Chi ha risentito pesantemente dell’aumento delle vendite di vino sfuso a scapito di quello imbottigliato è il Sudafrica, con ripercussioni sociali non indifferenti.

Ci viene ancora in aiuto un report de I Numeri del Vino, da cui sono tratti i dati.

Il Sudafrica ha in media una capacità di export fra i 3.5 ed i 4.2 milioni di ettolitri di vino, con i bianchi in aumento rispetto ai rossi.

Però mentre nel 2008 lo sfuso costituiva il 41% dell’esportazione, nel 2012 la percentuale è arrivata quasi al 60%.

Il mercato principale per il vino sudafricano è sempre stato il Regno Unito, che nel 2009 ha acquistato il 36% del suo vino. A seguire Germania ed USA.

I due maggiori acquirenti inglesi del vino sudafricano sono Tesco e Sainsbury, i colossi della GDO d’Oltremanica; fino a qualche anno fa riuscivano ad acquistare a buoni prezzi vino sfuso dall’Australia, utilizzando la tecnica di trasporto del Flexitank di cui ho parlato anche nell’articolo precedente.

A causa, anche, del cambio sfavorevole con il dollaro australiano, i due big customers si sono rivolti al Sudafrica, imponendo una diminuzione di prezzi, obbligando di fatto i grossi produttori del paese dell’arcobaleno a vendere sfuso il proprio vino, utilizzando per il trasporto i già citati Flexitank.

Il valore quindi del vino totale venduto dal Sudafrica è fortemente diminuito, visto che in questo modo gran parte del guadagno si ha a casa dell’acquirente, che fa da imbottigliatore, e non a casa del produttore; questo ha causato nel 2012 una piccola, ma feroce, guerra commerciale tra i due paesi.

Infatti il Sudafrica è, a sua volta, uno dei maggiori clienti del whisky inglese: Vino Sfuso nel mondonel 2011 sono stati importati 129 milioni di sterline di whisky, mentre le esportazioni di vino sudafricano verso lo UK sono state poco più di 75 milioni di sterline.  Il governo di Pretoria quindi ha chiesto che anche la Gran Bretagna esportasse whisky sfuso, anziché imbottigliato, così da rendere meno grave il divario nella bilancia commerciale. Difficilmente la Gran Bretagna accetterà lo scambio, anche se a ottobre dello scorso anno il segretario inglese per il Commercio, Vince Cable, ha incontrato il ministro per il commercio e l’industria di Pretoria, Rob Davies, tentando un accordo che preveda aiuti basati su un programma per la riduzione di imballaggi e di anidride carbonica. 

Questa situazione ha portato ad un aumento della disoccupazione del personale che lavora nelle fattorie, già con una situazione al limite (o anche oltre) dei diritti umani. L’associazione no-profit Wines Of South Africa (WOSA) ha stimato una perdita di 107 unità per ogni 10mila litri di vino sfuso esportato, e questo a causa anche della riduzione di lavoro dovuto alla assenza delle operazioni di imbottigliamento.

Si sono perduti fino ad ora circa 700 posti di lavoro, ed il trend negativo non pare diminuire.

Il Sudafrica ha quindi un problema non solo di tipo economico, ma anche di tipo sociale, visto che l’agricoltura (vino e frutta) occupa l’1,5% della forza lavoro totale.

Le condizioni di chi lavora nelle vigne è, come dicevo sopra, ai limiti dei diritti umani, o, per usare le parole del direttore di Human Rights Watch (HRW) per l’Africa, Daniel Bekele, parlando del vino sudafricano: “…la salute ed il benessere che questi lavoratori producono non dovrebbe nascere dalla miseria umana. I lavoratori delle fattorie che producono vino e frutta hanno vite lugubri e pericolose”.

Nelle regioni vinicole del Sudafrica è un continuo susseguirsi di turisti e compratori che si muovono tra le migliori residenze e cantine situate tra Franschhoek e Stellenbosch, ma i contadini vivono in case che sono veri e propri tuguri. Inoltre, in caso di licenziamento, il contadino, che spesso ha con se tutta la propria famiglia, si vede sfrattato anche da queste abitazioni, o costretto ad andar via perché la proprietà taglia loro luce ed acqua. 

Il prezzo di questi lavoratori viene, in pratica, stabilito da Tesco, che stabilisce i prezzi dei vini da acquistare. Così si ha sia perdita di posti di lavoro a causa del mancato imbottigliamento, che diminuzione dei livelli di vita di quelli che faticano nei campi e nelle vigne.

Un portavoce di Tesco, intervistato da The Indipendent, afferma che “…[il vino del Sud Africa] ci consente di mantenere bassi i prezzi per i nostri clienti ed anche di tenere bassa la ‘firma carbonica’ (ossia l’ammontare di CO2 emessa per litro di vino trasportato).” (Considerazione personale: Ed ecco come, utilizzando in modo furbo le indicazioni sul risparmio energetico, si giustifica la perdita di lavoro di centinaia di persone ogni anno. )

Non sono solo i lavoranti in vigna a soffrire, beninteso, sebbene la loro sia la situazione più difficile.

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