Il presidente USA sta rivolgendo l’arma dei dazi su chiunque gli capiti a tiro, ed ora è il turno dei vini francesi. Il suo tweet è piuttosto chiaro: agli Stati Uniti l’Europa paga da 5,5 a 14,9 centesimi di $ a bottiglia in ingresso, al contrario gli Stati Uniti pagano all’Europa da 14 centesimi a 29 centesimi di $ per ogni bottiglia.

Le controversie nel commercio tra UE e USA vanno avanti da qualche tempo, a cominciare dagli accordi TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) che Trump ha bloccato preferendo, come è sua abitudine, accordi sui singoli prodotti piuttosto che un accordo quadro generale. Si aggiunga anche che gli accordi sul commercio del vino tra USA e UE risalgono al 2006

Cosa nascondono i dazi sul vino negli USA

Ci sono due aspetti da considerare riguardo la vicenda dei vini francesi e dazi USA, che naturalmente interessa anche l’Italia visto che nel 2018 abbiamo esportato 3,4 milioni di hl negli USA, per un valore complessivo di oltre 1,7 miliardi di €. I valori della Francia sono più o meno simili, potete leggere i dati completi su I numeri del Vino.

Il primo punto riguarda la concorrenza di paesi extra UE, come Cile e Australia. Questi due paesi insieme esportano negli USA la metà degli ettolitri italiani, ed anche il loro valore è piuttosto basso.

I loro dazi verso gli USA però sono pari a zero, ed in una logica di concorrenza sono sicuramente più avvantaggiati. Naturalmente il vino francese e quello italiano hanno una qualità innegabilmente superiore ai vini cileni ed australiani, ma non sottovalutiamo la potenza del marketing degli States, dove anche il vino in lattina riesce ad avere la sua quota di mercato. Il mercato del vino USA è in crescita, come dicevo qualche giorno fa.

Anche verso il crescente mercato cinese, Australia e Nuova Zelanda godono di tariffe fiscali agevolate, mentre i recenti accordi fatti tra UE e Giappone consentono all’Italia di esportare a tasso zero il vino nel paese del Sol Levante. Quindi, la battaglia sui dazi, che è iniziata a marzo di quest’anno, riveste un valore globale per il settore agroalimentare di cui il vino fa parte.

Vini francesi e dazi USA

La cifra assoluta sui dazi inoltre non è di per se molto indicativa; se parliamo di percentuali abbiamo dazi dal 3% al 7% sui vini italiani in USA. A queste però occorre aggiungere anche le tasse, quelle federali e quelle specifiche per ogni Stato. Queste tasse statali valgono naturalmente anche per i vini autoctoni USA, e si vanno a sommare al prezzo finale. In California e Texas le tasse sul vino sono circa 20 centesimi a gallone (3,7 litri), in Kentuky arrivano a 3,4$ a gallone, 30 centesimi nello stato di New York e 1,75$ a Washington. La diminuzione di dazi aiuterebbe parecchio a mantenere un prezzo competitivo a parità di tassazione.

Ecco che veniamo al secondo punto, la riduzione della spesa interna agendo sul nodo della distribuzione. La produzione di vino indigeno deve sottostare al Three Tier System: produttore, distributore, venditore. Quindi ad esempio l’enoteca o il ristorante non può (per legge) avere rapporti commerciali con il produttore; in questo modo i costi lievitano. Sono solo 4 i distributori, sui primi 10, che raccolgono l’80% del mercato, ed anche questo è un elemento che provoca poca flessibilità sui prezzi.

  • Southern Glazer’s Wine & Spirits – fatturato 16,5 B$, 36 stati, 1178 cantine
  • Republic National Distributing Co, – fatturato 6,5 B$, 21 stati, 751 cantine
  • Breakthru Beverage – fatturato 5,4 B$, 15 stati, 691 cantine
  • Young’s Market Co – fatturato 3 B$, 15 stati, 663 cantine

(fonte  Wines & Vines)

Gli importatori inoltre possono vendere solamente a distributori che abbiano la licenza per vendere vino di importazione; questo limita ancor di più la scelta e rende la vendita del proprio vino negli USA praticamente impossibile alle piccole aziende europee.

Ecco quindi che la mossa di Trump, così come quelle analoghe su altri prodotti, serve esclusivamente per poter diminuire i prezzi dei vini importati senza incidere né sulle tasse interne né sul guadagno dei distributori e degli importatori.

Per ora la Casa Bianca se l’è presa solo con il vino francese, ma quello italiano deve iniziare a dormire preoccupato. Le alternative sono due: fare squadra con la Francia per farsi sentire in Commissione Europea, così da poter trattare da una posizione più forte, o intavolare riunioni bilaterali con il Segretario al Commercio USA. 

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