Lautrec
A la Mie, Henri de Toulouse-Lautrec, 1891, Museum of fine Arts, Boston

Il quadro qui rappresentato è di Henry Toulouse-Lautrec del 1891, e si intitola ‘A la Mie‘. Il titolo si presta, volutamente, ad una doppia interpretazione, indicando sia il nome del locale (Alla Mollica) sia una connotazione della scena raffigurata (All’amica).

Lautrec (1864-1901) è stato uno dei grandi rappresentanti del post-impressionismo, sebbene non sempre venga accomunato a Cezanne o a Gaugain, probabilmente a causa della sua vita piuttosto sregolata, bohemien o, come diremmo oggi, borderline.

Trascorse molta parte della sua vita nei bordelli parigini, diventando un punto di riferimento per tutti coloro che erano alla ricerca di nuove variazioni artistiche o anche solo di evasione dagli schemi della vita borghese.

Collaborò con la rivista La Rire con alcune sue illustrazioni, e per il Moulin Rouge curò il disegno di numerosi, e famosi, manifesti pubblicitari.

Lautrec fu uno degli interpreti della sensazione di isolamento, di solitudine, nella vita francese in generale ed in quella di Parigi in particolare, in netto contrasto con gli sfarzi, i lussi e la spensieratezza della Belle Epoque; sono tipici di questo periodo i quadri che raffigurano la solitudine affogata in un bicchiere di vino, e nascono numerosi quadri che rappresentano ‘bevitori’ più o meno solitari.

Toulouse-Lautrec interpreta, con i colori esplosivi e a volte violenti, con la pennellata volutamente imprecisa e non curata il degrado dei personaggi, quasi caricature di se stessi, fornendo loro sorrisi di amara ironia, o di noia, di degrado, di chi malinconicamente non riesce a partecipare alle feste della Parigi di fine secolo, per estrazione sociale, per mancanza di denaro, o semplicemente perchè in una società di ricchi non possono mancare i poveri.

A la Mie

Nel quadro di cui stiamo parlando, Lautrec raffigura un uomo ed una donna, in abiti dimessi, con l’espressione in volto di chi è, oramai e definitivamente, disilluso dalla vita.

La donna guarda senza interesse qualche scena che si svolge alla sua sinistra, una posa sciatta e senza signorilità, cose che probabilmente non sarebbero state notate nella Trattoria dell’Amica.Moulin Rouge

L’uomo ha un sopracciglio alzato e fissa qualche cosa o una persona di fronte a lui, ma pare molto più assorto nei suoi pensieri, i baffi che gli danno un’aria vagamente sarcastica; le braccia conserte appoggiate sul tavolo ci fanno pensare ad un uomo sconfitto e consapevole di esserlo.

La bottiglia in vetro, di forma bordolese, è quasi piena, forse sono stati spillati solo i due bicchieri che vediamo sul tavolo, lui ha quasi terminato il suo, mentre la donna ha dato la precedenza al cibo accompagnandolo solo con un piccolo sorso.

Il fatto che la bottiglia sia senza etichetta fa pensare ad un vino di scarsa qualità, forse l’hypocras, un vino aromatizzato con zucchero e chiodi di garofano per coloro che non potevano permettersi l’assenzio che andava di moda  tra la borghesia altolocata dell’epoca.

Cosa si beveva in Francia a fine ‘800?

Champagne come se piovesse, naturalmente, in tutti i locali che volevano darsi un tono, diventare alla moda, Champagne, servito nelle coppe a magnificare il suo perlage; dovunque ci fosse una festa non poteva mancare una intera fornitura di Veuve Clicquot o di Moet Chandon ad accompagnare le trote al cartoccio o i delicati biscotti rosa di Reims.

Oppure Calvados, il distillato normanno ottenuto dal sidro, bevuto insieme ad un dolce o accompagnato da un sigaro sudamericano.

Vino durante il pasto, dei migliori, come i profumati Sauternes di Bordeaux, i complessi e fruttati Pinot Neri di Borgogna, i corposi Merlot bordolesi, i freschi Chardonnay, il raro e delicato Rosé des Riceys o il Bouzy di Reims, che nel 1895 sarebbe stato insignito della Gran Cru Classé.

E’ un’esplosione di vita, il periodo che va dal 1871, fine della guerra franco-prussiana e della Comune di Parigi, fino allo scoppio della I Guerra Mondiale, un insieme di progresso e di spensieratezza; è il periodo in cui l’architettura di Parigi viene completamente rinnovata, con il disegno di nuove piazze e nuovi viali, l’abbattimento di antichi ruderi e la costruzione di nuovi palazzi e chiese, come la Cattedrale del Sacro Cuore di Montmartre e, in celebrazione dell’Esposizione Universale, la Torre Eiffel nel 1889.

I vini moderni iniziano a nascere, Pasteur ha da poco scoperto che sono i lieviti a produrre la fermentazione, ed alcuni produttori di vino cominciano a controllare la vinificazione del mosto per ottenere vini più morbidi e piacevoli.

I grandi Bordeaux come Chateau d’Yquem o Chateau La Tour producono vino che per lo più esportano in Inghilterra, così come i più famosi Domain di Borgogna, Romanée-Conti e Montrachet. I clarets di Bordeaux sono invece portati in Belgio ed in Germania, o scambiati con il caffè proveniente dal Sud America.

Solo trent’anni prima la filossera aveva distrutto quasi tutto il patrimonio viticolo europeo, e la soluzione fu l’impianto delle viti su piede americano; questa calamità spronò i viticoltori francesi ed italiani a studiare meglio tutta la catena produttiva del vino, dando origine ad una vera e propria esplosione di etichette in tutta Europa .

La Francia iniziò per prima ad emanare delle normative di regolamentazione e classificazione del proprio vino, introducendo ad esempio le denominazioni d’origine e la definizione del territorio di produzione, migliorando così la qualità del prodotto a scapito della quantità, una legislazione che tutt’oggi consente ai produttori vineari francesi di essere all’avanguardia nella difesa dei propri prodotti.

I due personaggi del quadro di Lautrec quindi, stavano bevendo forse un Gamay della Valle della Loira, del Cabernet-Franc o, se il locale voleva darsi un tono più elevato, del Pinot Nero di Borgogna; più facilmente, un claret di Avignone o di Provenza, vini semplici e leggeri, torbidi perchè la chiarificazione e la filtrazione, per vini così, non aveva senso. Raramente le locande frequentate da tali avventori avevano tra le scorte bottiglie pregiate, e quindi possiamo supporre che nella bottiglia sia presente un vino giovane, dell’anno precedente al massimo, utile solo per passare un pomeriggio a rimpiangere i propri errori o ad annaffiare un pasto frugale come quello che, immaginiamo, era presente nel piatto davanti alla donna.

 

Lautrec_A_la_mie_foto-1
Fotografia del 1891 ca, riprodotta su “L’Amour de l’Art”, n.4, aprile 1931, utilizzata da Lautrec come soggetto del dipinto.
Ignoto – J. Frey, Henri de Toulouse-Lautec, BB art 1999, s. 277

Loro non possono permettersi di entrare nelle sale illuminate a giorno dei locali dove si balla il cancan, dove principi russi ed ambasciatori scandinavi discutono di politica ed economia, presto tirati nella pista da ballo dalle loro dame; non hanno la possibilità di assaggiare gli Champagne che tutto il mondo invidia ai francesi, non sono riusciti, per mancanza di volontà o per destini avversi, a far parte di quella borghesia che si sta velocemente arricchendo.

Alla fine del secolo, la Francia cerca di coprire le proprie sconfitte con il frastuono delle orchestre, e come sempre accade, alla fine delle feste, quando anche l’ultimo orchestrale ha messo via il proprio strumento, scopre la solitudine, l’abbandono e la noia di serate tutte uguali.  Sono passati i fasti della grandeur napoleonica; il secolo che si sta concludendo (il quadro, ricordiamo, è del 1891) ha visto la caduta di Napoleone Bonaparte, Carlo X e poi Napoleone III succedersi al trono di re di Francia, ha conosciuto la sconfitta di Sedan nella guerra contro la Prussia e la successiva proclamazione della Repubblica.

La vita, a Parigi

A Parigi, proprio vent’anni prima, terminava l’esperienza della Comune, un autogoverno di cittadini che ebbe durata solo di un anno, e solo con fatica l’economia francese stava provando a risollevarsi.

Appena tre anni dopo la scena ripresa da Lautrec, nel 1894, il presidente della repubblica Francois Sadi-Carnot (nipote del più celebre scienziato Nicolas Léonard), sarebbe stato assassinato dall’anarchico italiano Sante Caserio.

La disoccupazione era molto alta, il paese aveva perduto il predominio dei mari a favore dell’Inghilterra, e dopo la sconfitta di Sedan anche i suoi possedimenti in Europa, l’Alsazia e la Lorena terreni da sempre contesi con il vicino tedesco.

Tutta l’attività che ruotava attorno al piacere, alla spensieratezza, alla superficialità, fu un grande traino per l’economia francese, venditori di stoffe ed albergatori, locandieri e ristoratori, e poi fattorini, maniscalchi, sarti.

Pittori e scrittori iniziarono ad essere presi d’esempio, ad essere utilizzati dai benestanti tra i parigini per distinguersi dalla folla tutta uguale che la notte camminava lungo le vie di Parigi illuminate da lampioni di moderna concezione.

Chi erano, dunque, l’uomo e la donna che rimpiangevano i tempi belli della loro gioventù davanti ad una bottiglia di vino?

Lui forse aveva lavorato come carrettiere per qualche negozio, o trasportatore dilautrec4 stoffe per un merciaio; poi per qualche tempo al cantiere per la costruzione della Torre Eiffel  come operaio di bassa lega, senza specializzazione e senza alcuna previsione di miglioramento. Ed ora che il cantiere era finito, e l’opera completata, e la gioventù sfiorita, messo da parte insieme a tanti altri come lui, e che affollavano locande e bar come quello, pretenziosi solo nell’imitazione di stoffe e stucchi alle pareti.

Lei, invece, quasi certamente lavorava a servizio presso qualche famiglia dell’alta borghesia, da cui oltre lo stipendio riusciva a portare a casa ogni tanto una camicia di cotone per lei, indifferente alle macchie rosse di vino, o una sciarpa per il marito.

A volte, in questi bar, si potevano fare incontri utili per trovare un lavoro, per riuscire a guadagnare un salario che gli ultimi vent’anni avevano reso sempre più difficoltoso portare a casa, ma pian piano la coppia ha perso ogni speranza di miglioramento, e la fermata al bar diventava solo un modo come un altro per trascorrere qualche ora dando fondo ad una bottiglia.

Locande, trattorie e bar nascono sempre più numerosi, dando modo alla moltitudine di francesi in fuga dalla campagna di trovare, dentro un bicchiere di vino, alcuni momenti di oblio dai pensieri quotidiani.

Il vino a questo punto non importa più se sia buono o se sia cattivo, l’importante è che stordisca e faccia venire sonnolenza, una droga da basso prezzo per non pensare ai conti da pagare al lattaio, al panettiere, al carbonaio, e soprattutto per immaginare di partecipare, in quel modo, alla Belle Epoque che potevano solo guardare attraverso i vetri della locanda.

Per non sognare di notte i propri errori, usando il giorno per racimolare qualche franco con cui pagarsi, di nuovo, la bottiglia di cattivo chiaretto che un giorno l’artista avrebbe ritratto.

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