Vinitaly 2014I due giorni vinicoli trascorsi a Verona per Vinitaly, Vivit e Viniveri, sono stati il miglior insegnamento per me su cosa sia il vino e, soprattutto, su chi siano i vignaioli.
Sono stati due giorni di scene contrastanti, esseri di sesso femminile in tacco 15 con zeppa da 3 caracollanti per i padiglioni, ministri degli interni con la stessa faccia dei manifesti pubblicitari, personaggi di sesso maschile in doppiopetto grigio e cartellina sottobraccio, giovanotti e giovanotte tutti in tiro che bramavano un qualche shottino di qualunque Sangiovese o di Fiano d’Avellino che fosse a portata di mano.
Divertente, che altro?, divertente, non c’è che dire.
Verso il fondo dell’Area espositiva del Vinitaly, al numero 12,  si trova il ViVit 2014padiglione del ViVit, raccolto, senza fronzoli, finalmente con bicchiere e tracollina all’ingresso ed i produttori presenti ai propri banchi, visitatori competenti e vignaioli disponibili. Non sei un visitatore, sei un ospite gradito.
Tutto un altro mondo, naturalmente, che faceva sembrare gli altri undici padiglioni fuori posto nel mondo del vino.
Una visita a Vinitaly è quasi d’obbligo, non più di una volta ogni sei o sette anni, perché a forza di frequentare le fiere dei vini naturali si rischia di dimenticarsi del mondo del marketing enologico.
Non posso dire niente, sulla qualità dei vini presentati: non ne ho praticamente assaggiati, visto che la maggior parte delle persone presenti agli stand era molto più interessata a farli assaggiare agli operatori del settore, importatori, ristoratori, proprietari di enoteche.
Visto lo sforzo, fisico ed economico, non si può dar loro torto.
Nel pomeriggio di domenica si iniziano a vedere, lungo i viali tra i padiglioni, le scene un po’ penose dei ragazzi che si avvicinano e chiedono di assaggiare un rosso o un bianco, tout-court. Ma anche questo fa parte, come scopro, della fauna umana che circola tra i padiglioni eno-veronesi la domenica pomeriggio.
Il caldo della giornata ha favorito bianchi e spumanti.
Il Vivit invece è un’oasi di tranquillità, almeno per i visitatori, nel mezzo del caos markettaro, e qualche buon affare mi dicono che si faccia anche qui.
Qualche produttore che fino all’anno scorso era presente a ViniVeri a Cerea, quest’anno ha deciso per la più illuminata e frequentata fiera veronese. Chi ha potuto era presente ad entrambe, dimostrando che non esiste una vera e propria dicotomia di intenti tra i due gruppi di vignaioli.
Il gruppo dei georgiani era presente al Vivit, migrato in massa da Cerea, gli sloveni invece erano a ViniVeri. Quaranta chilometri di distanza, in fondo, mezz’ora di auto o un’oretta scarsa con l’autobus di linea.
VignaioliLa cena della domenica sera a Villa Boschi ha sottolineato la condivisione d’intenti e, soprattutto, la comune firma dei vini di ognuno. Pulizia dei profumi, equilibrio raggiunto o in divenire, artigianalità, ognuno con le proprie uve, senza forzature ma adeguando le vinificazioni al corso dell’annata.
Vini naturali, quindi, nel senso migliore del termine, quindi con un forte intervento del vignaiolo ma non della chimica, la conoscenza del proprio territorio è fondamentale per non avere poi problemi da dover correggere in qualche modo.
La serata è stata allietata dai regali canori dei produttori della Georgia, ai quali a quanto pare piace cantare in ogni occasione; un regalo importante che quei vignaioli hanno voluto donare ai partecipanti, un segno della loro terra, della loro identità.

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