IApetta che porta il vinommaginiamo uno scenario strano.

Invio un tweet ed un post su Facebook con l’hashtag #UnaBottigliaPerRoland e spiego che a causa di un incidente, la mia cantina dove avevo un certo numero di etichette di buoni vini è stata distrutta, con conseguente perdita di tutte le bottiglie. Non è che ci sarebbe una brava cantina che voglia inviarmi una o più bottiglie del suo vino?

Faccio pure un video figo sul mio canale YouTube. Insomma pubblicizzo al massimo, come so fare visto che è il mio mestiere, la mia richiesta, tra il serio ed il faceto.

Naturalmente devo avere una buona reputazione in rete, non necessariamente nel mondo del vino: sono uno che organizza eventi, che cura campagne di marketing, che va in giro per spiegare il ‘come si fa’ del Social Media Marketing.

Lancio l’hashtag un po’ per gioco, un po’ per vedere cosa succede; dopo tutto mi occupo di SMM quindi so cosa sto facendo.

In capo a poco tempo arriva la risposta di Sonfattodi vino che mi risponde su Twitter e mi dice: “Tranquillo @WineRoland. Alla tua sete ci pensiamo noi. Ecco che arriva #UnaBottigliaPerRoland”.

Cosa è successo?

Chi si occupa di scandagliare i social media per conto della cantina Sonfattodi si è reso conto che questa può essere un’ottima occasione per far parlare del proprio marchio, fare una buona campagna commerciale, legare il proprio marchio ad un Influencer molto noto e non al solito testimonial preso da Hollywood o da Saranno Famosi. 

Si propone come una azienda che sa muoversi nei social network, ha personale dedicato che cerca occasioni di marketing in rete, fa muovere il brand Sonfattodi Vino nel panorama del web 2.0 (quasi 3.0).

Qui non parliamo di chiedere campioncini alle aziende per una recensione, qui è proprio il contrario. Ho lanciato una richiesta in rete, un brand importante l’ha raccolta e l’ha sfruttata per far girare il nome.

L’importante è che il nome di Sonfattodi si sia legato ad un concetto: I clienti stanno qui dentro, nel web intendo, ed allora è qui che me li vado a cercare, che li coccolo, che li faccio miei.

Strano, penserete, roba da ridere.

Non tanto, non più. 

La storia è andata proprio così, solo che non si parlava di vini ma di auto: un noto social manager scrive su Facebook che a causa di un incidente è rimasto senza automobile e si chiede se non ci sia qualche azienda che vorrebbe prestargliene una.

E dopo 24 ore risponde niente di meno che Mercedes, offrendo per un anno una Smart nuova di pacca.

Cosa ha ottenuto Mercedes? Che l’account twitter @smart_italia è circolato in rete fino a raggiungere ‘potenzialmente’ 4 milioni di utenti. Certo non tutti si lanceranno a comprare una #Smart, ma rimane il fatto che ci potrebbero essere 4 milioni di persone che nella propria time line abbiano un messaggio relativo alla vicenda grazie all’hashtag #UnaMacchinaPerRudy. Cercatevelo su Twitter. E’ come mettere un cartello in autostrada, dove potenzialmente cinquecento guidatori ed i loro passeggeri ogni ora ‘potrebbero’ vedere il vostro nome. Ma molto meglio. I due link qui sopra riportano la storia ed una analisi particolareggiata dei dati.

Non sono aumentati a dismisura i follower di @smart_italia, che rimangono più o meno sul migliaio e nemmeno il numero di Like su Facebook; è stato meglio: è aumentato il numero di volte che se ne sente parlare. Sono due giorni che, nei canali di media marketing, non si parla d’altro. E se pure ci sarà, come ci sarà, un repentino calo dei tweet o dei post sull’argomento nei giorni a venire, quando si farà il nome della Smart ci si ricorderà di questa campagna e della loro abilità nell’intercettare un bisogno. Oggi quello di Rudy, magari domani un bisogno più diffuso.

Chi vince?

Oltre al bravo Rudy Bandiera, che per un anno non dovrà preoccuparsi di comprare un’auto e che sicuramente ha aumentato il proprio ruolo di influencer in Rete con questo tipo di #crowdfunding, oltre alla Smart che ha legato (vedremo quanto dura l’engagement) per qualche giorno il proprio nome ad una operazione di web marketing, chi ha vinto è stata l’idea di usare il web in modo innovativo.

Cosa ci insegna?

Che la rete, quella fatta di persone che interagiscono, ha una potenza maggiore della somma dei propri componenti. Che parlarsi addosso non serve a nulla, che è necessario uscire dagli schemi ed iniziare ad usare il Web 2.0 finché c’è, finché non arriverà il 3.0. E magari smetterla coi siti in Flash che tanto i dispositivi mobile non li aprono.

L’idea di Rudy, la risposta di Smart. Azione e Reazione. 

Ed il fatto che dietro ci sia una rete di follower con interessi diversi dal marketing sul web o dalle automobili ha il suo peso: se ne parla anche in ambienti diversi dal social media marketing.

Ad esempio in un wine blog.

Nel mondo del vino potrebbe accadere una cosa del genere?

unabottigliaperroland

Dimostratemi di si.

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