Torno sull’argomento vendemmia 2023 in Italia, del calo dei consumi e i cocktail a base di vino. Questa è una tendenza in tutto il mondo vinicolo, dall’Europa agli Stati Uniti il vino non è più di moda, a quanto pare. Forse non lo è mai stato, nel senso che gli appassionati sono sempre più una nicchia rispetto ai bevitori di vino e di alcolici in generale.
Il vino ha poco appeal
Scrivevo qualche post più indietro che negli USA ormai il vino è in fondo alla classifica del gradimento dopo birra, spirits e hard drink. Italia, Francia e Spagna, che insieme producono la metà del vino mondiale, vengono da almeno due anni di giacenze in cantina, insomma vino invenduto, vino naturalmente non da invecchiamento ma vino che andrebbe venduto entro un anno dalla vendemmia. In totale quindi, solo in questi tre paesi, ci sono una decina di milioni di ettolitri di vino che non è stato imbottigliato e rimane ad occupare botti che andrebbero invece svuotate per usarle per il vino nuovo. Venderlo come prodotto da distillazione non è una soluzione duratura, soluzione che oltretutto è a carico della fiscalità generale e quindi anche delle tasche di chi non beve proprio vino. Qualcuno però sta pensando che può essere una buona soluzione usare il vino per i cocktail.

Il vino per I drink
Mariya Kovacheva, maestra sommelier e responsabile regionale della formazione sul vino per le Americhe presso Pernod Ricard, ritiene che ci siano molteplici fattori che contribuiscono alla recente impennata di popolarità dei cocktail di vino, come il fatto che il vino abbia una percentuale di alcol molto più bassa rispetto a distillati e liquori usati nei cocktail più tipici. Inoltre i consumatori associano il vino ad un prodotto più naturale e meno dannoso per la salute rispetto ad uno spirit, e anche questo è un fattore di cui tener conto.
Secondo Fabio Raffaelli, maestro barman e ambasciatore del marchio nordamericano per Martini & Rossi, c’è qualcosa che sta spingendo i drink a base di vino: “Penso che la tendenza sia iniziata con lo spritz“, dice, spiegando che questo tipo di bevanda è classificato come un cocktail di vino con una sorta di elemento frizzante, gassato o bollicine, sia esso una varietà di vino frizzante, acqua frizzante, o tonico.
“Lo spritz è un cocktail che nasce nella zona del Veneto e in particolare Venezia, ovviamente. Quindi in origine lo spritz era un bicchiere di vino bianco con pochi cubetti di ghiaccio e un po’ di acqua frizzante”, spiega.
Una soluzione ad un mercato in contrazione
Quindi forse spingere su questo tasto potrebbe essere positivo, soprattutto se si riesca ad associare una nuova bevanda con un nuovo packaging. Le risorse di marketing e le idee non mancano di certo e magari potrebbe essere il momento di svolta per diminuire l’uso del vetro e andare verso contenitori alternativi e riciclabili o riusabili con una spesa minore. Lo vedremo l’anno prossimo, naturalmente, ma negli USA si aspettano che quest’anno i vini spumanti e frizzanti, le bollicine insomma, gli sparkly wines, possano superare nelle vendite anche le birre grazie al loro utilizzo nei cocktail a basso tenore alcolico.
Il mercato dei cocktail a base di vino può legarsi al trend positivo dei cocktail. Gli RTD (ready to drink), le bevande a basso tenore alcolico come spritz e succhi di frutta addizionati con vini fermi o spumanti, insomma questo mercato qui viene dato in crescita nei prossimi cinque anni. Entrare con i propri vini in questo settore quindi non sembra una cosa sbagliata, soprattutto in un periodo in cui il vino sta diminuendo il suo appeal verso il consumatore medio, quello non appassionato, non il wine lover.
E ovviamente occorre sempre tenere conto che non sono tutti wine lovers come voi e me.
La ricetta dello spritz
Ingredienti
3 parti di Prosecco (9cl)
2 parti di Aperol (6cl)
1 parte di soda (3cl)
1 fetta di arancia
Preparazione
Mettere qualche cubetto di ghiaccio in un bicchiere di tipo balloon con stelo
Versare il Prosecco seguito dall’Aperol e dalla soda. Usate la fetta di arancia per guarnire e alla vostra salute!