Si torna, finalmente, con il numero 22 del World Wine Web dopo una pausa tecnica, con notizie piuttosto succulente.

  L’editore del Nikkei Shimbun, il primo quotidiano di economia e finanza del Giappone, ha acquistato il Financial Times da Pearson per oltre un miliardo di euro. Tra l’altro l’indice di borsa giapponese prende il nome proprio dalla casa editrice, che pubblica sul Nihon Keizai Shimbun dal 1971 un indice con le maggiori 225 società quotate e che da allora è diventato il riferimento per la Borsa di Tokio. Naturalmente una delle prime affermazioni dell’editore giapponese 日本経済新聞 è stata la rassicurazione ai giornalisti del Financial Times che la proprietà non entrerà minimamente nelle scelte editoriali e men che mai nel particolare degli articoli e delle analisi. Anche la nostra Jancis Robinson, che scrive settimanalmente sul Ft, ha voluto dire la sua. Leggendo l’articolo scopriamo che Pearson è proprietario anche della Penguin, che tra le proprie pubblicazione ha Wine Grapes, e che il Ft investe ben il 70% nell’edizione online piuttosto che in quella cartacea. Sarà interessante vedere se, e come, ci sarà una svolta nel mercato del vino in Giappone.  

Potrebbe essere interessante, in effetti, visto che la Cina non tira più come lo scorso anno. I dati infatti confermano una pesante riduzione nelle importazioni di vino, fino al 16%. C’è però da dire che due wine vendors hanno contenuto le perdite o addirittura aumentato le quote di mercato verso Pechino. La prima è la Francia, fornitore consilidato del mercato cinese del vino che ha limitato all’8% le proprie perdite, e l’Australia che è riuscita ad inserirsi nelle pieghe lasciate dal resto del mondo, aumentando di ben il 51% il proprio fatturato, arrivando ad un prezzo medio di 8.70$/litro.

Avete in mente di cambiare lavoro, o l’azienda dove lavorate versa in brutte acque? Buttatevi nel vino! Questo almeno quanto ci racconta L’Oreal Thompson Payton, nota storyteller, IGer, fashion blogger e quant’altro (solo dal soprannome dovreste aver capito il tipo). Sembra il profilo di una fancazzista, ma a quanto pare fa su un sacco di soldi e incontra un sacco di bella gente. Come Crishon Lampley, proprietario della catena di negozi e della cantina Love Cork Screw, che produce vini che si chiamano Head over Heels (Testa sui tacchi…), o Good Times, Good Friends. Insomma, se riuscite a leggere l’articolo senza rovesciare la vostra bibita preferita, verrete a sapere che per diventare un esperto vinaio (vintner però suona meglio, più cool, no?) dovete associarvi ad un esperto, credere nel vostro istinto, lavorare duro. Insomma, come quando dovete ridipingere la sala da pranzo, direi.

Le liste dei vini, quanti post abbiamo visto passare sui wine blog (anche su questo, in realtà) dove si danno consigli, si esaltano o si denigrano? Quante volte abbiamo parlato del ricarico sulle bottiglie nelle liste dei ristoranti? Il problema non è certo solo del Bel Paese, come sapete; in Francia e Spagna quasi non potete avvicinarvi ad una bottiglia di vino, mentre mangiate, e spesso vi rifilano etichette che sfiorano la potabilità. Anche Lettie Tague su The Wall Street Journal si pone la domanda e racconta un po’ di cose, con tanto di nomi e cognomi e prezzi, anche questa una cosa impensabile qui da noi, dove rischi una denuncia per diffamazione se dici, e spieghi, perché in un certo ristorante hai mangiato male, bevuto peggio, e pagato salato. Il post ci mostra esempi di vini con ricarichi medi di tre o quattro volte, ed anche qualche prezzo davvero esagerato. Se è capitato anche a voi, sapete di cosa parlo.

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