Oltrepo PaveseIl tempo atmosferico non aiuta ad essere allegri, ma la prospettiva di quanto e chi si andrà a trovare si, ed allora anche un cielo grigio può sembrare un panorama colorato.

Il treno delle 7 per Milano è pieno di gente, insieme a me viaggiano due ragazzi che si spostano da Roma per un colloquio di lavoro. Mi chiedono se conosco la città, vorrebbero sapere qualche buon posto per mangiare. Dopo Firenze lei si addormenta tra le braccia di lui, che ha un po’ la faccia del fighetto ma dimostra con piccoli gesti quanto ci tenga alla sua ragazza.

A qualche sedile di distanza un paio di giornalisti via satellite, e tre tizi che sembrano carabinieri in missione, ed in effetti sono tre carabinieri in missione.

La strada da Milano fino a Santa Maria la Versa, in Oltrepo Pavese, è fatta di capannoni abbandonati e rotonde, fabbrichette che han visto tempi migliori e Audi e Mercedes in autostrada. Entrando in provincia di Pavia si iniziano a vedere le prime ondulazioni del terreno, non proprio ancora colline, più come pieghe non stirate in un lenzuolo steso sul letto.

Nonostante sia tra le prime regioni italiane per produzione vinicola, l’Oltrepo Pavese Cruasé DOCGnon ha grande notorietà, almeno tra il grosso pubblico; non è la Franciacorta e nemmeno il Piemonte o i Colli Piacentini.

Eppure si trova al confine, geografico o solo enologico, fra tutte e tre; spumanti che imparano dalla Franciacorta, vini con profumi piemontesi, vitigni piacentini.

Meriterebbe sicuramente una luce diversa, questo territorio, se non altro per i vitigni che possiede ed alcune interessanti tradizioni che, nonostante anni trascorsi a vinificare più di quantità che altro, non si sono del tutto perdute.

Uve forse secondarie, o che non danno la struttura e la complessità delle loro sorelle residenti in zone più vocate e tradizionali, ma che se ben vinificate producono bottiglie del tutto oneste e gradevoli.

OP_3La Bonarda, la Barbera, la Croatina, ed ecco quel che dicevo del mescolamento tra Lombardia, Emilia e Piemonte, ed il Pinot nero vinificato in bianco, che è tipico, e probabilmente esclusivo, proprio dell’Oltrepo Pavese.

Come scrive Mario Soldati in Vino al Vino (Primo viaggio: autunno 1968 – provincie di Sondrio, Como, Pavia), la tradizione di vinificare in bianco questo vitigno è relativamente giovane, probabilmente della metà degli anni ’50, ed ora si trova anche una spumantizzazione in rosato. Notizie certe io, però, non n’ho più di queste.

Venendo da Milano, passata la cantina sociale La Versa che nel passato ha goduto di ben altri fasti, si gira a destra, su per una salita leggera di pochi chilometri, si trova l’azienda Calatroni, gestita da Stefano e dal fratello Cristian, quindici ettari di vitigno tra Bonarda, Barbera, Pinot nero, Croatina, Riesling, più altre varietà autoctone, come l’Uva Rara o la Maradella, piccole parcelle con cui vien fatto un vino, il Perorossino, semplice e gustoso, sebbene la 2010 avesse in verità poco corpo. Stefano però non si è fatto attendere e ci ha scaraffato un 2006 con profumi molto più intensi ed una struttura robusta. Semplice, si, ma non certo banale, questo assemblaggio che ha, non ultimo, il pregio di tenere in vita varietà che altrimenti verrebbero destinate alla triste estinzione.

E’ tipicamente emiliana la vinificazione frizzante dei vini, come la Bonarda, molto frutto rosso piccolo al naso, buona freschezza al palato.

Sono, e sia detto con tutta l’intenzione di valorizzarli, vini che si assaporano insieme al cibo, come le spettacolari tagliatelle con ragù di scottona impreziosito da erbe aromatiche e spezie come cannella e chiodi di garofano.

Anche il Pinot nero spumantizzato in rosè, che dà origine al Cruasé DOCG, ha molta spuma in bocca, profumi tenui, carbonica poco invasiva e pulente, perfettamente adatto prima di iniziare il pranzo per metter voglia allo stomaco.

Vini e cibi sono stati abbinati molto bene, badando soprattutto alla piacevolezza dell’insieme che alla perfezione da scheda tecnica; molto ha contribuito anche chi avevo di fronte durante il pranzo, per renderlo perfetto. 

Durante la visita in cantina, Stefano ci ha ricordato che l’età media degli agricoltori in OP_4Italia sta drasticamente aumentando, e quindi che sono pochi i giovani che scelgono questa strada, anche figli stessi di conadini. Ora forse la crisi del lavoro, fabbriche ed aziende che chiudono, può portare qualche fresca forza in campagna. E’ però necessario che si riesca ad avere un sistema agricolo meno legato al profitto immediato, seguendo i ritmi lenti delle stagioni e del tempo.

Il turbocapitalismo non fa sposalizi d’amore con la campagna, piuttosto la spoglia e ne abusa.

E sebbene le multinazionali del vino continuino a venire in Oltrepò a far la spesa di uve, alcuni giovani vignaioli iniziano a porre un argine a questa piena. 

Un territorio da valorizzare è un patrimonio che non va sprecato; ed allora anche il cielo grigio di questo fine settimana potrà regalare sorrisi e speranze.

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