Montalcino, la fortezzaBRUNELLO DI MONTALCINO 2008

Il Paradiso di Manfredi.

I – Degustazione presso l’azienda, note già pubblicate su Intravino. Descrivere un vino per metafore e allegorie è un espediente. Se tuttavia è patentemente in itinere, il tentativo può rendergli maggior giustizia che un diligente asindeto dell’analisi sensoriale, un’ardita prova allegorica di maturità. Dalla vite, ecco la vite: quella di Archimede. E ruotando, ruotando, solleva qualcosa dal fondo, un poco a ogni giro, lo sversa per cenni in un naso mimetico, denso di ferro, melata, cappero, terra, cenere e mela granata. Il sorso è concentrazione delle note olfattive, compostezza e austerità. Ruotando, ruotando, chissà cosa drena, chissà cosa dona tra un anno, tra dieci o tra un po’.

II – Degustazione luglio 2013. Naso intenso e mimetico, apertura spiazzante per la maturità che pare averlo esaurito. Ma è una fase. Molto articolato, anche nello sviluppo: venti minuti per trovare slancio, poi si libera delle mentite spoglie e volge a vinoso prima, poi ferro, ciliegia, fiori, artemisia, cumino e mela granata, a seguire un soffio balsamico, un pot-pourri di fiori secchi e spezie, poi si rinserra. Stesso andamento al gusto: dopo il tratto maturo (conserve, oliva, cappero) ritrova slancio ed eleganza, è ben teso e svela una freschezza (nonché tannini) di frutto rosso (della sua buccia) e vena minerale (ferro e altri metalli, creta) profonda. Volgendo al termine, sublima le note più intense, recupera la cifra austera e là resta. Grande carattere.

Il Poggiolo. Sostanzioso, composto fino alla fermezza, statico su frutto scuro in gelatina, confetture e distillati. Si percepisce una nota dolce e avvolgente di legno, che in bocca si rivela per prevalente e raffrena la progressione. Da rivalutare.

Il Poggione. Bacca nera, prugna, timo, salvia e fogliame. Il frutto è maturo, confettura e tisana, e contribuisce all’impressione generale di calore (o decozione). Alla distanza emergono note vegetali più fresche e accenti balsamici. Bocca che espone la ciliegia e se ne vanta: quella matura e quella aspra. Tannini morbidi, diffusi e ben infusi, integrati nel finale di ciliegia rossa, confettura di ribes e – più timide – salvia e cumino.

L’Aietta. Definito, ampio, alcolico, disteso. Ritrosia e magrezza iniziali, espressioni non convenzionali anche per un Brunello medio da annate di passaggio: l’impressione d’insieme dice di uno spessore che non si impone ed emerge piano. Soprattutto al sorso, dove si slancia bene, è ben condotto dall’acidità fruttata e screziato da tannini senza convenevoli, ancora un poco asciuganti ma non sgraziati.

La Fortuna. Altro Brunello di terra, scuro e boschivo. Naso riservato, frutti di bosco, pelle e radici accennati con precisione. Bocca elegante, di buona progressione e pregevole intreccio aromatico, caratterizzata da belle note fruttate (mirtillo e ribes) e balsamiche (alloro, eucalipto) e dal registro profondo e basso ma ben vibrante del tannino.

La Mannella. Denso di mirtillo, frutta cotta, legno, resina. Compatto, riservatissimo, quasi offeso da una prematura degustazione. Da riprovare.

Lambardi. All’olfatto impressiona per la ricchezza del bouquet e la precisione: molti fiori tra freschi e passi, buoni ricordi erbacei (felce, cardo) e inequivocabili amarena e lampone, vivacizzati da un cenno pepato. Al palato è esemplare per la succulenza e la freschezza del frutto all’impatto, il distendersi e al contempo lo slancio nella progressione, la ricchezza delle componenti gustative, la tensione continua e la nettezza dei tannini. Tra i migliori.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.