sm_blgSebbene da qualche anno tutti dicano che i blog sono morti, il mondo del blogging è continuamente in fermento. 

La comunicazione avviene tramite i blog, parlo sia di vino che di qualunque altro argomento, dalle foto di gattini alla preparazione di un orto sul balcone.

E’ vero, i social sono diventati il fenomeno del momento, diciamo dalle elezioni di Obama in poi, ma spesso non fanno altro che rimandare ad articoli presenti su qualche blog.

Piattaforme come Twitter o Facebook o il perennemente in bilico Google+ hanno uno scopo differente, che è quello di sviluppare la discussione; a volte risulta un po’ complicato seguire i commenti su vari fronti, blog e social network, ma basta decidere quale si vuol seguire.

Si assiste a fenomeni di crossposting (i vecchi utenti di Usenet sanno di cosa parlo, e soprattutto di quanto fosse deprecata questa abitudine) dove su Twitter si ripete lo stesso commento (accorciato a 140 caratteri) postato su fB e, in forma magari più lunga, sulla pagina dei commenti del blog.

Il mondo del vino non fa eccezione, i cinguettii del vino si fanno particolarmente numerosi, discussioni su argomenti vari si susseguono su fB.

Chi scrive in un wine blog spesso è un esperto di questo mondo, ne fa parte come proprietario di enoteca o come distributore, come vignaiolo o in qualità di critico. Molti sono però anche i wine blogger che decidono di dare voce alla propria passione solo per divertimento, parlando dei vini assaggiati, delle fiere a cui si è partecipato, commentando gli eventi che ruotano, gossip, rumors o notizie degne di nota che siano, attorno a questo universo.

Il wine blogger non professionista, ma spesso molto professionale, ha una grande capacità di analisi del bicchiere che sta degustando, e non essendo legato ad alcuno stile editoriale imposto può spaziare tra i vari argomenti che il vino consente di visitare.

L’unico compenso che un wine blogger amatoriale può aspettarsi, è l’ingresso gratuito, o almeno scontato, alle fiere enologiche che ogni mese si trovano in giro per l’Italia: è un modo come un altro per decidere la meta della prossima vacanza fuori porta, per visitare belle cantine e, soprattutto, per parlare con altre persone.

Alcuni vini piaceranno più di altri, alcuni produttori saranno più simpatici di altri, si preferirà bere vini fatti con uno stile piuttosto che con un altro. 

Il wine blogger non legato ad una testata editoriale esterna può permettersi di essere tifoso, non deve necessariamente fare l’arbitro, né tantomeno il saggio.

Non può piacere tutto e qualcuno decide di dirlo mentre altri no. Sono scelte, ognuno fa le proprie ed in ogni caso tenere un blog può costare da 0 a 40€ l’anno; con una spesa di questo livello, nessuno ti sta con il fiato sul collo per avere centinaia di accessi al giorno, e se riesci a tirar su qualche lira con gli AdSense o con qualche altra piattaforma di pubblicità, tanto meglio.

E’ importante però riuscire a comunicare le proprie preferenze, anche se si rischia di essere monotematici; l’amante dei vini della Mosella difficilmente parlerà di vini bordolesi, così come il patito delle bollicine ne tenterà l’abbinamento con praticamente ogni tipo di cibo. 

Questo però denota la propria ‘firma’ editoriale, lo stile, il senso dell’aver creato il proprio blog (che non sta morendo, e comunque non ora). 

Il mondo del wine criticism non è la matematica, le opinioni spesso sono divergenti, e della stessa bottiglia non daremo tutti la stessa descrizione.

Meno male, direi.

Così cercare un modo diverso, meno tecnico e più comprensibile, per comunicare il vino, diventa uno sforzo quotidiano che deve essere qualcosa in più che non la fantasia nei descrittori olfattivi.

L’uso delle piattaforme social, usando aggregatori di micro-blogging o elenchi di argomenti, è in questo senso utile non solo per essere presenti, ma per capire come scrivono gli altri, di cosa parlano, come lo comunicano. 

 

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