E’ passato molto tempo, troppo in realtà, da quando ho stappato una bottiglia di Chardonnay prodotto dalle sapienti mani di Gilles e Catherine Vergé. Dal 2012, come ho dato anche conto nel mio precedente post, quando stappai la 2006.

Lo Chardonnay di Borgogna mi ha sempre affascinato, per i suoi connotati più asciutti, meno burrosi rispetto a quanto si beve normalmente.

Degustazione

Non è certo un vino semplice, visto che la complessità di questo vino spesso lascia la bocca lievemente appesantita, ma regala sicuramente una buona esperienza di bevuta.

La appelation Viré-Clessé è stata costruita proprio per sottolineare le caratteristiche di questi Chardonnay, circa 400 ettari dedicati completamente a quest’uva.

Il 2011 aperto qualche giorno fa mi ha dato l’impressione di una migliore fattura rispetto alle bottiglie aperte altre volte, già dal colore che si mostrava ben limpido nel bicchiere, al contrario di altre stappature precedenti dove c’era una lieve torbidezza iniziale.

I profumi sono lenti a salire, per poi disporsi ordinatamente alla prova olfattiva che risulta meno esplosiva ma più matura, nessun cenno di ossidazione e pulizia aromatica immediata. Mela verde e albicocca, ananas e salvia, pera e ginestra, queste sono le prime immediate sensazioni coperte poco dopo da una salinità marina che va e viene. Finale armonico di sentori erbacei.

Equilibrio e maturità

L’assaggio conferma l’impressione olfattiva di una ritrovata pulizia, un equilibrio fra morbidezza e acidità che nelle annate precedenti facevo più fatica a trovare. Non è un giudizio di qualità, è semplicemente una evoluzione, a mio parere, sia del vino che del vostro degustatore.

La freschezza con cui arriva al palato viene accerchiata dalla morbidezza dello Chardonnay, mentre la parte sapida rende l’acidità quasi agrumata. Ritornano anche alla bocca i ricordi di pera e albicocca, erbe aromatiche.

Finale discretamente lungo e bocca per nulla appesantita, che preparano al prossimo sorso o al successivo boccone di cibo. 

Se poi parliamo di abbinamenti, direi che uno dei più classici pranzi domenicali, carbonara e fettina con panatura impreziosita da timo e origano, sono praticamente perfetti.

In conclusione, rispetto alle annate precedenti ho trovato una miglior consapevolezza delle potenzialità del vino, più maturo nella ricerca dell’equilibrio senza per questo snaturare le sue caratteristiche.

Vedremo la seconda bottiglia fra un paio di anni se saprà mantenere queste caratteristiche.

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