normale compratore di vino molto probabilmente non conosce nemmeno l’esistenza del Vino Naturale. Al supermercato non c’è nessuno che ti spieghi e ti consigli che vino acquistare, ed è ancora la GDO il canale principale attraverso cui si vende il vino, almeno come quantità.

Perché non fare, e lo ripeto ancora, degustazioni all’interno di un supermercato, o meglio ancora all’interno di un mercato rionale?

Basterebbero un paio di banchi con cinque o sei tipologie di vino, da variare di settimana in settimana. Le persone passano davanti, assaggiano, parlano con il produttore, si convincono del vino che bevono. E questo sarebbe un bene anche, e soprattutto, per quei vignaioli che vendono anche vino senza bottiglia, come lo chiama Lodovica Lusenti, il vino sfuso, insomma.

notavComodo, parlare da dentro le associazioni, durante le fiere dedicate ai Vini Naturali, da dentro la propria cantina.

Il rischio è quello di passare, e già è un dato di fatto, come radical-chic del vino, vini di sinistra con prezzi di destra, fighetti enologici. Vini di nicchia, 1% del fatturato totale.

Certo, interrogazioni come quella di Massimo Fiorio al Ministro Nunzia ‘Tre Bicchieri’ Di Girolamo, sono sinceramente ridicole, fatte oltretutto dichiarando pubblicamente di non conoscere praticamente niente di quel che avviene nel mondo del vino.

Forse tutta questa buona volontà parlamentare sarebbe meglio riposta se si evitasse di far distruggere campi e vigne per far passare un treno ad alta velocità che non porterà niente e nessuno da nessuna parte.

 

17 pensiero su “Vino naturale e discussioni ridicole (magari anche questa)”
  1. Perchè non aggiungere le migliaia di ettari tolti alla coltivazione per costruire quegli obbrobi che sono gli impianti fotovoltaici a terra? O quei seminativi a coltura intensiva per produrre biogas che sprecano più energia per coltivare i terreni che il biogas prodotto?

    1. Anche quello, Lorma. Probabilmente ci sono altri posti dove mettere gli impianti fotovoltaici senza distruggere terreni utili per le coltivazioni, così come il biogas. Grazie del tuo passaggio tra le Storie

      1. Ehm, ragazzi, quello schifo di impianti fotovoltaici li impiantani i proprietari dei terreni su cui sorgono e questo perché sono maggiormente remunerativi e meno faticosi del coltivare i campi. Quanto alle coltivazioni intensive per la biomassa, sono le stesse associazioni degli agricoltori che le propongono e le pubblicizzano mostrando che sono maggiormente remunerative rispetto a seminare mais o grano o altro che viene malpagato sul borsino.

        1. Si, come dicevo, si guarda all’immediato e sicuro profitto senza pensare almeno a medio termine. Grazie del tuo passaggio qui, Roberto

    1. Un ottimo esempio di come la tecnologia può essere vantaggiosa, anziché deleteria. La difesa e la cura del proprio terreno troppo spesso passa in secondo piano di fronte a guadagni facili ma di breve durata. Grazie del tuo passaggio tra le Storie.

  2. Ciao Rolando, sono tanti i motivi di riflessione suscitati dal tuo intervento,
    tu sai quanto abbiamo creduto nella denominazione comunale di Scansano, ti terrò aggiornato sugli esiti legali di questa meravigliosa intuizione veronelliana che, se fosse finalmente applicata e non osteggiata, aiuterebbe molto piccole aziende come la nostra inserite in terroir di pregio
    Andrea

    1. ciao Andrea. Si, scrivendo il post pensavo anche a I Botri ed al vostro Morellino. Sarà il caso che torno a trovarvi, così ne parliamo davanti ad una buona bottiglia? Grazie del passaggio qui.

  3. Condivido ciò che si scrive aggiungendo che oggi fascette Doc e Docg non rappresentano un sinonimo di qualità e tutela. Basta guardare i vini a fascia bassa che si trovano in GDO, tanti imbevibili ma che portano marchi consortili di tutela. Ed aggiungo che a tutte le cose ci deve essere un limite di buon senso:.. cosa vuol dire Naturale, quando ci si vanta di non usare solfiti e lieviti selezionati, per mettere in commercio vini imbevibili con acidità volatile altissime e tossine da fermentazioni lente più deleterie della solforosa stessa?

    1. Le acidità volatili alte, se il vino è ben fatto, spariscono con una buona ossigenazione, se invece rimangono allora hai ragione, c’è stato un problema. Le tossine da fermentazione ci sono in tutti i vini; il problema della solforosa non sta nella solforosa. Se ne viene messa all’imbottigliamento per la protezione del vino durante il trasporto, questa se ne va quando il vino viene versato nel bicchiere. Se invece viene usata per sanificare uve che sane non sono, allora questo è un problema: primo, per la solforosa, poi per il fatto che le uve, quindi la materia prima, non sono sane. E questo significa necessariamente l’utilizzo di lieviti selezionati, quelli che, come scrivevo nel post, ti regalano gli aromi di moda del momento.
      Ed inoltre, aggiustare acidità, tannini, morbidezza, aggiungendo monnezza, solo perché si vende, è la cosa peggiore che si possa fare.
      Per le fascette sono ovviamente d’accordo con te, Marco. Ma i produttori di vino dovrebbero porsi qualche domanda, quando siedono in consiglio nei Consorzi.

      1. sono molto d’accordo con l’amico Marco.
        Ci si scandalizza sull’utilizzo di lieviti selezionati??perchè sono selezionati perchè fanno il loro lavoro meglio di altri come facevano i nonni che tenevano i buoi migliori perchè più forti, qual è il problema??l’inoculo di batteri malolattici che per i cari produttori naturali sono uno scempio viene fatto per evitare la produzione di tossine indesiderate. Il vino del contadino è più buono tuonano i Naturalisti, beh preferisco un vino controllato monitorato in cui ogni scelta viene ponderata e non lasciata al fato perchè altrimenti sarebbe una roulette russa.
        A me l’acidità volatile non piace in un vino altrimenti berrei aceto e se il vino sa di etilfenoli è un vino con difetti mi fa cagare, se sa di ananas o pera o prugna o mirtillo qualsivoglia profumo si che mi piace, quelle molecole sono naturalmente presenti nell acino e soltanto la buona prassi di cantina che rispetta la materia prima le riesce a preservare.

        1. Un vino che sa di straccio bagnato è un vino difettato, non ci sono dubbi, qualunque metodo sia stato utilizzato per produrlo. E’ il concetto di vino Naturale però che è diverso. Dietro c’è una attenzione alla sanità delle uve ed al modo di produzione che lo rende più naturale, appunto, rispetto ad un vino dove acidità, morbidezza, tannini, alcool e profumi sono controllati dal chimico. Il vino del contadino non è più buono, è raro trovare produttori di vino naturale che lo dicano; certo è più digeribile di certe bevande spacciate per vino che si trovano in giro. Utilizzando prodotti di sintesi alla lunga ogni vino sarà uguale ad un altro, è come se tutti ci arredassimo casa da Ikea. Chardonnay tutti uguali, batterie di Sauvignon dove difficilmente ci si ricorda quale era il primo e quale l’ultimo, Brunello ‘migliorato’ dall’onnipresente Cabernet-Sauvignon. Lo spirito del vino Naturale è questo, ed è anche per questo che è difficile codificarne la produzione.
          Il vino costruito, quello che prende i 90 punti prima di uscire in commercio, quello che guadagna i 5 grappoli o i 3 bicchieri tutti gli anni, non fa altro che impoverire la grande varietà di vini, di territori e di climi che possediamo soprattutto in Italia.
          Un vino costruito è banale, un vino difettato è sgradevole.
          E certo però che a quanto leggo dai commenti a questo post, anche solo la parola di Naturale fa paura: e pensare che stiamo parlando del solo 1% del fatturato.

  4. Mi spiace doverla contraddire ma dichiarazioni in cui ammetto di non sapere nulla sul mondo del vono non ne ho mai fatte. L’interrogazione è una provocazione, mi sembra chiaro. Quella dicitura, mi spiace ricordarlo e non dipende dal sottoscritto, è normativamente problematica. Tutto qui. Vedo un proliferare di iniziative intorno alla questione e sono sicuro, ripeto sono sicuro, che qualcuno se ne sta approfittando.

    1. Ho notato che quando uno dice una cosa sulla quale sono tutti contrari, se la cava sempre dicendo che era una provocazione. Bel sistema retorico, dovrò segnarmelo

  5. Ci sono vini naturali che fanno schifo come vini
    ‘costruiti’ che fanno altrettanto schifo.
    Sono enologo e ho imparato l’enologia per avere
    Vini a posto e possibilmente con meno difetti possibili.
    Mio nonno con la terza media faceva vino, buon vino,
    Ma come veniva, veniva. Penso che per essere vignaioli
    Bisogna essere preparati e competenti. Tanti nascondono tanta
    Incapacità dietro a scuse di naturalità o biologico.
    Basta prenderci per il culo!

    1. Certo, alcuni vini nascondono i propri difetti con la scusa di essere naturali, mentre invece sono solo venuti male. Ed è vero anche il contrario, vini industriali ben fatti e buoni. Io non discuto su quale tipo di vino sia migliore o peggiore in assoluto, il che sarebbe perlomeno presuntuoso da parte mia. Dico solo che un produttore di vino naturale riesce ad ottenere ottimi vini, longevi e complessi, senza doverci aggiungere tutta la chimica possibile (e lecita, ci tengo a dirlo). Certo, deve conoscere le proprie uve, deve aver studiato, deve avere l’esperienza e la conoscenza del proprio territorio, si deve sentire che in quel vino c’è il 2010 o il 2007. Questo, sai bene, comporta più fatica che non demandare il risultato finale all’aggiunta delle polverine. E attenzione, non sto assolutamente dicendo che un enologo faccia solo questo, me ne guarderei bene anche solo per rispetto delle persone. Ma la strada facile piace a tutti.

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