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Benvenuto Brunello 2013 – Due mesi dopo I

bb2013_1Sono felice e rilassato. Questo post non si propone di aggiungere nulla e non è di attualità: su Benvenuto Brunello 2013 è stato già detto tutto e molto tempo fa. Quindi posso sragionare liberamente, rimettendo insieme con metodo e caraibica rilassatezza riflessioni e note. 

Vado amando la 2008 con crescente trasporto. Mi ha conquistato per l’ironia, annata così beffardamente plastica e sfuggente da far parlare di sé in tutti i possibili modi, già dall’ante-anteprima riservato agli eletti. L’amo già per la varietà espressiva che ha prodotto, risultante dagli assaggi con clamore pari a quello delle schermaglie tra critici discordi: benvenute anche loro e addio ai convenevoli.

Un’annata ostica e deprimente per tassonomisti del vino, zelanti adepti di classifiche e ratings e grisaglie d’assalto: perché ha il pregio e la sfrontatezza di ridicolizzare stelle, summae, keywords e qualsivoglia giudizio onnicomprensivo. Eppure, siccome suole, di questi giudizi è continuata la generosa distribuzione per ogni dove e per ogni gusto. È incauto trarre conclusioni affrettate: per ora, secondo me si tratta di una magnifica annata volubile e variopinta, atta a mettere a nudo l’incongruità dei sommari e la bellezza della varietà. A questo anche serve Benvenuto Brunello.

Con minor passione si potrebbe parlare di un quadro controverso. L’andamento climatico habb2013_2 determinato scostamenti sensibili nei riscontri qualitativi ed espressivi al variare delle sottozone e del periodo di raccolta. Un quadro anche molto differente da quello del lauto, pentasteroideo 2007, secondo alcuni un anno locupletato di favori esagerati – prova ne sarebbero i numerosi esempi di stramba, pingue, grassa atipicità – e secondo la vox populi molto buono, come già da tempo era scritto nelle stelle. Una vendemmia, la 2007,  per accoliti del Barocco, alla quale segue la 2008 divisionista: scissa e dispersa in molteplici linee, correnti e colori. Meno estro, larghezza e potenza, dilavati gli orpelli larghi e grassi, frutto meno ingombrante e freschezza più immediata. Ma anche presenza e tensione più discrete e una contestura più leggera, larga di maglia. In breve: annata intermedia, con tante pregevoli versioni in questa chiave, soprattutto quelle che hanno reso fedelmente la determinante territoriale e la contingenza legata al particolare andamento climatico. A tutto vantaggio, ribadisco, di una maggior varietà espressiva.

Dalle rassegne precedenti riesce confermato un topos pittoresco. Non è vero Benvenuto Brunello senza almeno un vino-Lola. Non passa lo straniero, i barbari non hanno valicato il limes del sangiovese grosso, eppure c’è chi non regge e decisamente, voluttuosamente si incapriccia del travestito.

Come l’anno scorso e nei tre precedenti, come nella canzone, appare a un tratto questa creatura più densa di colore e di odore. Ammiccante, conturbante, magnificamente parata per sedurre gli sprovveduti.

Neanche arriva, già vi testa in un torrido e torbido ballo. Se siete gente di mondo e cultori del transgender, guardatela pure negli occhi: ha un magnetismo esotico che, se proprio non pietrifica, certamente lignifica. Lo comprenderete quando vi avrà cacciato la lingua in bocca. Una grossa lingua da bue, carnosa e rasposa, saporita di frutto e gonfia di quella pliant texture che così piace ai trasgressivi come la sorpresa finale, nodosa e allegante.

Affari e tannini vostri. 

 

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