Note di degustazione

Pithon-Paillé Anjou Mozaïk 2009

Esiste in Francia una grande tradizione di négociant, viticoltori che comprano le uve da vignaioli che non avrebbero la possibilità, per la poca quantità o la mancanza di attrezzature, di produrre il proprio vino.

Tra questi, ho assaggiato ultimamente il Pithon-Paillé Anjou blanc Muzaik 2009, Chenin blanc assemblato dai vitigni della AOC Anjou da Joseph Paillé ed Isabelle Pithon.

I vitigni sono scelti principalmente tra quelli coltivati secondo regole biologiche, ma l’assemblaggio e la produzione avviene completamente nella cantina di Joseph.

La Loira ha visto, tra le colline che attorniano il suo letto, molta della storia europea medievale. La posizione della valle era strategica per il commercio e per la difesa contro gli invasori fin dal X secolo,  e per questo nacquero numerose le fortificazioni che poi diventarono veri e propri castelli, come quelli splendidi del XV e XVI secolo.

Tra queste colline risuonavano, in pieno Medioevo, le spade degli eserciti dei Capetingi e dei Plantageneti che si scontravano per il predominio del regno, mentre fu ad Orléans che nel 1429 i francesi combatterono la loro prima vittoriosa battaglia della guerra dei Cent’Anni contro gli Inglesi che all’epoca dominavano il territorio. E’ tra queste colline che Giovanna d’Arco guidò i francesi contro le truppe di Giovanni di Lancaster.

Era a Tours la capitale della Francia, fino al 1600, ad Amboise visse e morì Leonardo da Vinci.

I vitigni che si stendono su queste colline ci regalano non solo splendidi vini bianchi a base di Chenin blanc e Sauvignon blanc, ma grazie all’azione della muffa nobile abbiamo anche ottimi vini dolci, in particolare nell’area di Quarts de Chaume.

Il Mozaik 2009 di questo articolo proviene dalla regione dell’Anjou, dove la produzione maggiore, anche se non la più nota, è di vini rosè.

Le uve, come ricordavo all’inizio dell’articolo, provengono da vitigni di altri produttori di Coteaux-de-la-Loire, Coeur de Layon e Saumorois.

Sono utilizzati solo lieviti indigeni, nessuna chaptalization, uso di botti di due e cinque anni; in novemila delle 19mila bottiglie prodotte viene usato un tappo a capsula, mentre per le altre viene usato un normale tappo di sughero, come la bottiglia che ho aperto qualche sera fa qui a casa.

Colore leggermente dorato, al naso sprigiona un evidente aroma di mela e pera, con un ricordo finale di buccia di mela verde e qualche nota minerale.

Dissetante, grazie alla buona acidità, si ritrova anche al palato una leggera sapidità minerale, con un finale amarognolo.

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