Le analisi di mercato concordano nel confermare lo scarso feeling tra l’industria del vino e i Millennials, e ci si chiede perché. I consumi di vino della generazione che oggi è compresa fra 25 e 35 anni, sono più bassi rispetto a quelli dei loro genitori. Ne avevo parlato in questo post, qualche anno fa ormai.
Il mondo cambia
Le abitudini cambiano, le generazioni sono diverse, gli stili di vita sono differenti. Non ci trovo niente di strano. Robert McMillan, VP della Silicon Valley Bank, ha affermato al New York Times:
Nei rapporti precedenti, abbiamo notato che il calo dell’interesse per il vino tra i consumatori più giovani, insieme al pensionamento invadente e alla diminuzione del consumo di vino dei baby boomer, rappresenta una minaccia primaria per l’azienda. Quel problema deve ancora essere affrontato o risolto e le conseguenze negative sono sempre più evidenti
Ora quindi il problema è capire perché, e cosa deve fare l’industria vinicola. McMillan ha fatto quindi un esperimento, radunando un campione di 2000 persone di varie età, chiedendo che tipo di drink preferissero. La scelta era fra vino, birra, distillati, bevande aromatizzate al malto, sidro.
Poco feeling tra vino e i Millennials
Il vino è stata la scelta primaria nella fascia dai 65 anni in su; quasi uguali le preferenze tra vino e birra per quelli dai 35 ai 64 anni. Ma tra le persone tra 21 e 34 anni le scelte erano divise in modo quasi uguale fra tutte e cinque le opzioni. Il vino semplicemente non è la bevanda preferita dai giovani. E addirittura dopo la riapertura dei ristoranti i consumi di vino sono addirittura diminuite, in favore di altre bevande alcoliche.


Uno dei motivi è che le nuove generazioni sono più povere dei loro padri ed hanno più debiti; sono aumentati gli studenti universitari e quindi i giovani devono sobbarcarsi i debiti di studio, cparecchio elevati. Di contro i vini hanno un costo ben più elevato di birra o sidro, e quindi è verso questi drink che si rivolgono i giovani.
Insomma, a quanto pare è quasi esclusivamente una questione demografica. Infatti le vendite dei vini di alta fascia sono aumentate: come si spiega? Semplicemente perché la popolazione più anziana, con maggior capacità di spesa, preferisce questi vini ed ha i soldi per comprarli. Non dobbiamo dimenticare anche una scarsa capacità dell’industria vinicola nel raggiungere i più giovani.
Ma è davvero così?
Però non è proprio vero che i Millennials siano contrari al vino; come ha scritto Liz Paquette sul suo blog, i Millennials sembra che abbiano ucciso praticamente qualunque mercato. Su Pix Janise Williams prova ad affrontare il problema fornendo qualche dato; da qui sembra che non sia proprio vero che il vino e i Millennials non vadano d’accordo. Quindi, dove sta il problema?
Credo ci sia una incomprensione del mercato del vino di adeguarsi alle nuove generazioni. Il vino rimanda a vecchie abitudini, a tradizione, a storia. Gli interessi e le convinzioni dei giovani wine lovers sono poco o per niente presi in considerazione. Argomenti come la salvaguardia ambientale, il risparmio energetico, la convivenza fra etnie differenti (in particolare negli USA), sembrano non toccare la wine industry.
Invece il linguaggio dei nuovi beverage, come birra aromatizzata, selzer, sidro, è molto più vicino alle idee di Millennials e Generazione Z. Insomma, il problema sta tutto tra il vino e i Millennials, e non il contrario.
L’utilizzo di contenitori più moderni, leggeri, accattivanti, di birre e altri drink, è una delle soluzioni di marketing, così come la partecipazione a campagne sociali e ambientali. L’industria del vino sembra lontana da tutto questo. E ne è una prova un report di IWSR che conferma che vini naturali e vini in lattina hanno avuto un boom di vendite dal 2018 ad oggi.
Dunque non sembra che il vino e i Millennials non abbiano nulla da dirsi, ma solo che devono trovare un terreno comune.
No-vintage wine e marketing
Una cosa interessante è quanto ha fatto. la Tom Gamble Winery, azienda di Napa con bottiglie da 80€ in su. Hanno iniziato a produrre un vino senza annata, o meglio un vino composto da un blend di vini vendemmiati in annate differenti. Da 2018, 2019 e 2021, è stata creata la linea Mill Keeper; un panel di circa 200 giovani è stato intervistato, chiedendo cosa avesse preferito di questo vino. Ebbene, è risultato che il vino e i Millennials non condividono l’annata, non interessa l’anno di vendemmia. Preferiscono un prezzo accessibile ed un gusto più leggero e bevibile, poco alcool e poco tannino.
Come è ovvio, attirare i clienti è compito dell’industria del vino e i Millennials hanno espresso chiaramente il proprio gusto. Il marketing del vino dovrà iniziare a cambiare passo, togliendosi forse un po’ di polvere che non interessa ai nuovi drinkers, e spostandosi su argomenti e segnali differenti.