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La viticoltura maltrattata

viticoltura toscana

viticoltura toscanaCi sono modi di trattare le cose che danno ricchezza all’Italia che io, sinceramente, non capisco.

Non parlo delle bellezze naturali lasciate alla deriva dell’incuria, né di musei chiusi o dipinti dimenticati negli scantinati.

Visto che questo è un wine blog, parlo del vino, o meglio, della viticoltura.

Nel mese di agosto un paio di notizie mi hanno particolarmente colpito per la capacità di distruggere alcune delle poche eccellenze rimaste in questa tristissima nazione.

La prima notizia è degli inizi di agosto, quando il Lierza, torrente fino a quel momento piuttosto sconosciuto, si trasforma in una valanga d’acqua a causa delle precipitazioni improvvise e di enorme volume avvenute a monte.

Quattro le vittime che, insieme ad altre persone, stavano partecipando ad una festa paesana. I tendoni della fiera erano a valle di una cascata del fiume che, da piccolo torrente di pochi metri di larghezza, si è trasformato in un terrificante corso d’acqua di 60 metri da sponda a sponda.

Dopo aver dato la colpa alle rotoballe cadute in acqua nei giorni precedenti, a causa delle piogge, visto che il colpevole bisogna sempre trovarlo si è ben pensato di dire che il fiume non è stato drenato a causa della presenza dei vitigni della zona.

Questo perché, secondo l’ADUC che lo scrive sul suo sito, i pendii delle colline sono stati sbancati per fare posto ai vitigni che però non sarebbero in grado di drenare o trattenere le acque. Ed è necessario dare ragione al presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, quando spiega che nella zona dove è successa la tragedia, di vigneti ce n’è pochi, e l’acqua non è scesa dai fianchi delle colline ma direttamente dal fiume, riempito per il confluire con il Livenza, anch’esso in sovrabbondanza di acqua per via delle piogge. 

Però, visto che le bocche poche volte sono collegate al cervello, si dà la colpa prima alle rotoballe, poi finalmente ai vitigni. Nulla invece si dice del fatto che, con una adeguata mappa del rischio idrogeologico, la zona sarebbe stata posta off limits a causa delle piogge dei giorni precedenti, e quindi non si sarebbe data l’autorizzazione a far svolgere lì la festa paesana. L’unica difesa dei vigneti della zona è dovuta alla voce di Luca Ferraro dell’azienda Bele Casel, che potete leggere su Slowine. Se poi vogliamo parlare della crescita esponenziale delle vigne piantate a Glera, parliamone pure, ma non è questo il contesto giusto. Non c’entra niente.

La seconda notizia, pur meno tragica di questa, è di pochi giorni fa, e riguarda il Piano d’Indirizzo Territoriale (PIT) che il presidente della regione Toscana ha emanato a luglio. In pratica si spiega che “estese superfici a vigneti specializzati, costituiscono in gran parte un elemento detrattore del valore naturalistico del paesaggio agricolo”. Su Intravino il J’Accuse di Stefano Cinelli Colombini, dell’azienda I Barbi di Montalcino. Subito dopo è intervenuto anche il consorzio del Nobile di Montepulciano; i due comuni del vino toscani, Montalcino e Montepulciano, vengono pesantemente toccati da questo PIT. Ma tutti i consorzi del vino di Toscana si sono uniti alle proteste, dal Chianti a Bolgheri.

Dunque, capiamoci qualcosa.

Si sta dicendo, e lo dice il presidente di una regione storicamente ed economicamente legata al vino in modo estremamente stretto, che i vigneti toscani sono avulsi dal paesaggio, lo deturpano addirittura, e quindi si deve agire immediatamente, quindi bisognerà disboscare quasi 200.000 ettari di bosco, togliere i limiti della legge Galasso sulla tutela ambientale, e consentire di costruire microparticelle agricole senza né capo né coda, buone al più per farci qualche agriturismo finto rinascimentale. O magari per via di questa notizia qui.

Ormai le decisioni della politica sembrano andare in senso completamente opposto al buon senso ed all’accordo con i cittadini, gli stessi cioè che li hanno messi lì dove stanno (insomma, più o meno). 

E l’agricoltura italiana, nella fattispecie la viticoltura, sta ricevendo altri colpi micidiali, proprio quando invece dovrebbe essere uno dei motori della ripresa della nazione.

2 pensieri su “La viticoltura maltrattata

  1. Il PIT non è la follia di un politico incapace, è qualcosa di molto diverso e molto più pericoloso. È il manifesto di un’utopia. È il tentativo di gestire il futuro di un’intera Regione in funzione del paesaggio o, più esattamente, della specifica idea del paesaggio Toscano di un gruppo che si definisce Territorialisti. E l’intero programma prescinde per definizione dall’economia o, forse, è funzionale a una decrescita felice. Il caso e le mille follie della politica ha voluto che una esponente di questa ideologia molto minoritaria divenisse assessore al territorio, e così è nato il PIT. I poveri politici che hanno votato e firmato credo pensassero di approvare ben altro, la solita norma a difesa dell’ambiente; quale politico ha mai letto 3.000 pagine di una legge, solo i grillini ma a loro la decrescita felice va bene. Per cui eccoci, e ora ci tocca a combattere contro una legge folle difesa da politici che manco la conoscono. Assurdo, ma tipicamente italiano.

    1. Probabilmente il posizionamento di tali persone al governo della Res Publica non è casuale, ma accuratamente progettato. Non voglio pensare a complotti segreti, ma le sue parole mi fanno balenare quell’idea in testa. E conoscendo la sua concretezza e la sua serietà, potrei anche iniziare a spaventarmi.
      Grazie del suo passaggio qui

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