Il distillato simbolo del Perù è il Pisco, un distillato prodotto con uva spagnola importata durante il 16mo secolo, quando le armate conquistarono gran parte del Sudamerica. Gli Spagnoli piantarono le prime viti nelle campagne attorno a Lima, e i vini peruviani più antichi risalgono al 1551.

Il Pisco in Perù

In Perù il vino divenne presto un prodotto importante, e il re spagnolo Filippo IV ne proibì l’importazione in Spagna per proteggere i suoi produttori, visto che il vino peruviano era molto più conveniente di quello spagnolo.

La globalizzazione colpiva anche 500 anni fa, insomma, e la soluzione fu quella che si usa anche oggi, il protezionismo. E così, visto che non potevano più fare il vino, i produttori peruviani, naturalmente di origine spagnola come le uve, iniziarono a produrre acquavite d’uva, l’aguardiente, che inizialmente serviva quasi solo per fortificare i vini. Nacque così il distillato conosciuto come Pisco, dal nome di una città nella zona sudovest del Perù da dove partivano le navi verso l’Europa. Il nome della città deriva probabilmente da una parola della lingua Quetchua che si riferisce ad un volatile tipico della fauna locale. Il primo riferimento lo troviamo in un documento doganale del 1764 che riportava un gran numero di casse di questa aguardiente peruviana.

Ma alla fine era un’acquavite, perché divenne così famosa all’epoca? Allora, l’uva proviene dalla costa meridionale del perù, e veniva chiamata Quebranta dalla parola spagnola quebrar, che vuol dire rompere. Infatti il terreno dove cresceva quest’uva è particolarmente arido e deve letteralmente essere rotto, spaccato, per poter essere lavorato. La zona di origine del Pisco peruviano va da 0 a 2000 metri sul livello del mare, in pratica tutto il versante delle Ande che scende fino all’Oceano Pacifico. Le nevi che si sciolgono forniscono molta acqua soprattutto sulla costa dove le precipitazioni sono davvero scarse, e insomma un microclima davvero particolare.

La prima denominazione d’origine del Pisco in Cile

Il Pisco però ai giorni nostri ha una specie di crisi d’identità. In Europa e negli Stati Uniti si trova nei locali peruviani, ma anche il Cile produce Pisco e i Cileni dicono che il loro paese è la patria di questo distillato. Ne avevo accennato in questo post qui sul blog.

La Denominazione di Origine (DO) del Pisco cileno è del 1931, un decreto del presidente stabilì che il termine “Pisco” era riservato esclusivamente ai distillati d’uva prodotti nei dipartimenti di Copiapó, Huasco, La Serena, Elqui e Ovalle. Nel 1936 il villaggio de La Union, a nord di Santiago, fu ribattezzato Pisco Elqui, proprio per rafforzare la pretesa del Cile su questo distillato. Un po’ come la faccenda del Prosecco, insomma.

La denominazione del Pisco peruviano invece è stata creata nel 1991, e dunque ora c’è una situazione di controversia legale per la rivendicazione della proprietà. 

Due prodotti diversi, nome uguale

In realtà il Pisco cileno e quello peruviano sono prodotti molto diversi.

In Cile si usano solo uve Moscato e quelle chiamate ‘creole’, un mix di Moscati. Quindi in Cile si lavorano esclusivamente uve aromatiche piantate durante la colonizzazione spagnola importandole dall’Argentina. Dopo aver ottenuto l’indipendenza dalla Spagna, i cileni hanno tolto tutte le viti spagnole, cercando di cancellare ogni traccia di Spagna nelle campagne. Secondo i cileni, visto che il Pisco peruviano è prodotto solo con il 20% di uve aromatiche e soprattutto sono uve importate dalla Spagna, il vero Pisco del Sudamerica è quello Cileno. 

Non solo. In Perù si possono avere fino a due vendemmie l’anno grazie alle condizioni climatiche tropicali, mentre in Cile il clima è molto più vicino a quello mediterraneo. Anche la distillazione è diversa. L’uso della parte finale della distillazione è il metodo tipico peruviano, mentre in Cile si usa una tecnica simile a quella del cognac. Qui è classificato in base alla gradazione alcolica, in Perù invece no. 

Le differenze quindi sono parecchie, come il tokai prodotto in Italia e quello ungherese, cosa che poi come sapete si è risolta cambiando il nome del vino. 

Storia e geografia

Secondo i peruviani queste differenze sono sufficienti per parlare di due prodotti differenti e quindi il Pisco prodotto in Cile non si deve chiamare Pisco, ma magari brandy cileno. Il fatto che si chiami Pisco in entrambi i paesi deriva dall’etimologia della parola e dall’impero Inca. La lingua Quechua, da cui deriva il nome Pisco, era parlata dall’Ecuador fino al sud del Cile, in tutto l’impero insomma. Qui è dove la storia si mescola con l’acquavite. Prima dell’arrivo degli spagnoli Cile e Perù appartenevano all’Impero Inca, e quando fu colonizzato e distrutto la struttura burocratica e amministrativa venne mantenuta. Alla fine del periodo coloniale la corona spagnola suddivise il territorio, separando i popoli e in pratica cancellando la parte di cultura che condividevano. In effetti, sebbene il Pisco sia stato probabilmente prodotto per la prima volta in quello che oggi è il Perù, il paese stesso è stato fondato solo nel 1821, cioè tre anni dopo il Cile.

Il motivo per cui il Pisco peruviano è più conosciuto a livello internazionale è in gran parte dovuto alle esportazioni. Il consumo interno del distillato è relativamente basso in Perù, ma le esportazioni sono elevate. Gli Stati Uniti rappresentano il mercato più grande mentre al contrario il 97% di Pisco cileno viene consumato all’interno del paese.

Un cocktail americano del 1913

Né il Perù né il Cile vogliono concedere il nome “Pisco” all’altro paese, per orgoglio nazionale, per tradizione e, naturalmente, per marketing. Quindi se state bevendo del Pisco, molto probabilmente è peruviano, a meno che in questo momento non siate in Cile.

Il cocktail più noto prodotto con questo liquore è il Pisco sour, un cocktail a base di Pisco, zucchero, lime ed albume di uovo nato da un’idea del barman americano Victor Morris. Secondo la leggenda, lo preparò come alternativa al più celebre whiskey sour in un bar peruviano intorno al 1913. Una delle caratteristiche di questo cocktail è la presenza dell’albume d’uovo, che crea una delicata spuma in superficie; si aggiunge poi qualche goccia di angostura o con una spolverata di cannella.

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