Sono ormai due anni che nelle cantine mondiali si hanno eccedenze nelle giacenze del vino, ossia vino che non è stato venduto. Significa che nel momento in cui si inizia la nuova vendemmia, ci sono ancora tanti ettolitri di vino nelle botti.

Le giacenze mondiali del vino

Inquadrare produzione e consumo di vino mondiale non è semplice, i dati vengono aggiornati ma ci sono anche tante zone che rimangono poco coperte dalle analisi. Ma si continua a verificare una differenza tra vino prodotto e vino consumato, e in pratica ne viene prodotto troppo.
Secondo i dati OIV, nel 2021 sono stati prodotti nel mondo 250 milioni di ettolitri, per oltre la metà provenienti da Italia, Francia e Spagna.
Nello stesso anno, ne sono stati consumati circa 235, una differenza di 15 milioni di ettolitri: considerevole ma non preoccupante. Vero, se queste giacenze di vino si limitassero al solo 2021. Nel 2020 però la differenza è stata più o meno la stessa, nel 2019 siamo arrivati addirittura a 50 milioni di ettolitri di vino avanzati e bisogna tornare al 2017 per avere un equilibrio fra i due dati, 230 milioni di ettolitri prodotti e altrettanti consumati.
Dunque dal 2019 ad oggi ci sono oltre 100 milioni di ettolitri di vino non consumato, che da qualche parte devono essere andati.
I dati OIV non tengono conto di mosti e succhi, che prendono quindi buona parte dell’eccedenza, ma tengono conto anche del mercato dei vini sfusi, un mercato interessante.
È almeno dal 2005 che il consumo di vino sta diminuendo, e sicuramente è molto di meno rispetto agli anni 60 e 70. Si beve meglio per carità, ma anche questo sarebbe da dimostrare. In Italia da quando ho fatto il corso da sommelier a oggi le DOC e DOCG sono almeno raddoppiate, quindi ‘si beve meglio’ potrebbe anche voler dire soltanto che è aumentata l’offerta di vini a denominazione.

Fonte: Wine Gourd

Ogni anno almeno 15 milioni di ettolitri di vino non vengono consumati. Questa è una delle storture del mercato vinicolo, non si produce in base alla domanda ma in base ai propri ettari di vigna. Poi il vino resta in cantina e quindi finisce nelle distillerie o venduto a prezzo di costo come sfuso. In qualche modo le botti e i contenitori d’acciaio devono essere svuotati.

Un mercato differenziato

Il mercato del vino possiamo dividerlo in due parti ben distinte. Da un lato, le persone discutono del terroir, dei vitigni, dell’età della vite, dei capricci dell’annata e delle cantine; e sono generalmente ignorati dalla maggior parte delle persone sul pianeta, che trovano tutto troppo esoterico e (troppo spesso) confuso.
Nell’altra parte del settore, le persone cercano di fare bevande che la gente comprerà e berrà.

Questa parte dell’industria del vino cerca di valutare cosa berrebbe la maggior parte dei potenziali bevitori di vino e lo produce ad un prezzo che i clienti sono disposti a pagare. Questo vino è trattato come una parte fondamentale della vita, mentre il primo tipo cerca il suo status di lusso accessibile (a seconda di cosa puoi permetterti!). La presunta differenza tra la qualità del vino dei due è, ovviamente, esclusivamente in una valutazione percepita, o giudizio di valore. Se personalmente non riesci a percepire alcuna differenza, o non ti interessa, allora non c’è distinzione pratica.

I vini premium sono solo per portafogli premium

Inutile dire che è il secondo gruppo che domina la produzione dell’industria vinicola, se non altro perché producono vino che costa meno di 15 euro, o 15 dollari, e anche molto meno; e questi sono i vini che compaiono sugli scaffali dei supermercati di tutto il mondo, non nei negozi specializzati presenti solo in alcune grandi città. Questa produzione di massa non può essere realizzata facilmente se l’attenzione è rivolta ai luoghi (terroir) e ai tempi (le annate). Quindi i vini sfusi sono la strada da percorrere: vino destinato al consumo nell’anno di produzione.

Fonte: I numeri del vino

È soprattutto questa seconda parte dell’industria ad essere responsabile dell’eccesso di offerta, visto che il vino premium, quello dove è importante terroir e annata, prima o poi il cliente giusto lo trova e anzi, più passa il tempo più il prezzo aumenta, rendendolo ancor di più un vino di lusso.
In giro c’è troppo vino: prendete ad esempio l’esplosione del Prosecco, venduto e richiesto da tutto il mondo e soprattutto da Regno Unito e Germania. Con i cambiamenti del clima di questi anni, quando inglesi e tedeschi si renderanno conto di poter fare dei vini spumanti di buon livello, chissà che fine faranno tutte le produzioni del Veneto. Gli inglesi già lo stanno vedendo, oltretutto, come scrivevo in questo post, e l’ingresso di nuovi produttori peggiorerà il problema delle giacenze del vino.

Aumentare i consumi o diminuire la produzione?

A dire il vero nel 2017 l’Unione Europea ha ufficialmente affrontato questo problema ha deciso di fare qualcosa al riguardo tentando di far diminuire gli ettari di vigna presenti in Europa. Anche il processo di distillazione è un meccanismo costoso, la UE stanzia annualmente circa 220 milioni di euro che servono per distillare più o meno 10 milioni di ettolitri di vino.

Insomma, 22 euro al litro è quanto paga l’Europa per la distillazione.
Questo però non risolve i problemi dell’eccesso di vino, ogni anno si spendono questi soldi per distillare, ed ogni anno il surplus si ripresenta. In Italia si sono consumati nel 2021 24 milioni di ettolitri di vino, mentre l’export ne vale circa 22. In totale quindi 46 milioni di ettolitri di vino, a fronte di una produzione di oltre 50 milioni e quindi un surplus di 4. Tutti questi litri non rimarranno fermi in cantina, molti sono vini che verranno imbottigliati fra qualche anno, quindi fare tutti i conti non è per niente facile.
I 15 milioni di ettolitri non consumati così tanti come sembrano, in fin dei conti sono circa l’8% di tutta la produzione mondiale.

Consumi e demografia

Però prima o poi il mercato del vino dovrà fare i conti con questi due fatti: l’aumento della produzione e la diminuzione dei consumi. Aggiungete anche il fatto che nei consumi incidono ben di più i vini a più basso costo rispetto ai vini di alta gamma. La massa la fanno i vini del supermercato e i ristoranti, non certo quelli che si vendono alle aste.
La Cina, che fino a qualche anno fa era tra i più grandi importatori di vino europeo, ha diminuito drasticamente i volumi, ma anche qui i dati non sono del tutto confermati, i cinesi non forniscono sempre le loro statistiche e anche quando le pubblicano bisogna prenderle con le molle.
In California la siccità e gli incendi ogni anno provocano una diminuzione del vino prodotto, in Australia lo stesso: la maggior parte dei consumatori di vino nel mondo sono i nati degli anni 60 e così anche l’offerta dovrà adeguarsi alla demografia. Insomma il problema delle giacenze del vino riguarda, ovviamente i tre maggiori paesi produttori, Italia, Francia e Spagna.

I cambiamenti climatici non aiutano

Il cambiamento del clima in tutto il pianeta causa dei cambiamenti nelle coltivazioni. Dove c’è scarsità di acqua mais e riso sono i più penalizzati, il grano non dovrebbe avere grandi problemi, se non ci fosse pure la guerra ai confini europei a provocare una crisi alimentare. Soprattutto e come sempre, nelle regioni più povere della Terra, quindi Asia e Africa.
Il vino può sembrare un problema secondario, ma è un’industria che dà da lavorare a milioni di persone, tra produzione, filiera e indotto.
Il mercato del vino, soprattutto in Italia, ha prodotto sempre più vino senza porsi la domanda dei consumi, e questo vino si vende a basso prezzo per liberare spazio, o si trasforma in alcool grazie agli aiuti europei. Meglio produrre meno vino per qualche anno o rischiare di tenerlo in cantina per sempre? Mah, probabilmente da qualche parte stanno già trovando la soluzione per le giacenze del vino. Spero che arrivi presto una strategia per il vino italiano, che da solo vale il 7% di tutto l’export italiano.

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