Se continuiamo a parlare del vino solo per dire che ne abbiamo prodotto più di tutti, abbiamo già perso.

Nel confronto decennale con la Francia, l’unico parametro sembra essere la quantità prodotta, che sicuramente fa molto notizia giornalistica, ma alla fine conta molto poco. Anche il fatto che l’export italiano è in attivo grazie (anche) al vino, spesso passa in secondo piano.

Il Turismo del Vino va ripensato

Per questo l’intervista a Carlo Pietrasanta, presidente del Movimento Turismo del Vino, che trovate sia su Agronotizie che su Wining, apre finalmente la scatola delle ipocrisie e sottolinea, da un punto di vista autorevole, il pressappochismo della situazione italiana nel campo dell’enoturismo.

Già, il turismo del vino sembra essere sempre più un forte traino per far conoscere, e si spera vendere, il vino italiano ed i luoghi dove nasce. Peccato che sia una parola, enoturismo, usata più per aumentare il ranking delle pagine web che come obiettivo da raggiungere.

[…] E se Cantine Aperte spopola, con un numero di persone pari agli spettatori di 50 partite di Serie A, noi ci sentiamo come una provinciale tra i giganti del calcio internazionale. In attesa, ad esempio, di un testo unico sul vino che doveva essere presentato al Vinitaly 2015, poi al Vinitaly 2016 dove è passata solo una bozza […] (Carlo Pietrasanta su Wining)

Il presidente del MTV fa il confronto con quanto avviene in Francia, visto che è il nostro diretto e più importante competitor, puntando il dito contro normative fiscali ormai superate ed una divulgazione del prodotto ‘enoturismo’ davvero patetica.

Movimento turismo del vino

Forse i vignaioli, quelli piccoli e quelli più grandi, non sono per loro natura molto attratti dal mondo moderno, volendo dare continuamente una immagine di tradizione che fa tanto paese in collina e piazza con fontana.

Nulla di male, l’Italia è conosciuta per il suo stile di vita (oddio, parliamone), la bellezza dei panorami e la sua storia, ma anche se tutto questo fosse vero, di certo non viene pubblicizzato, valorizzato, comunicato, nel modo giusto.

[wc_highlight color=”green”]Nella parola Enoturismo convivono due realtà che spesso non si parlano, ossia Eno e Turismo.[/wc_highlight]

L’accoglienza è un mestiere che il vignaiolo ha dovuto imparare pian piano, aprendo B&B in casali ristrutturati vicino alle vigne, ha dovuto imparare a fare il ristoratore, il comunicatore e, se avanza tempo, a farsi un sito web. Tutto da solo.

La parte Turismo invece non si è preoccupata per niente di questo fenomeno, continuando a non parlarsi con il vignaiolo e rendendo difficile organizzare tour per vigne e cantine, magari fermandosi per ammirare chiese e musei che si trovano lungo la strada e che rischiano, altrimenti, di restare desolatamente chiuse.

Sì, perché i francesi riescono a fare una vera sinergia pubblico-privata, che noi italiani non riusciamo a fare. Basta guardare il portale ufficiale del ministero del Turismo, italia.it. La sezione enoturistica fa venire da piangere, ha dati fermi al 2008. (Carlo Pietrasanta, da Agronotizie)

Il vignaiolo si è dovuto imparare, sempre da solo, a fare il ricercatore storico, a fare il geologo, a fare l’esperto di arte del territorio che lo circonda.

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Ogni volta che parlate con un produttore di vino, incontrato in uno dei tanti eventi enologici sparsi per l’Italia, vi accorgete della grande conoscenza che possiede dei luoghi dove vive, dalla conformazione del terreno alla ricca storia che lo ha portato fino lì.

E contemporaneamente, allo stesso evento, potrete notare l’assenza di agenzie per il turismo o anche solo uffici turistici locali. Neanche uno. Mai.

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E se le istituzioni sono completamente assenti, alberghi e ristoranti spesso non hanno nemmeno i vini dei produttori a pochi chilometri da loro: basta chiedere ad un viticoltore quanto vino vende entro, diciamo, 30 km dalla propria cantina. Fino ad ora, le risposte che ho ottenuto variano dal 5% al 10%, tutto il resto va nei canali internazionali o a distributori importanti di carattere nazionale.

Non mi piace fare il disfattista e dire che va sempre tutto male, e le proposte di Pietrasanta sono concrete e piene di buon senso. Finalmente si sente una presa di posizione che individua, in modo chiaro, in quali direzioni il Turismo del Vino dovrebbe muoversi. Non è certo il primo a dire queste cose, però potrebbe essere un buon inizio.

Sarà il caso di sbrigarsi, però, visto che il tempo perso è molto (diciamo una decina di anni?), ed iniziare a costruire un movimento che unisca i due mondi, aggiungendo magari le bellezze storiche e culturali ad ogni percorso.

Perché non è vero che con la cultura non si mangia.

Con la cultura si mangia, e si beve anche.

 

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