Marino Colleoni nella sua cantina

La cantina di Podere Sante Marie

Questo è il racconto della visita alla cantina di Marino Colleoni avvenuta questa estate.

Dopo la passeggiata per Montalcino, una fermata alla cantina comunale, e un buon pranzo in   trattoria, riprendiamo l’automobile parcheggiata sotto al paese e attraversiamo il paese, per andare dalla parte opposta della collina a visitare la cantina di Marino Colleoni al podere Sante Marie.
Arriviamo con quasi mezz’ora di anticipo sull’appuntamento, così decidiamo di attendere in auto.

Sportelli aperti per far passare l’aria, le nostre chiacchiere a bassa voce per non disturbare il silenzio pomeridiano della campagna assumono un carattere allegro e intimo, con molte pause tra una frase e l’altra.

Equilibrio dell’uomo e della natura

Un po’ dipende dal buon pranzo di un paio di ore prima, ma l’atmosfera di tranquillità che si respira in questo preciso momento ci contagia immediatamente.

Sembra di stare in equilibrio con il mondo che ci circonda, e questo, l’equilibrio, sarà il motivo dominante della nostra visita.

Dopo poco ecco arrivare Marino Colleoni, ci presentiamo ed inizia subito la visita nella vigna.
– Io cerco di proteggere la mia vigna, senza ucciderla con i trattamenti chimici e studiando cosa ci vuole per tenere lontani i parassiti della vite –
Camminiamo lungo i filari, il terreno tra uno e l’altro è ben ricoperto con foglie secche, corteccia e terriccio, il modo migliore per mantenere umido il terreno e nello stesso tempo impedire la crescita di erbe infestanti.
Marino ci indica il bosco, che termina al confine con la vigna:
-Il bosco fa da protezione naturale per molti parassiti, che lì trovano il loro ambiente ideale lasciando stare la mia vigna-
Raccoglie un sasso e lo guarda, poi lo posa dove era, stacca una foglia rovinata dall’oidio ed aggiunge:
– L’equilibrio è difficile da raggiungere, e va mantenuto. Io posso studiare il mio ambiente e tentare di arrivare ad un equilibrio che vada bene a me, ma è la vite che deve trovare il proprio. Ma un equilibrio in mezzo ad un sistema caotico è complicato, richiede molto lavoro. –
Equilibrio, se dovessi dare in una parola la sintesi all’incontro con Colleoni, questa è quella che userei.

In vigna a Podere Sante Marie

Stacca una foglia di melissa e me la porge, strofinandola tra le dita ne esce un profumo che raramente mi è capitato di sentire, un vero e proprio olio essenziale.
Mentre camminiamo mi fermo un attimo a guardare il panorama e penso alla frase che spesso si dice: ‘Sembra una cartolina’.

Menta e Melissa

Che frase sciocca, mi dico ad alta voce; questo è il paesaggio reale, con i suoi profumi e la sua temperatura, è la cartolina che semmai ricopia, in modo più o meno fedele, quella che è la realtà.

Ma siamo così abituati alle immagini che  a volte scambiamo il vero con la sua copia.
A metà della vigna Marino ci mostra un filare che pare un rovo di cespugli incolti.
-Questa è una vite americana, non innestata. Guardate la differenza tra le foglie di questa e delle altre del vigneto-
Indubbiamente le foglie della vite sono più verdi, più grasse, più solide, rispetto a quelle innestate. Marino ci spiega che questa vite ha una enorme resistenza alle malattie ed ai parassiti, e la tiene lì per cercare di avvicinarsi ad un equilibrio tra sanità delle viti e la presenza dei piccoli afidi della vite.

Ed ora, in cantina!

E’ il momento di andare in cantina ad assaggiare il suo Brunello, ma non prima di averci fatto odorare una foglia di menta piperita. Non credo che mi dimenticherò tanto facilmente di questi profumi, non solo per la loro forza, ma soprattutto perché provenienti dalle piante originali e non da qualche boccetta in profumeria o da un pacchetto di gomme da masticare.
La cantina è piccola, una piccola diraspapigiatrice e dei tini di fermentazione.
Ci parla di alcune prove che vuole fare, pigiando manualmente (o meglio, pedevolmente) l’uva. La sofficità della pigiatura con i piedi, aggiunge, è irraggiungibile fino ad ora da qualunque altra macchina. E soprattutto, quando sei stanco ti fermi, dando anche tempo all’uva di rposarsi e non aumentare la temperatura che altrimenti va controllata attentamente.
Ci avviciniamo ad una botte e spilliamo da soli il 2010, che naturalmente andrà in vendita tra quattro anni. Si sente la vinosità dell’uva, la sua freschezza, il profumo di rosa e al palato l’acidità ed la sapidità sono ancora padrone, racchiuse in un colore rosso chiaro estremamente limpido e luminoso. Tutta l’irruenza del sangiovese qui deve ancora essere domata,  un liquido vivo e giovane.

Stesse uve, vini diversi

Le botti sono pulitissime, naturalmente, doghe da oltre 6 cm di spessore ed un lentissimo passaggio di ossigeno per porosità.
-Questo è il lavoro della vite- ci dice Marino spostandoci verso le botti dove è tenuto il Brunello di Montalcino 2007, in vendita tra poco.
Profumi anche qui immediati ma più composti, goudron e cacao nella parte bassa del bicchiere, vegetali e quasi aromatici nella parte alta. L’acidità e la salinità stanno trovando il loro equilibrio con i tannini, una ricerca che ancora si sente nel bicchiere, il vino che sta trovando la propria strada.
-Questo è il lavoro della botte- commenta ora il vignaiolo, entrando nel magazzino per andare a prendere una bottiglia del suo 2004.
Apriamo la bottiglia e versiamo nel bicchiere il vino, un gesto che mi fa pensare a tutte le persone con cui, in questi anni, ho incrociato il calice.
Colore più profondo dei precedenti, e profumi dolci e nettamente vegetali, di bosco e foglie verdi bagnate, soprattutto la foglia della vite direi, poi ciliegia matura e fiori, ed infine quelli più scuri di cacao e caffé.

La bocca rimane completamente bagnata dal liquido, segno di acidità e salinità che stanno raggiungendo la maturità, i tannini quasi domati del tutto ed un finale lungo e profumato.
-E questo, infine, è il lavoro della bottiglia- conclude soddisfatto.
Lavoro ed equilibrio, Marino si considera solo un interprete di quello che la natura di suo fornisce, intervenendo il meno possibile e studiando il modo per proteggere il percorso naturale.
Facciamo un ultimo assaggio.

Ancora il 2010, lo stesso di prima, proveniente dallo stesso tino, ma lasciato in una barrique nuova, uno spessore che è la metà del legno della botte iniziale.
E’ un altro vino, completamente diverso, quasi pronto, con profumi meno freschi, più vanigliosi direi; in bocca non ha la complessità necessaria naturalmente, ne svanisce quasi subito il ricordo.
-Questo è il cattivo uso del legno, quello che invece spesso va di moda oggi. Velocità, ma la natura non è né veloce né lenta, ha i suoi tempi e noi dovremmo rispettarli. All’equilibrio ci si avvicina pian piano, non di corsa.-
E’ vino, non filosofia, ma inizio a pensare che Marino ha ragione: l’equilibrio si raggiunge a poco a poco, e solo con molto lavoro ed attenzione. Il suo Brunello, del resto, è lì a dimostrarlo.

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