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I purosangue di Sangiovese

Sangiovese

SangioveseLe due giornate di Sangiovese Purosangue a Roma sono state la conferma, se pur ve ne fosse bisogno, che Davide Bonucci ha un buon naso nella scelta delle aziende da portare.

Il sabato e la domenica sono state impreziosite dai seminari e dalle degustazioni guidate di alto livello.

Erano presenti alcuni nomi ben noti di Montalcino, del Chianti classico, di Montepulciano; esponevano i propri vini anche aziende meno conosciute ma tutte con ottime bevute.

Tra le denominazioni più note, di Montalcino direi Le Potazzine su tutti, con un Igt da gran premio, profumato, gustoso, che riesce ad associare la bevibilità immediata alla discreta complessità raramente rintracciabile in un prodotto Igt. Classico segno che quando la mano c’è, c’è.

Le PotazzineIl Rosso di Montalcino in gran spolvero, un vino che tra un paio di anni si potrebbe tranquillamente confondere con il Brunello, ed un Brunello leggero e fresco, per niente presupponente, che non ti fa venir la voglia di rintracciare i componenti olfattivi, quanto invece di berlo con generosi sorsi, nell’attesa che dia sviluppo a tutte le potenzialità che dimostra.

Ciò che è stato interessante a mio avviso nell’evento di Sangiovese Purosangue è stata la presenza dei produttori della Romagna, con i loro sangiovese in purezza fatti molto bene ma che, purtroppo, soffrono di una nomea non proprio da gran vino, frutto di scelte di marketing a dir poco discutibili.

Al di là degli Appennini, infatti, chi la fa da padrone su questo vitigno, per Romagnabottiglie prodotte, sono sicuramente le grandi cooperative che hanno come compito quello di guardare alla quantità più che alla bontà ed alla tradizionalità del vino che producono.

Certo, alcune pubblicità televisive non aiutano, nonostante si vedano nonni coi nipoti o mascelloni pelati che stappano una bottiglia. Tant’è, la propaganda deve, necessariamente, far leva su stereotipi ben chiari, o crearne di altrettanto identificabili.

Questo però non va a favore delle molte aziende che lavorano bene e fanno con onestà i loro vini.

In generale, i vini di Romagna mi sono piaciuti più nella versione Superiore 2011 e 2012 rispetto alle Riserve. Più bevibili, concreti, immediati e comunque di una discreta complessità i primi, scontrosi, chiusi con poche previsioni di apertura i secondi.

Il sangiovese di Romagna sconta sicuramente una minore esperienza rispetto alla Toscana, ma non certo poca cura. I vini, anche i Riserva, sono in ogni caso puliti e sinceri, rispettosi di quello che è un territorio con molte caratteristiche; da una vallata all’altra si sentono le differenze di clima e di terreno.

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