La cantina Col Vetoraz di Valdobbiadene ha deciso di togliere la definizione Prosecco Superiore dai propri vini, e lasciare esclusivamente l’indicazione territoriale Valdobbiadene DOCG. Tecnicamente la decisione è possibile, il disciplinare prevede che si possa indicare in etichetta solamente la denominazione geografica. Sicuramente la decisione fa discutere all’interno del Consorzio del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene DOCG.

Importanza della denominazione geografica

La cantina produce 1,2 milioni di bottiglie e l’enologo è anche Gran Maestro della Confraternita di Valdobbiadene, Loris Dall’Acqua; altre aziende vinicole hanno seguito Col Vetoraz, ad esempio Bortolin Angelo Spumanti e l’azienda agricola Le Bertole, oltre ad altri piccoli produttori. L’iniziativa ha visto schierarsi a favore anche Isidoro Rebuli, presidente della Strada del Prosecco.

I motivi dietro questa scelta sono condivisibili: oggi la dicitura Prosecco non fornisce più una sensazione di qualità come quando fu istituita nel 2009; si rischia di fare confusione fra Prosecco e Prosecco Superiore, ed il consumatore medio non conosce le differenze tra le due tipologie. Individuare una bottiglia con la denominazione territoriale, identifica la provenienza del vino fornendo una immagine di qualità che la parola Prosecco non possiede più. Basta vedere cosa viene versato nei calici durante happy hours e simili in giro per bar festaioli, provare ad assaggiarlo e confrontarlo con una qualunque acqua frizzante. Spesso il confronto va tutto a favore dell’acqua.

Ad oggi, le aziende del Consorzio producono 90 milioni di bottiglie, la maggior parte dei quali venduti all’estero; nel 2018 il valore dell’export del vino del Veneto ha portato 1,6 miliardi di €, sul totale di 4,4 miliardi di € di export vinicolo italiano. La superficie vitata è passata dai 71mila ettari del 2009 ai 94mila del 2017, grazie anche al contestatissimo meccanismo del trasferimento degli espianti. Con questo sistema, un’azienda che possiede vitigni nel Lazio, ad esempio, può espiantare parte del vigneto ed usare questa quantità per aumentare la superficie dei vigneti in altra regione, in questo caso il Veneto.

Non è raro quindi che grandi aziende vinicole acquistino vigneti in disuso in altre regioni per poi impiantarne di nuovi da altre parti dove si produce un vino più commercialmente appetibile.

Troppo Prosecco anonimo

Questi meccanismi fanno parte delle politiche sponsorizzate dall’attuale presidente della Regione Veneto Zaia, quando era Ministro dell’Agricoltura; basta girare per la provincia di Treviso e di Verona per vedere la quantità di nuovi vigneti piantati a glera, anche in posizioni dove, con tutto il rispetto, difficilmente può venire fuori uno spumante di buona qualità.

Naturalmente le posizioni dell’associazione capeggiata da Col Vetoraz e quelle del Consorzio sono completamente differenti; il presidente del Veneto ha confermato di non essere d’accordo con questa politica, che a suo avviso rischia di danneggiare l’export del Prosecco.

La scelta dell’azienda è giustificata dall’enologo Dall’Acqua con il fatto che la denominazione rischia di affogarsi dentro il mare di milioni di bottiglie di prosecco generico, prodotto anche in zone non particolarmente votate. Quindi, togliere l’indicazione di Prosecco Superiore è necessario per evidenziare l’area di produzione del Conegliano Valdobbiadene, come territorio e come DOCG.

A mio parere, dare importanza alla denominazione geografica fa bene al vino; da anni si ascoltano discorsi sulla volontà di superare in qualche modo l’attuale meccanismo delle DOC e DOCG, che ormai hanno perso quasi significato.

Valdobbiadene e Conegliano, aspettiamo le altre zone

La parola ‘Prosecco’ è diventata ormai sinonimo di vino con le bollicine, non importa da quale vitigno provenga. Invece, evidenziare la zona da dove quel vino proviene è un traino anche per il turismo, per le visite nei luoghi dove il Conegliano Valdobbiadene DOCG nasce, e magari migliorare il DTC, la vendita diretta.

Finalmente qualche produttore di peso della regione si è reso conto che forse il nome Prosecco, che con la zona aveva già poco a che fare, potrebbe non essere più un valore aggiunto, ma solo elemento di confusione. E forse la decisione potrebbe dare miglior forza anche ad altre zone dove si produce glera, come ad esempio  Asolo, e valorizzare l’eccellenza di Cartizze.

Da parte mia spero che la quota dell’8% di produttori che già oggi non usano la denominazione Prosecco nelle etichette, vada ad aumentare. 

 

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