La COP28 era iniziata tra molte polemiche, proprio perché si è tenuta a Dubai negli Emirati Arabi produttori di petrolio. A presiederla c’era il presidente della più grande azienda produttrice di carburanti fossili degli emirati. Per capire se sia stata un flop o se invece la famosa formula di phase down, ossia transizione, dei carburanti fossili sarà qualcosa che porterà risultati visibili, bisognerà attendere.
COP28 e mercato
Tutti i settori si chiedono quali saranno, se ci saranno, le conseguenze degli accordi e dei protocolli d’intesa sul loro segmento merceologico. Anche i produttori vinicoli si fanno queste domande, visto che COP28 e industria del vino potrebbero essere un binomio vincente. Nel 2022 le temperature globali hanno superato di 1,5°C la media delle temperature, un numero che l’accordo di Parigi considerava già pericoloso. Con la attuale curva di aumento delle temperature rischiamo di arrivare al 2050 con un aumento di 2,8 gradi centigradi. Queste sono temperature medie e alcune zone vinicole potrebbero non essere più adatte alla crescita dell’uva. Naturalmente il problema riguarda tutta la produzione agricola.
Nonostante l’80% dell’energia mondiale sia fornita da combustibili fossili e oltre 100 paesi volevano impegnarsi per arrivare a mettere fine alla dipendenza dal petrolio, come sapete l’accordo raggiunto ha fatto uso della parola “transizione”, invece che “eliminazione” globale. Sono accordi scritti, le parole hanno un forte peso e rappresentano il compromesso che era evidente fin dall’inizio. La decisione stessa di tenere la COP28 a Dubai è stata un controsenso, come mettere la volpe a presiedere il comitato sulla sicurezza dei pollai.
I produttori di vino verso la strada giusta
Da qualche anno vediamo aumentare le devastazioni dell’impatto del cambiamento climatico sulle regioni vinicole di tutto il mondo, dalla scarsità d’acqua e dalla siccità agli incendi boschivi, agli uragani e alle gelate inaspettate. Molte aree hanno dovuto affrontare cambiamenti climatici estremi, con l’Italia particolarmente colpita da siccità seguita da forti piogge. La Francia ha sofferto di condizioni climatiche difficili in tutte le sue aree principali, i viticoltori di tutto il mondo hanno dichiarato che i loro vigneti sono traumatizzati dalle condizioni ambientali. I produttori di Prosecco hanno descritto il 2023 come il loro “annus horribilis. In Spagna quest’anno la siccità e il caldo hanno seriamente compromesso le rese, mentre nella Columbia Britannica e nelle regioni del Niagara le profonde gelate primaverili hanno ucciso molte viti.
Ma quindi che azioni si possono prendere per diminuire l’impatto ambientale, che cosa può fare l’industria vinicola in particolare? Accordi della COP28 e industria del vino possono essere compatibili?
Diciamo che le aziende vinicole si stanno già muovendo da qualche anno nella direzione giusta, pure con qualche difficoltà e lentezza. L’industria del vino è i legata all’industria del vetro e dei trasporti, quindi lo sviluppo di energie alternative, di riciclaggio del vetro e uso di materiali diversi e più leggeri sono gli obiettivi da raggiungere. I produttori di vetro stanno sviluppando i loro piani per energia “pulita”, le aziende di distribuzione stanno lavorando su metodi di trasporto e fonti energetiche più ecologiche e i governi stanno (lentamente) prendendo in considerazione le politiche e le infrastrutture di riciclaggio.
Diminuzione delle emissioni
Anche le tecnologie di abbattimento e di cattura della CO2 sono state oggetto di discussione alla COP. Ci sarebbero fondi da investire in questa direzione, uno sviluppo non solo sostenibile ma uno sviluppo per la sostenibilità. C’è tutto un sistema di quote tra chi produce più anidride carbonica e chi ne produce di meno, un vero e proprio mercato di tonnellate di CO2 fatto in modo che i paesi più virtuosi possano vendere quote di risparmio ai paesi che invece non riescono, o non vogliono, diminuire le emissioni. In realtà le conclusioni della COP28 non sono state un grande risultato, ma poteva anche non esserci nessun risultato.
L’industria vinicola, tramite la conservazione della biodiversità, e il ripristino degli habitat nei propri terreni potrebbe avere un forte peso. I vigneti hanno un potenziale di sequestro di CO2 relativamente alto e alcune aziende vinicole misurano già il loro “bilancio” del carbonio, la cosiddetta carbonic footprint. Recentemente è stato stimato che il valore di CO2 passerà dalle attuali 25 sterline a tonnellata a 500 sterline a tonnellata nel 2050, il che rappresenta un incentivo potenzialmente tangibile per le attività viticole sostenibili, che potranno vendere le loro quote risparmiate.
Cambiamenti climatici, un problema anche per il vino
Naturalmente COP28 e industria del vino sono solo un piccolo argomento di tutto il problema. Si è parlato anche di agricoltura e salute, ovviamente, perché il cambiamento climatico comporta minori raccolti e cibo di qualità più scarsa, provocando nelle popolazioni già fortemente penalizzate un peggioramento delle loro condizioni sanitarie. Possiamo mettere tutte le leggi e i muri e i fili spinati che volete, ma quando un gruppo di persone vede le terre dove coltiva il cibo completamente distrutte dalla siccità, dalle inondazioni o dalle locuste, difficilmente possiamo fermare questi popoli che vogliono spostarsi in zone più favorevoli. La previsione è che dopo il 2050 ci saranno 1 miliardo di rifugiati climatici, 1 miliardo di persone che dovranno lasciare la propria terra per cercane una più fertile. L’industria agroalimentare contribuisce a circa un terzo delle emissioni di gas serra.
Il nostro attuale sistema alimentare è responsabile del 30% delle emissioni climatiche e del 60% della perdita di biodiversità, quindi non possiamo affrontare il cambiamento climatico senza trasformare il modo in cui produciamo e consumiamo il cibo – e il vino sarà quindi incluso nell’obiettivo Net Zero entro il 2050.
Kate Norgrove (WWF)
Produttori di vino per l’azione climatica
Fra i critici, fra chi avrebbe voluto un accordo più specifico, c’è anche l’International Wineries for Climate Action (IWCA) – un gruppo che rappresenta 140 aziende vinicole in tutto il mondo. Anche l’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV) è intervenuta, spiegando che se quest’anno la produzione mondiale di vino è diminuita del 7%, è soprattutto a causa dell’impatto del cambiamento climatico.
A parte le preoccupazioni più che legittime da parte di molti, è comunque la prima volta in 30 annii di colloqui sul clima che le nazioni hanno concordato almeno una riduzione dell’uso dei combustibili fossili. In ogni caso la IWCA, in una lettera aperta, ha tenuto a ribadire il proprio impegno nella lotta contro il cambiamento climatico ed hanno detto di essere convinti sostenitori dell’iniziativa Race to Zero delle Nazioni Unite. Il gruppo è composto da 46 membri che rappresentano 140 aziende vinicole e il 2% della produzione totale di vino in tutto il mondo. L’associazione ha dichiarato che la necessità di un clima stabile e di garantire la qualità dei suoli significa che la riduzione delle emissioni deve essere “in cima all’agenda”. Di conseguenza, l’associazione sta spingendo affinché la COP annunci una data di fine dell’uso dei combustibili fossili alla prossima conferenza che si terrà in Azerbaigian nel 2024.
“Se non raggiungiamo l’obiettivo di 1,5°C, la nostra sopravvivenza a lungo termine come settore economico è messa a rischio e saremo costretti ad affrontare impatti significativi dovuti a cambiamenti climatici sempre più dannosi“, ha concluso l’associazione.
Conferenze ambientali, COP28 e industria del vino sono anche negli obiettivi dell’OIV, che ha dichiarato che la produzione mondiale di vino è diminuita del 7% quest’anno, raggiungendo un minimo che non si vedeva da 60 anni, in gran parte a causa degli effetti del clima.