Nonostante la crisi finanziaria del 2007 qui da noi in Italia si stia prolungando ben oltre il consentito, agli Italiani il pallino del risparmio non è passato. Anzi, quei pochi che hanno qualche avanzo di liquido spesso lo tengono ben stretto guardandosi attorno per capire come farlo fruttare al meglio.

Diversificare gli investimenti

Ecco quindi un (ri)fiorire di prodotti finanziari fantasiosi e più o meno speculativi, a cui però l’Italiano medio si avvicina con estrema cautela, dovuta sia alla naturale sfiducia in chi gestisce il denaro, sia alla scarsa conoscenza del funzionamento di economia e finanza.

Ci si rivolge allora ai beni rifugio, oro fra tutti, ma adesso anche diamanti o, per i più bravi, materie prime come le Terre Rare.

C’è però anche un altro interessante canale da considerare, quello delle bottiglie pregiate di vino, con fondi di investimento dedicati o battute alle aste di Sotheby’s o Christie’s, ricercate dai collezionisti cinesi e pagate a volte con cifre astronomiche per una bottiglia di vino.

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Nel corso degli anni sono aumentate anche le truffe, naturalmente, ed i prezzi sono stati inflazionati anche dalle molte società che hanno approfittato dell’ignoranza dei compratori. La pratica poi di acquistare i vini prima che vengano posti in commercio, dei veri e propri futures del vino, ha contribuito ad aumentare le quotazioni. Esiste un vero e proprio indice dei prezzi dei Fine Wines, un Dow-Jones del vino, il Liv-Ex Fine Wines 100, che ci dice in media come variano i prezzi. 

Vino da collezione nel caveau

Le regioni gettonate sono sempre le stesse, dai Gran Cru della Borgogna agli Chateau di Bordeaux, dalla Valle del Rodano ai Cabernet Sauvignon della Napa Valley, senza lasciar dietro l’Australia, dove però l’unica etichetta desiderata da collezionisti ed investitori è Penfold. 

Per l’Italia si va sul sicuro, i Barolo del Piemonte su tutti e a seguire Supertuscans e qualche Brunello, una manciata di grandi e storiche aziende. 

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Tra i vini più costosi c’è il Domaine de Romanée-Conti Grand Cru ’78, venduto ad un’asta da Sotheby’s nel 2015 per 20.000$, mentre l’australiano Grand Hermitage di Penfold ’51 è quotato attorno ai 28.000$. Ma questi sono, in ultima analisi, vini che possono essere bevuti, seppur con tutte le attenzioni del caso.

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Se invece parliamo di bottiglie da collezione, trattate alla stregua di preziose statue o dipinti, non possiamo non citare lo Chateau Lafite del 1787, una bottiglia che sembra sia appartenuta alla collezione privata di Thomas Jefferson, ed acquistata nel 1985 da Malcom Forbes (il proprietario della rivista) per 117.000$.

Il tempo migliora il vino (ed il suo valore)

Quel che è interessante non è però il costo iniziale, ma l’andamento del prezzo nel tempo, rendendo quindi queste bottiglie un vero e proprio investimento che, invece di risentire della crisi, ne è agevolato ed incoraggiato. Basta guardare un paio di grafici come quello qui sotto.

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Dal 2012 al 2015 i prezzi in media sono diminuiti, ma nel 2016 si è registrato un forte aumento del ritorno degli investimenti, pari al 16%. La liquidità messa in circolazione subito dopo la crisi del 2007 ha consentito ad alcuni investitori l’acquisto di bottiglie da collezione a prezzi esorbitanti, ed il trend si è fermato solo nel 2011 con un brusco rallentamento. 

Se siete interessati, fatevi un giro (virtuale) da Sotheby’s, ad esempio, per rendervi conto di cosa stiamo parlando. Lo scorso anno in una serata in cui veniva messa all’asta una collezione da 7 milioni di $, quasi la metà era composta da pregiate bottiglie di vino.

Tenetevi ben stretta la bottiglia che vostro zio vi ha regalato qualche anno fa e di cui non avete mai sentito parlare, spolveratela e andate a cercare qualche notizia in rete: potreste avere tra le mani l’anticipo della vostra prossima villa.

E’ un buon affare investire in bottiglie pregiate: male che vada, potrete sempre bervi il vino.

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