Lo schema Ponzi sembra sempre il modo migliore per architettare una truffa, anche per una truffa nel mercato del vino. Che siano buoni del tesoro, bitcoin o bottiglie di vino, il metodo inventato da Charles Ponzi quasi un secolo fa è sempre il più usato dai truffatori. Guardate quel che ha fatto Bernie Maddoff nei primi anni 2000. Nel vino è immediato ricordare la vicenda di Rudy Kurniawan, ma in questo caso non si parla di vini contraffatti o bottiglie scambiate. Questo è un vero e proprio schema Ponzi, la vicenda si svolge tra il 2017 e il 2021.
È un metodo che funziona e inizialmente i primi clienti riescono addirittura a guadagnare qualcosa. Lo schema è semplice, si prendono soldi dei nuovi investitori e si usano per pagare i dividendi agli altri. Quando in tanti richiedono indietro il capitale, il sistema crolla e l’ideatore, in genere, scappa con la borsa.
Bordeaux Cellars e i fine wines
Negli anni ‘80 Stephen Burton era un ventenne di Tunbridge Wells nel Kent, Regno Unito, con una grande passione per il vino.
Nel 2009 creò Bordeaux Cellars, una società per il commercio di bottiglie pregiate che operava tra Londra e Singapore, dove erano le sedi dell’azienda. Insieme a Burton c’era il suo amico James Wellesley, anche lui originario di Tunbridge Wells. Scopo della società era agevolare i collezionisti nell’acquisto di vini di alto pregio aiutandoli ad ottenere prestiti per partecipare alle aste e alle vendite delle cantine private. Le banche erano abbastanza contrarie a prestare soldi per attività del genere, proprio per evitare di incappare in qualche truffa nel mercato del vino. Bordeaux Cellars faceva da intermediario tra i collezionisti che avevano bisogno di liquidità per acquistare vini pregiati, e gli investitori che fornivano i soldi, ricevendone naturalmente in cambio un interesse piuttosto elevato. Stiamo parlando del 12% in un periodo, fino al 2019, in cui i tassi di interesse erano attorno allo zero.
Investimenti facili
Quando un collezionista acquistava una partita di vini pregiati, le bottiglie rimanevano nei depositi di Bordeaux Cellars fino ad estinzione del prestito. In questo modo i finanziatori avevano in garanzia le bottiglie dei collezionisti, un bene che in caso di necessità o di insolvenza garantiva un veloce realizzo. Un articolo del 2014 sul Financial Times affermava che Stephen Burton stava espandendo la sua attività cercando nuovi impianti di stoccaggio a Ginevra per conservare i vini dei clienti europei. La notorietà delle etichette conservate nei depositi e le liste delle bottiglie delle cantine dei collezionisti di Bordeaux Cellars garantiva una veloce vendita in caso di insolvenza da parte del collezionista stesso. I finanziatori quindi potevano stare tranquilli.
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Burton faceva una grande attività di promozione del suo programma di investimenti e prestiti per i collezionisti di vino, presentando le opportunità di investimento attraverso seminari per gli investitori nel Regno Unito, in Germania, negli Stati Uniti, a Singapore, a Hong Kong e in televisione. Aveva anche un programma sulla CNBC a marzo del 2013. Bordeaux Cellars offriva prestiti a termine da 12 a 18 mesi al 15% di interesse, e agli investitori forniva un rendimento del 12%. Burton diceva di avere un numero significativo di investitori che fornivano fondi da Singapore, Hong Kong e Giappone perché quei paesi offrivano tassi di interesse piuttosto bassi e quindi vedevano nella sua compagnia una ottima occasione di investimento, affermando di aver concesso più di 200 prestiti per oltre $ 30 milioni e di non aver mai subito un default.

L’affare sembrava piuttosto interessante per gli investitori che quindi non ci pensavano troppo a consegnare i propri soldi a Bordeaux Cellars e quindi a Stephen Burton e James Wellesley direttamente. Tra gli investitori c’erano anche un fondo di investimento vinicolo con sede nel Delaware, una banca di Porto Rico e una corporazione agricola nelle isole Cayman. Per i primi due anni, gli investitori videro regolarmente i pagamenti degli interessi trimestrali.
Il sistema inizia a crollare
In realtà c’era qualcosa che non tornava: la differenza tra il 15% di tasso d’interesse sui prestiti e il 12% di interesse agli investitori significava che a Bordeaux Cellars rimaneva solo il 3%, con cui doveva gestire i magazzini, la promozione, i viaggi per convincere nuovi investitori e naturalmente pagare gli stipendi dei soci e dei collaboratori.
Nel 2019 all’Alta Corte di giustizia di Inghilterra e Galles arrivano alcune denunce, tra cui quella del fondo di investimento del Delaware. Tra le denunce arrivate c’era anche quella di un singolo investitore degli Stati Uniti che aveva consegnato 200.000 dollari come prestito per un investimento ricevendo in garanzia l’esistenza di un certo numero di vini pregiati contenuti in un deposito di Bordeaux Cellars, ma quando era andato a controllare, il vino in realtà non c’era. Stephen Burton, all’epoca CEO di Bordeaux Cellars, e James Wellesley, il suo CFO, finirono così sotto accusa. Alle prime denunce si aggiunsero ben presto quelle di altre 133 vittime, per una stima iniziale di quasi 7 milioni di dollari. Come fu mostrato da una società di consulenza finanziaria che controllò i conti della società dal 2014 al 2019, Bordeaux Cellars era sostanzialmente uno schema Ponzi.
Una truffa nel mercato del vino
Lo schema Ponzi iniziò a crollare nel 2018. Secondo uno dei testimoni, alla fine del 2018 Burton e Wellesley si erano presentati presso i loro magazzini, avevano pagato gli affitti e le tasse con una carta di credito, li avevano svuotati e si erano portati via tutte le bottiglie.

Come chiariva l’atto d’accusa, i soldi che Bordeaux Cellars aveva ricevuto dagli investitori non erano mai stati consegnati ai collezionisti e i vini rivendicati a garanzia dei prestiti per la maggior parte non esistevano e nei depositi c’era solo una piccola parte delle bottiglie descritte negli elenchi girati agli investitori. Il denaro raccolto dai nuovi investitori era andato a pagare gli interessi agli investitori precedenti, e naturalmente nelle tasche dei due soci. Secondo l’accusa, da giugno 2017 a febbraio 2019, Burton e Wellesley avevano indotto gli investitori a investire quasi 100 milioni di dollari in prestiti a termine fornendo garanzie false. La più grande truffa nel mercato del vino (fino ad ora).
Burton e Wellesley
Il 28 febbraio del 2022 anche il dipartimento di giustizia degli Stati Uniti ha incriminato Burton e Wellesley, scoprendo che quest’ultimo in realtà si chiamava Andrew James Fuller. Vennero accusati di frode telematica, cospirazione finalizzata alla frode e riciclaggio di denaro tramite le loro due società Bordeaux Cellars Singapore e Bordeaux Cellars London. Nel frattempo era iniziata una class action nel Regno Unito a cui partecipavano le 133 persone che avevano presentato la prima denuncia. In totale 54 milioni di sterline, ossia altri 75 milioni di dollari.
Il 14 febbraio del 2019 la polizia inglese fece irruzione in un albergo del Kent a seguito di una soffiata e arrestò Stephen Burton. Nella sua camera trovarono due passaporti falsi e un milione di sterline tra contanti, lingotti d’oro, valuta del sudafrica e orologi da collezione. Fu accusato di riciclaggio di denaro e possesso di documenti falsi e condannato a 4 anni di prigione per i suoi crimini il 6 settembre del 2019. Le indagini misero alla luce che Burton si presentava agli investitori e ai collezionisti con nomi falsi, come Andrew Pittman, Robert Allison e Derek Campbell. Nell’estate del 2020, mentre anche l’FBI stava investigando sulla frode, gli inglesi rilasciarono Stephen Burton, probabilmente a causa del Covid, senza però darne notizia all’FBI. Appena libero lasciò il paese e da allora non è stato più visto, diventando un ricercato dall’FBI.