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Ma forse non esisti tu

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Le corazzate giornalistiche sparano contro il vino naturale e contro la comunicazione che non avviene tramite i loro canali. L’importante non è colpire il bersaglio, ma fare rumore così che chi guarda da lontano si convinca che stanno vincendo la contesa.

All’inizio dell’anno il Gambero Rosso, per la penna di Eleonora Guerini, esce con un articolo a dire peste e corna del vino naturale utilizzando argomenti ormai ripetitivi e stantii, oltre che di scarsa consistenza; per migliorare la loro ormai scarsa simpatia, al Gambero Rosso si sono rifiutati di pubblicare la lettera aperta che le varie associazioni che si riconoscono in questo metodo di produzione hanno inviato loro.

Diritto dell’editore ma pessima figura mediatica, almeno in Rete. Ma già, anche loro probabilmente ‘non frequentano’.

Nell’articolo pubblicato su Primobicchiere da Andrea (@primobicchiere), c’è anche una replica della stessa Eleonora Guerini che spiega fondamentalmente che, appunto, non frequenta.

L’8 marzo esce il numero 54 di Bibenda7, rivista AIS Roma, con un editoriale intitolato ‘Ma che ce frega del vino biologico‘, dove con piglio come sempre presupponente il patron della sommellierie mondiale (è presidente dell’associazione mondiale dei sommelier) se la prendeva sia con i produttori di vino biologico che con i comunicatori del vino. Tra le righe, ma bello grosso, si leggeva che solo in AIS sono deputati a parlare di vino, gli altri stiano zitti ed imparino. Giusto che difenda a spada tratta l’operato dell’AIS, naturalmente, ma i toni fanno la persona.

L’articolo era infarcito da vere perle, come quando si legge che secondo alcuni produttori esisterebbe un nesso tra eliminazione dell’uso dei solfiti nel vino ed assenza di concimi chimici o diserbanti. Mai sentito un vignaiolo dire una cosa del genere.  Su Intravino risponde perfettamente Antonio Tomacelli.

Nel numero 55 di Bibenda7 del 15 marzo,  il presidente dell’AIS romana continua il discorso affermando in un pensierino che il vino biologico non esiste, perché tanto i solfiti nel vino ci stanno in modo naturale (ma allora si può usare ‘sta parola oppure no?) e che quindi se ne può aggiungere quanto se ne vuole, e chi non li aggiunge non potrà mai fare vini buoni e longevi.

L’argomento è piuttosto risibile: è come dire che, visto che tanto nell’acqua del mare sono presenti naturalmente tracce di idrocarburi, anche se ci rovesciamo dentro un paio di petroliere non cambia niente. 

Un bell’articolo di risposta è quello di Andrea Petrini su Percorsi di Vino (@percorsi_divino)

La legislazione del vino biologico è, a mio parere, una bella porcata messa su per non scontentare nessuno in Europa, e consentire a tutti di fare un vino con la scritta Vino Biologico; però esiste e consente di etichettare alcuni vini con quella scritta lì. 

E, tra l’altro, nella legislazione corrente per definirsi biologico un vino non necessariamente deve avere zero di solforosa, anzi, i limiti ammessi sono piuttosto elevati.  Questa poteva essere una critica basata su cose concrete, non la frase di Ricci.

Insomma sembra quasi che FMR stia parlando di cose che non conosce.

L’articolo su Bibenda7 è però non solo una legittima, per quanto completamente fuori fase, presa di posizione dell’editore, ma soprattutto la dimostrazione di come i grossi calibri, Gambero Rosso ed AIS, si stiano sempre più adoperando non per criticare o per aprire un dibattito (ma non sia mai!),  ma piuttosto per portare un attacco al movimento dei Vini Naturali, vini cioè fatti senza alcun uso di chimica aggiunta, ma solo di controllo ‘naturale’ (temperatura, follature, tempi di macerazione….) dei ‘naturali’ processi chimici che avvengono durante e dopo la fermentazione.

Qualcuno aggiunge solforosa, altri no, praticamente nessuno usa lieviti acquistati sul catalogo, spesso non viene fatta filtrazione. I metodi sono molteplici, ed i produttori si confrontano; anche animatamente, in funzione del proprio carattere, ma se proprio vogliamo chi sta alzando la voce sono proprio le associazioni che prediligono i vini industriali.

Però adesso è cambiato l’obiettivo, da parte dei detrattori dei vini naturali. Mentre prima veniva attaccato il termine ‘Naturale’, con faziosi e francamente noiosi argomenti, ora si tenta, cercando di dare un tono scientifico alle parole, di fare un distinguo tra solforosa si e solforosa no. 

Molti dei vini di Maule o di Buscemi, per citarne solo due, non hanno solforosa aggiunta, e nessuno venga a dire che sono vini di poco spessore o poco votati all’affinamento. Ed i sistemi di lavorazione dei produttori di vino naturale sono ben al di sotto dei limiti della legislazione sul vino biologico. 

Che sia importante avere una certificazione UE per i Vini Naturali è argomento di dibattito in ogni evento dedicato a questi vini, ed anche per quel che riguarda i vini biodinamici sarebbe meglio avere una certificazione univoca piuttosto che quella di Demeter. Ma un conto è mettere il discorso sotto questa luce, ed un conto fare critiche che, essendo completamente sbagliate, sono semplici sciocchezze, sono fuorvianti, sono disinformazione pura.

Nei giornali ed in TV vanno le parole di GR ed AIS, non certo quelle dei molti produttori naturali (o artigianali) o dei tanti wine-blogger internazionalmente riconosciuti. 

La fortuna è che, pian piano, il mezzo comunicativo si sposta sempre di più da un mezzo One-Way, come riviste o televisione, e sempre più verso mezzi social, dai vecchi blog alle nuove piattaforme.

Così alla fine, forse a non esistere sono proprio loro.

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